13 novembre 2015: l'Unione Europea ci consegna al terrorismo

13 novembre 2015: l'Unione Europea ci consegna al terrorismo

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di Paolo Becchi* e Cesare Sacchetti 
 
Una eco di spari nella notte e Parigi piomba di nuovo nell’incubo di dieci mesi fa. Gli attentati di Charlie Hebdo avevano messo di fronte la Francia alla minaccia del terrorismo islamico, quando quel giorno un commando armato fece irruzione nella sede della controversa rivista satirica “Charlie Hebdo”, per vendicare il profeta Maometto, deriso dalle rappresentazioni irridenti e dissacratorie che venivano pubblicate sulla rivista francese. Sulla natura di quegli attentati molto si è scritto e sono state proposte le più disparate analisi per tentare di ricostruire l’era del terrorismo islamico in Europa, che deve fare i conti con un fenomeno inedito dal punto di vista storico e culturale. La notte scorsa si è giunti forse al momento apicale dell’epoca del terrorismo islamico, che supera per certi versi le dinamiche e le logiche che partorirono la strategia della tensione nel secondo dopoguerra in Italia.
 
Quelle stragi che videro il loro inizio con gli attentati di Portella della Ginestra del 1947 e la loro conclusione con la strage di Bologna del 1980, avevano uno scopo preciso. L’Italia era il paese con il più forte partito comunista occidentale, rappresentava il ponte culturale e geopolitico dei rapporti tra Ovest ed Est e la sua posizione collocata nel blocco occidentale equilibrava i pesi specifici delle due superpotenze, USA ed URSS. Occorreva mantenere lo status quo e gli attentati di quegli anni impedivano che questo equilibrio venisse scalfito e turbato dalla crescente forza delle frange politiche e sociali che si opponevano alla permanenza dell’Italia nella NATO. 

Gli attentati di Parigi si collocano in un contesto storico diverso. Gli otto uomini e i loro complici in fuga, secondo la versione delle autorità, hanno agito di concerto nella notte e non sembravano agire mossi da uno scopo preciso, né tantomeno voler colpire un obiettivo determinato. Il bilancio complessivo è di 120 morti, 200 feriti, di cui 80 in gravissime condizioni; un eccidio senza precedenti nella storia del terrorismo islamico in Europa. Testimoni riportano che qualcuno degli attentatori gridava “questo è per la Siria”, e ad una prima ipotesi questa dichiarazione sembrerebbe collegata alla presunta morte di Jihadi John, l’uomo incappucciato dell’ISIS, identificato come il giustiziere degli ostaggi detenuti dallo stato islamico. 

Gli obiettivi scelti a caso tra la popolazione civile, sembrano non toccare le ragioni che potrebbero spingere il terrorismo islamico a colpire la Francia. Testimoni presenti al teatro Bataclan, raccontano che gli spari partivano indiscriminatamente verso la folla, con il solo scopo di fare quante più vittime possibili: colpire senza avere un obbiettivo preciso. Questi attentati sembrano spingere verso un cambiamento di qualche tipo che l’Europa tutta dovrebbe intraprendere per salvaguardare ciò che resta della sua civiltà. Dopo Charlie Hebdo, venne immediatamente auspicata dal premier Renzi e dal presidente Hollande una ulteriore cessione delle sovranità degli stati nazione, per raggiungere quel livello di unità politica europea, necessario per far fronte in modo compatto e coordinato alla nuova minaccia che incombe sull’Europa. Probabilmente si assisterà nelle prossime ore al coro di voci che invocano “più Europa”. Ci si riferisce forse a quell’Europa che subisce le conseguenze delle politiche di Washington nei paesi arabi?

Il dato oggettivo è che il vecchio continente tenta di resistere alle crescenti pressioni che provengono da Washington per la firma del TTIP, che renderebbe l’ Europa una mera espressione geografica subordinata agli interessi statunitensi e del suo braccio militare, la Nato. Su questo la Germania della Merkel è l’ostacolo più significativo per arrivare al completamento dell’ultimo passaggio. In qualche modo le cancellerie europee più forti, si sono rese conto forse che il processo di cessione di sovranità le spinge sempre più prepotentemente nella sfera degli interessi atlantici e iniziano a cercare delle vie di fuga. Il recente accordo firmato dalla Germania con la Gazprom per la costruzione del gasdotto Nord Stream può essere letto in questo senso, come il tentativo di aprire un varco ad Est e cercare una sponda con la Russia di Putin.

L’Europa potrebbe aprirsi a nuove alleanze, tali da mettere in discussione la solidità di quella atlantica, ed è questa una strategia che gli Stati Uniti tenteranno di ostacolare con forza. Ecco dunque che la nuova Europa che sorge dalle ceneri del terrorismo, si sveglia incapace e inadeguata a fronteggiare una minaccia di questa portata, dal momento che le sue prerogative di politica estera sono troppo legate a quelle americane, responsabili della destabilizzazione dell’intero teatro del Medio Oriente, che ha dato alla luce il nuovo terrorismo islamico.

In tutto questo, la Francia è ancora una volta il teatro prescelto per questa nuova guerra che colpisce tutta l’Europa. Non è un caso che la Francia sia il paese con la più alta popolazione di islamici, il paese che forse più di tutti manifesta un evidente malcontento verso le politiche dell’Unione Europea e che vede crescere in maniera preponderante il Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Non è da sottovalutare nemmeno la crescente crisi sociale ed economica che sta toccando la Francia, in qualche modo il vero malato d’Europa che inizia a patire in maniera evidente il peso dell’unione monetaria, la disoccupazione che resta a due cifre e l’insostenibilità dei parametri europei, difesi tempo addietro dal duo Merkel-Sarkozy che costituiva l’asse franco-tedesco, da sempre protagonista dell’Unione Europea. In questo contesto, il brodo di coltura del malcontento contro le politiche europee continua a crescere, e non sorprenderebbe assistere all’uso che verrà fatto di queste morti, che verranno  probabilmente strumentalizzate per deviare la protesta e l’attenzione su altri palcoscenici.
 
A destare stupore sono anche gli aspetti operativi degli attentati. L’arma scelta per gli attentati è il kalashnikov, un’arma da guerra e questo solleva a tutta prima una serie di domande e interrogativi sulla solidità degli apparati di sicurezza francesi. Com’è possibile che dopo le stragi di Charlie Hebdo, otto uomini entrino in possesso di armi di questo tipo e riescano a muoversi tranquillamente per gli arrondissement di Parigi? Dopo i massacri precedenti, sarebbe stato legittimo attendersi un giro di vite sui presunti sospetti, e un controllo di prevenzione più efficace che non è avvenuto evidentemente. Incredibilmente la polizia francese non si dichiara sorpresa da queste stragi, quasi che ci fosse un sentore concreto che tutto ciò sarebbe potuto accadere. L’Europa prometteva sicurezza e stabilità, e il migliore dei mondi possibile. Adesso sembra impossibile contare i frammenti del sogno europeo che ha distrutto i diritti costituzionali e la sicurezza dei cittadini europei. 
 
Il presidente siriano Assad ha dichiarato subito: "La Francia ieri ha conosciuto ciò che viviamo in Siria da 5 anni". Per seguire una politica estera di conquista, aggressiva, in violazione perenne del diritto internazionale e che ha distrutto Stati una volta sovrani da parte degli Stati Uniti, l’Unione europea ci ha esposto a quest’immane pericolo. E’ ora di comprenderlo.

*Paolo Becchi. Professore ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Genova

Cesare Sacchetti. Esperto di questioni europee e scrive per il Fatto Quotidiano

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