La lotta di classe in corso in Francia e Belgio per spezzare le catene dell'euro

La lotta di classe in corso in Francia e Belgio per spezzare le catene dell'euro

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In Francia e in Belgio è in corso una grande mobilitazione contro l'austerità e le “riforme” del lavoro.
 
Da settimane, con una bassissima copertura mediatica in Italia, in Francia la popolazione è in perenne mobilitazione contro il Jobs act preteso da Hollande per rendere le famigerate “flessibilità” e “precarizzazione” come le nuove regole del mondo del lavoro. Martedì pomeriggio a Bruxelles, la popolazione è scesa in piazza per chiedere al governo di non procedere con la “riforma” del lavoro e porre fine all'austerità.
 

Le chiamano “riforme” del lavoro. In realtà come sappiamo bene dal Jobs Act voluto dalla Troika e adottato da Renzi in Italia, di riforma non c'è nulla, c'è solo distruzione, povertà e ulteriore disoccupazione.
 
In gioco, con le manifestazioni e le mobilitazioni in Francia e Belgio, c'è il futuro dell'austerità dell'Unione Europea, cioè dell'euro. Non c'è alternativa a una continua rinegoziazione dei diritti per la partecipazione nella zona euro. 
 
Euro e austerità sono due facce della stessa medaglia. 
 
L'umiliazione della Grecia, da sempre topo da laboratorio della Troika, con la resa di Syriza definitiva di domenica scorsa, quando il Parlamento ha deciso di dare il via libera al piano di non salvataggio della Troika, ci mostra che cosa aspetti ad ogni paese della zona euro che decida di restare nell'unione monetaria.
 
Il Grecia dalla Troika e del primo vero esperimento di Jobs Act o “riforma” del lavoro è il punto di riferimento per tutti i paesi della zona euro. Il numero dei disoccupati in Grecia è quadruplicato, passando da 364.000 nel terzo trimestre del 2008 a 1.340.000 nel primo trimestre del 2014. In totale il 34,8% dei disoccupati nel 2009 viveva in povertà, mentre il numero è salito a 65,5% in 2012.  Nel luglio 2015, la Confederazione generale dei lavoratori greci (GSEE)  ha pubblicato un rapporto sul rapido deterioramento degli indici chiave dell'economia. Il numero dei greci che vive in povertà è raddoppiato negli ultimi anni. Di conseguenza, quattro greci su dieci hanno un reddito disponibile al di sotto della soglia di povertà fissata nel 2009.
 
Nel 2009, la percentuale di lavoratori a tempo pieno che viveva in condizioni di povertà assoluta si attestava al 7,6%, mentre nel  2012, è salito al 19,7%. Per i lavoratori autonomi a tempo pieno, la stessa percentuale nel 2009 era stimata al 23,5%, mentre nel 2012 è salita al 37,4%.
 
Il numero era ancora più elevato per i lavoratori part-time, con la percentuale di persone che viveva in povertà assoluta pari al 30,1% nel 2009 e al 51,7% nel 2012. Inoltre, lo studio GSEE ha anche osservato che l'occupazione a tempo parziale stia costantemente guadagnando terreno. Il tasso è aumentato significativamente da circa il 6% del 2009 al 10% nel 2014, mentre la percentuale di persone che lavora a tempo parziale è salita intorno al 70%.  
 
Macelleria sociale che Syriza adotterà ancora per accedere al nuovo piano di non salvataggio della Troika che, come i precedenti, finiranno per il 95% nelle banche (dati recenti ESMT). Dei 215 miliardi complessivi dei tre piani di salvataggio approvati per la Grecia, non lo si ricorda mai abbastanza, meno del 5% è finito nelle casse dello Stato ellenico.
 
In gioco, dunque, con le manifestazioni in Francia e Belgio c'è il futuro della zona euro. In gioco c'è un modello non sostenibile per le popolazioni, ma solo per le grandi oligarchie finanziarie. Nella lotta della popolazione francese e belga per la preservazione dei loro diritti si devono stringere le popolazioni di tutto un continente che attendono con ansia il momento in cui potranno finalmente spezzare le catene dell'austerità, della perdita perenne dei diritti e della democrazia. 
 
Nell'Italia sotto commissariamento della Troika dalla lettera della BCE del 2011 resta ormai un solo, ultimo appuntamento che non può essere fallito: il referendum di ottobre. Un chiaro no sarebbe un segnale importante a Bruxelles. Un chiaro no impedirebbe il compimento della missione ultima di Renzi per conto della Troika: la distruzione della nostra Costituzione.

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