L’asse Mosca-Pechino pronto ad appoggiare i separatisti del Donbass all’Onu
"Reati di questo tipo, contro chiunque, debbano essere condannati dalla comunità internazionale", il rappresentate permanente della Cina presso l'Onu Liu Jieyi.
di Eugenio Cipolla
La proposta forte, che ha infastidito l’occidente, l’ha lanciata Alexander Zakharchenko mercoledì scorso. «Vogliamo l’istituzione di un tribunale internazionale che indaghi sui crimini di guerra commessi in Donbass dall’esercito ucraino», ha detto il capo dei separatisti di Donetsk durante una conferenza stampa, aggiungendo che in questi mesi sono state raccolte «diverse prove riguardo i crimini contro l’umanità commessi da Kiev e dagli squadroni della morte che ha mandato qui. D’altronde la loro operazione militare è una diretta violazione della Convenzione di Ginevra».
Il tema ovviamente non è così semplice e non può assolutamente ridursi alle semplificazioni e alle convenienze delle parti in causa. Nei mesi scorsi diverse organizzazioni non governative, due su tutte Amnesty International e Human Rights Watch, hanno denunciato diverse violazioni dei diritti umani sia da parte dei separatisti che da parte dell’esercito regolare e dei battaglioni di volontari pro-Kiev, sui quali l’esercito non riesce ad avere un pieno controllo. Rapimenti, vendette personali, stupri, omicidi e torture sono solo alcuni degli episodi registrati, che fanno capire come in guerra, e non solo in questa, non esistano eroi, ma solo macellai.
Ad ogni modo, quella che sembrava una mera boutade potrebbe al contrario rivelarsi terreno di scontro all’interno della comunità internazionale, perché creerebbe di fatto un asse Mosca-Pechino a sostegno della tesi separatista. «Noi abbiamo bisogno di vedere la proposta, è la prima volta che ne sento parlare. E’ senz’altro necessario guardare i dettagli per arrivare a una conclusione, ma penso e sono convinto che reati di questo tipo, contro chiunque, debbano essere condannati dalla comunità internazionale», ha detto alla Tass il rappresentate permanente della Cina presso le Nazioni Unite, Liu Jieyi.
A Mosca, pronta secondo diverse indiscrezioni ad appoggiare l’iniziativa, l’idea di mostrare al mondo la crudeltà di Poroshenko e Yatsenyuk non dispiace affatto. Ed è per questo che avrebbe avviato contatti per convincere la diplomazia cinese a fare fronte comune su un argomento tanto delicato quanto utile all’immagine della Russia. Le autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk non sono Stati membri e nemmeno Stati osservatori all’Onu e questo, in nome del diritto all’autodeterminazione e alla rappresentazione internazionale, potrebbe spingere Mosca ha fare un passo allo scoperto.
E inoltre sarebbe una risposta a chi invece spinge in senso contrario. Mercoledì scorso il governo Malese ha distribuito ai membri del Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione sulla creazione di un tribunale internazionale per processare i responsabili dell’abbattimento del Boeing MH17 nel luglio 2014. La discussione inizierà la prossima settimana, ma la Russia l’ha già bollata negativamente, promettendo battaglia. «E’ il tentativo di organizzare un grande show politico. Questo progetto di risoluzione è poco promettente», ha detto tagliando corto Vitaly Churkin, il rappresentante permanente della Russia. La guerra, stavolta diplomatica, è appena iniziata.