Venezuela, una sconfitta che evidenzia mancanza di credibilità per l'opposizione
L'analisi del decano dei giornalisti venezuelani Jose Vicente Rangel
In merito alle recenti elezioni regionali in Venezuela, dove il chavismo ha ottenuto una netta vittoria sulle forze di opposizione, abbiamo ascoltato le solite analisi propalate dai fake media italici ogni qualvolta il risultato non risulta essere in linea con la visione distorta del paese imposta all’opinione pubblica. Dunque, viene proposta una narrazione mistificatoria dove il risultato delle elezioni sarebbe frutto di brogli. Una versione a cui sembra non credere l’opposizione venezuelana stessa, visto che la maggioranza dei suoi dirigenti ha accettato il verdetto delle urne.
In realtà, come spiega Jose Vicente Rangel, decano dei giornalisti venezuelani, la sconfitta delle forze di opposizione risiederebbe nella sua dipendenza dagli alleati stranieri, si veda Stati Uniti d’America, e nella carenza di un chiaro messaggio alla popolazione fondato su una seria proposta di governo alternativa alle politiche attuali.
Questo è quanto spiegato dall’esperto giornalista venezuelano nell’ambito del programma ‘Jose Vicente Hoy’, trasmesso sulle frequenze di Televen (emittente vicina alle opposizioni), che ha inoltre fatto notare come la campagna elettorale dell’opposizione sia stata poco chiara e carente di proposte e mobilitazioni pubbliche. Mentre il Partito Socialista Unito del Venezuela ha organizzato migliaia di manifestazioni e atti pubblici in tutto il paese.
«I candidati dell’opposizione praticamente non hanno fatto campagna elettorale, così come i dirigenti non hanno organizzato mobilitazioni. Notevole è stata la differenza - spiega Rangel - con gli innumerevoli eventi pubblici ai quali hanno preso parte i candidati del PSUV ed i dirigenti nazionali del partito e del Gran polo Patriottico».
In ultima analisi, Rangel ha osservato che l’abitudine della destra a non riconoscere i risultati delle elezioni quando viene sconfitta causa confusione e conflitti all’interno del proprio elettorato. Così come un’incoerente strategia che oscilla perennemente tra gli appelli al voto per un cambiamento politico e l’incitazione alla violenza antidemocratica e golpista.