Trump piccona la politica estera di Obama: potrebbe chiedere indietro i soldi prestati all’Ucraina
di Eugenio Cipolla
Lo spettro che aleggiava nei giorni immediatamente successivi alle elezioni presidenziali americane nei corridoi della Bankova, il palazzo presidenziale ucraino, adesso ha un volto e nome. Quello di Donald J. Trump. Il neo-eletto presidente degli Stati Uniti non ha solo iniziato l’opera di smantellamento delle principali realizzazioni della precedente amministrazione in campo sanitario, ma sta iniziando a picconare passo dopo passo anche la fallimentare politica estera di Barack Obama. E le dichiarazioni sulle sanzioni alla Russia, che potrebbero essere presto alleggerite, se non addirittura revocate, sono solo un assaggio di ciò che succederà nei prossimi mesi. A partire proprio dal motivo principale che ha portato al deterioramento delle relazione tra Washington e Mosca: l’Ucraina.
Trump, infatti, stando a quanto riporta un articolo pubblicato su Real Clear Defense, una rivista statunitense che si occupa di approfondire i temi della difesa e della sicurezza, starebbe per organizzare un audit delle autorità ucraine con il fine di controllare come Kiev ha impiegato i fondi ricevuti dagli Stati Uniti sotto la presidenza Obama. Nel suo pezzo, intitolato Ukraine’s problem is Ukraine, James D. Durso, ex ufficiale della US Navy con esperienza di guerra in Iraq e Afghanistan, analizza i problemi principali dell’Ucraina, dividendoli in quattro categorie: 1) problema di organizzazione del potere, causato dal gran numero di funzionari che si occupano di strategia militare e approvvigionamento; 2) mancanza di una visione comune per ciò che concerne le spese e i budget militari; 3) funzionari non allineati al governo 4) corruzione sconcertante.
Durso sostiene che in Ucraina non esiste una struttura e una distribuzione dei poteri chiara e ciò ha ridotto i funzionari in competizione tra loro. Cosa che rende difficile la gestione della spesa per la difesa e la sicurezza del paese, circa il 5,2% del Pil. A tal proposito, l’ex militare osserva che i leader politici ucraini sono occupati a lucrare sul bilancio militare mentre il loro paese è fiamme, e non deve stupire se il resto dell’Ucraina sarà presto assorbita dalla Russia. «Molti contratti per la forniture militare sono stati siglati con fabbriche possedute indirettamente dal presidente Poroshenko», si legge.
Ma non è solo la corruzione il problema, anche l’inefficienza e la mancanza di impegno dei più alti funzionari statali. «Nel 2015 – scrive Durso – quando gli ucraini si lamentavano per l’alto costo dei pneumatici di ricambio e delle riparazioni per i veicoli militari blindati, il governo americano si era detto disponibile a spedire 150 Humvees e attrezzature per 300 mila dollari. Tuttavia il governo ucraino si è rifiutato di spendere 600 mila dollari per pagare il costo del trasporto».
Per scongiurare il pericolo di una richiesta di restituzione, scrive Durso, il governo ucraino ha assunto dei lobbisti a Washington per risolvere tutte le possibili controversie con la nuova amministrazione Trump. «La sua elezione deve condizionare gli aiuti in materia di riforme e trasparenza, come suggerito da Rex Tillerson durante la sua audizione in Senato. I patrioti ucraini onesti dovrebbero essere favorevoli a questa politica, costringendo i cleptocrati a fare le riforme». Adesso, chiosa Durso, il futuro dell’Ucraina è nelle mani dell’Ucraina. «I leader del paese adesso devono dimostrare di fare sul serio nel soddisfare gli standard occidentali di governance: devono dimostrare come verranno utilizzati gli aiuti che arrivano. […] Nel caso in cui non lo facciano, Trump e i suoi consiglieri tratteranno l’Ucraina come un cattivo investimento e andranno via. Potrebbero insistere per investigare su ciò che è accaduto agli aiuti americani e insistere affinché vengano restituiti agli Stati Uniti». I guai per Poroshenko sono appena all’inizio.