AFGHANISTAN: VIA L'ISAF, TOCCA A PECHINO (E ALLA SCO)

AFGHANISTAN: VIA L'ISAF, TOCCA A PECHINO (E ALLA SCO)

Gli obiettivi strategici di Pechino possono essere riassunti in questi tre parti

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di Diego Angelo Bertozzi

Dopo 13 anni, con la fine della missione Isaf, termina formalmente l'occupazione militare dell'Afghanistan. Termina con una dichiarazione di Obama che è una chiara ammissione di fallimento: "L'Afghanistan è ancora un luogo pericoloso". Per Pechino si apre una fase di impegno crescente per la stabilizzazione di un Paese confinante ancora immerso nella guerra civile e bisognoso di infrastrutture. Perché in gioco c'è la stabilità stesse delle sue frontiere occidentali, di una provincia come lo Xinjiang nella quale è forte il rischio di derive terroristiche del fondamentalismo islamico separatista e che è indispensabile per la costruzione della Nuova Via della Seta. Gli obiettivi strategici di Pechino possono essere così riassunti:
1) accesso a materie prime e risorse (per via pacifica, senza bombardamenti e occupazioni)
2) creazione di interessi comuni attraverso la costruzione di infrastrutture come ferrovie, strade e reti di telecomunicazione
3) evitare che l'Afghanistan diventi una "palestra" per il terrorismo targato Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM)
Per il successo del terzo punto, quindi sul "fronte" sicurezza, è considerato fondamentale il coinvolgimento della Shanghai Cooperation Organisation nella quale sarò presto ammesso anche il Pakistan. 

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