Un tracollo di Mosca potrebbe diffondersi in tutto il mondo. Guardian

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Nonostante le dimensioni relativamente modeste dell'economia russa, una crisi economica potrebbe ancora provocare problemi in tutto il mondo e nessuno può immaginare quale potrebbe essere la risposta del Presidente russo Vladimir Putin se, nel suo paese, dovesse scoppiare una vera crisi economica, scrive sul Guardian, Larry Elliot. 
 
La Russia conta qualcosa. Contava nel 1998, quando l'onda d'urto provocata dal default del suo debito arrivò ad avere effetti in tutto il mondo e conterebbe ancora adesso, qualora il precipitare del prezzo del petrolio dovesse provocare un suo tracollo economico. Così stanno le cose, in sostanza, nonostante il fatto che la Russia sia solo una massa enorme di terre, con una economia relativamente piccola (rappresenta solo il 3% del PIL mondiale) e che la sua industria principale, quella dell'energia, sia responsabile del 70% delle sue esportazioni.
 
In una certa misura, la struttura dell'economia Russa dovrebbe far pesare poco il rischio di contagio, infatti non disponendo di un settore manifatturiero moderno, la Russia non è di vitale importanza per le catene di approvvigionamento globali e, in teoria, qualsiasi altro produttore di energia potrebbe sopperire all'interruzione di forniture di petrolio e di gas, in caso di una  profonda e pericolosa recessione di questo paese.
 
Ma ci sono almeno cinque motivi per cui una crisi della Russia potrebbe diffondersi altrove. Gli ultimi problemi alla Russia sono stati causati dal forte calo del prezzo del greggio, ma la Russia non è il solo paese ad averne pagato le conseguenze, anche Venezuela e Iran hanno difficoltà a far fronte al prezzo del petrolio sceso fino a 70 dollari al barile. Se la Russia dovesse crollare, ci sarebbe certmente da pensare subito : chi sarà il prossimo?
 
In secondo luogo, la Russia ha ancora stretti legami economici con l'Europa orientale, quindi un suo crollo avrebbe gravi conseguenze per paesi come la Polonia e soprattutto come una Ucraina già semi-implosa. Anche l'Europa Occidentale ne risentirebbe se, per un qualsiasi motivo, le forniture di gas attraverso il gasdotto russo dovessero essere interrotte.
 
In terzo luogo, ne sarebbe colpita anche la fiducia. La debole performance economica della Germania, a partire dalla scorsa primavera, può essere, in parte, attribuita ad un umore economico incupitosi, ma anche il rallentamento avvenuto nel resto dell'eurozona ha avuto un impatto notevole sull'attività tedesca, poi la tensione tra Mosca e Kiev non ha certo aiutato. La Russia bastrebbe da sola a spingere la Germania in recessione, e questa a sua volta basterebbe per garantire che la Banca Centrale Europea dovrà partire con un programma di quantitative easing.
 
In quarto luogo, nessuno è del tutto sicuro su come Vladimir Putin potrebbe rispondere a circostanze economiche più difficili di quelle del 1998. Gli effetti sulla fiducia provocati da una crisi economica sarebbero aggravati dalla consapevolezza che la Russia è controllata da un Presidente che sa far sentire che il suo paese è ancora un importante bersaglio geo-politico per la sua influenza militare.
 
Infine, l'ipotesi è che l'esposizione del mercato finanziario verso la Russia sia relativamente limitata, dato che le banche estere, quando furono imposte le sanzioni a marzo scorso, avevano dato solo 209 miliardi di dollari di prestiti alla Russia. In base a questo, agli investitori occidentali la vulnerabilità russa non sembra un problema eccessivo, oltre al tempo che hanno avuto per riprendersi il loro denaro. Ma questa era anche la stessa ipotesi del 1998, quando la Barclays dovette stanziare 250 milioni di sterline per coprire le sue perdite dalla Russia. Il giro di affari finanziario ormai è così complesso e intricato che è impossibile sapere con certezza che volume potrebbero raggiungere - alla fine dei conti - le perdite provocate da un eventuale nuovo tracollo della Russia.
 

Da comedonchisciotte.org. Traduzione a cura di Bosque Primario. 
  

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