Il tramonto di un sistema

Tre saggi per comprendere la crisi in corso. Manifesto per una nuova sinistra possibile

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Il tramonto di un sistema

Sulle colonne del New York Times, il premio Nobel dell'economia Paul Krugman ha recentemente proclamato il trionfo della visione keynesiana rispetto a quella monetarista (o degli “austerici”), per il fallimento di tutte le indicazioni da parte di quest'ultima nello spiegare la crisi in corso ed i strumenti per uscirne. Previsioni sbagliate e dati errati, ma attraverso cui i governi occidentali hanno imposto misure che hanno la responsabilità del dramma sociale dei milioni di disoccupati prodotti.
Per comprendere ciò che è accaduto dal collasso finanziario del 2007 all'austerità attuale ed, allo stesso tempo, capire in che modo l'enorme dissenso serpeggiante in occidente possa essere canalizzato a livello politico in futuro, tre libri possono offrire strumenti fondamentali.
 
Paul Krugman. Fuori da questa crisi adesso, Garzanti, 2013
 
Con un'analisi dettagliata e minuziosa, il premio Nobel dell'economia ripercorre le principali cause della crisi finanziaria dei subprime e rende omaggio ad un economista rimasto all'oscuro dal dominio accademico monetarista dopo la rivoluzione cosiddetta neoliberista di Margareth Thatcher e Ronald Reagan, l'ex professore della Washington University Hyman Minsky, colui che con decenni di anticipo aveva predetto tutto quello che sarebbe poi accaduto nel 2007.
Contrariamente all'approccio scelto dalle autorità governative, Krugman dimostra come il problema economico oggi in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti non è il debito pubblico, ma la diseguaglianza sociale e l'alta disoccupazione. In una situazione di depressione economica e trappola della liquidità, del resto, la teoria economica prescrive chiaramente politiche keynesiane dal lato della spesa e l'austerità imposta negli ultimi anni è responsabile del dramma sociale dei milioni di disoccupati permanenti.
 
Alberto Bagnai, Il tramonto dell'euro, Imprimatur editor, 2012. 
 
Insieme a Jacques Sapir in Francia, Alberto Bagnai è attualmente tra gli economisti europei più attivi a denunciare i meccanismi economici sviluppatesi nella zona euro e chiedere con forza la fine di un “esperimento insostenibile che sta distruggendo democrazia e benessere in Europa”. 
Come ricorda spesso l'Autore nella sua trattazione, non si tratta di idee rivoluzionarie o di complottismo, ma la semplice riproposizione della teoria economia ortodossa, troppo spesso dimenticata da un'informazione ed un dibattito accademico responsabile. Partendo dalla nota teoria dell'area valutaria ottimale di Mundell e quella del ciclo della crisi esterna di Frankel, per proseguire con gli scritti nelle principali riviste scientifiche del mondo di Dornbusch, Fedstein, Krugman, Alesina, Salvatore fino agli scritti recenti di Sapir e Bootle, Bagnai conia il termine di “romanzo di centro e periferia” per spiegare i meccanismi che hanno portato al collasso i paesi dell'Europa meridionale e che non lascia alternativa alla fine prossima dell'esperimento dell'euro. I vantaggi del centro imposti sulla periferia - mercato di sbocco, sfruttamento dei tassi di interessi maggiori ed impossibilità di svalutare – sono del resto estremamente noti ed alla base di tutte le crisi da Messico 1982 fino ad Argentina 2001.
In una parte molto interessante del saggio, Bagnai cita poi una serie di dichiarazioni rilasciate negli anni da parte dei responsabili politici della costruzione dell'euro, che lasciano il lettore totalmente spiazzato, ma da cui si possono trovare una serie di spiegazioni politiche a scelte totalmente incomprensibili a livello economico. Per citare solo la più significativa e la meno nota  tra le diverse che si possono trovare nel testo di Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa e Mario Monti, tra gli altri: "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”. Lo disse Jean Claude Juncker (ex presidente dell’Eurogruppo) il 21 dicembre 1999 su Der Spiegel per spìegare il modus operandi della Commissione Europea.
Dopo aver denunciato come “terrorista” l'informazione che giudica scenari weimariani come uscita dalla zona euro e aver riproposto l'analisi di Roger Bootle (vincitore del Wolfson Economic Prize nel 2012), Bagnai conclude con una proposta concreta in 4 punti che sottopone alla politica: Uscire dall’euro e riprendere il controllo della politica valutaria; ristabilire il principio che la Banca centrale è uno strumento del potere esecutivo, e non un potere indipendente all’interno dello Stato; riprendere il pieno controllo della politica fiscale, non più costretta ad agire in funzione pro ciclica; adottare, infine, una politica di scambi con l’estero basata sul principio che squilibri persistenti della bilancia dei pagamenti devono essere simmetricamente combattuti, secondo il principio dell’External Compact.
 
Loretta Napoleoni, Il contagio, Rizzoli 2011
 
Anche se di un paio di anni fa, il breve saggio dell'economista Loretta Napoleoni resta di estrema attualità per comprendere l'avanzata dei movimenti che oggi riescono a canalizzare il dissenso contro la globalizzazione, l'austerità e le politiche dell'Unione Europea. Legando quanto accaduto dall'altra parte del Mediterraneo con le rivoluzioni della cosiddetta primavera araba, Napoleoni riesce ad offrire un lucido esame delle ragioni dietro la critica sempre maggiore alla spirale recessiva imposta dalla troika in Europa meridionale, che sta tra l'altro portando alla dissoluzione dei partiti socialisti continentali.
Nel dibattito sulla crisi in corso in Europa, l'economista, oltre a sviluppare il caso noto dell'ottima performance economica dell'Islanda dopo il default, ricorda quello - troppo spesso dimenticato dal dibattito dominante - del fallimento parziale nel 2011 di Dubai, indolore grazie all'intervento di Abu Dhabi. Una lezione fondamentale per il futuro dell'Ue, conclude l'economista: se c'era la volontà politica di un salvataggio di Grecia, Irlanda, Portogallo e tutti i paesi che verranno da parte dei paesi del Nord la crisi sarebbe già finita.
 
Si tratta di libri di tre economisti, ma che rappresentano un manifesto politico che deve essere preso in considerazione per una parte politica che sta letteralmente collassando: i risultati attuali del Pasok in Grecia, del partito socialista di Seguro in Portogallo, di Hollande in Francia, Epifani-Letta in Italia, di Gusenbauer in Austria ed in generale in tutta Europa dimostra come la “sinistra” europea non sia in grado oggi di rispondere ad i problemi della modernità ed alla attuale crisi in particolare. L'errore di fondo compiuto negli anni'90 - aver accettato di giocare con le carte in tavola imposte dalla destra thatcheriana e reganiana – è esemplificato nella accettazione idolatrica dell'euro, nonostante la svalutazione interna prodotta ed il dimezzamento del potere d'acquisto da parte dei lavoratori.
La parabola del Pasok in Grecia, al governo recentemente con Papandreou e Venizelos ed oggi sotto il 5% nei sondaggi con Syriza primo partito, sarà, senza un'inversione di marcia immediata di programmi e modelli di riferimento, il destino inevitabile della maggior parte dei partiti socialisti europei.

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