Texas, altra strage. In una chiesa. Quando ci si interrogherà sul modello malato che vige negli USA?

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Texas, altra strage. In una chiesa. Quando ci si interrogherà sul modello malato che vige negli USA?


di Francesco Erspamer*


Altra strage in America, questa volta in una chiesa battista in Texas. Ancora non si sa perché e per qualche giorno i media faranno finta di domandarselo.

In realtà non gliene importa niente a nessuno, delle ragioni e delle stragi, tanto meno ai giornalisti, se non quando si tratta di uno scoop (ma ormai servono almeno cinquanta morti, preferibilmente bambini). Il paese si sta assuefando alla violenza.

Ma non illudetevi che sia una patologia americana: è una caratteristica umana, basta leggere un libro di storia; altrimenti ogni guerra sarebbe sfociata in gigantesche rivolte. Invece dopo un po' qualche migliaio di vittime al mese, anche decine di migliaia, diventano tollerabili, figuriamoci poche centinaia.

Per cui non aspettatevi che sia l'orrore a scuotere la gente: più orrore c'è più la gente fa finta di non vedere, e si consola pensando che almeno non è toccato a lei. L'unico modo per uscirne à la coscienza, e l'unico modo per prendere coscienza è la lotta politica. In America servirebbe un partito che parlasse al popolo, che mostrasse come tutti questi massacri, tutti, siano conseguenza di un sistema che ha distrutto la solidarietà e i valori sociali per permettere ai furbi, ai fortunati e ai vincenti di diventare oscenamente ricchi; un sistema che impedisce ai meno avventurosi di trovare sicurezza in una comunità e in abitudini consolidate, costringendoli a spostarsi, a rinnovarsi, a rottamare le loro tradizioni in nome dell'esasperata competizione per la novità, non importa se inutile come l'iPhone X. Ma non c'è nessun partito che, negli Stati Uniti, si proponga di smantellare il liberismo o di controllare il consumismo. Non ci sarebbe neppure se di stragi così ce ne fosse una all'ora. L'Europa è ancora in tempo; ma solo se metterà fine, a qualunque costo e in fretta, al processo di demenziale americanizzazione a cui si è rassegnata.


*Professore all'Harvard University. Post facebook di domenica 5 novembre 2017

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