"L'Italia rischia il collasso nel 2014". A. Evans Pritchard

"L'Italia rischia il collasso nel 2014". A. Evans Pritchard

L'intervista esclusiva al Columnist economico del Telegraph

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Intervista ad Ambrose Evans Pritchard. Seconda Parte
Per consultare la prima: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=5960

Quello che sta accadendo oggi alla Francia è l'esatta riproposizione delle dinamiche economiche che il paese ha vissuto dal 1934 al 1936, quando con il Gold Standard il paese si trovava in una situazione di deflazione, disoccupazione di massa e non aveva gli strumenti per ripartire. I dati sono arrivati ad un livello insostenibile nella presidenza Laval nel 1935 ed ha determinato un cambiamento politico rivoluzionari nel 1936: la vittoria del Fronte Popolare. La Francia di oggi è in una situazione simile al 1935, con i dati economici che continuano a peggiorare di mese in mese, ed una svolta come quella del 1936 si avvicina. Basta vedere la tensione dei protestanti in Bretagna o i risultati crescenti del Fronte Nazionale per comprenderlo.  

- Sarà Le Pen ad imprimere questo cambiamento?

L'ascesa del Fronte Nazionale è incredibile, ma non penso che prenderà mai il potere. Quello che accadrà sarà però altrettanto rivoluzionario, in quanto costringerà gli alri partiti, soprattutto i gaullisti, a modificare la loro politica. Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall'euro - con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi, se questi non l'acceteranno la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania – e poi referendum sull'Ue sul modello inglese. Sono argomenti che incontrano la simpatia di un numero crescente di persone in modo trasversale e gli altri partiti non possono più ignorarli. Il Fronte Nazionale sta forzando gli altri partiti a cambiare la loro agenda e realizzare che non possono semplicemente avere la stessa opinione di Berlino e Bruxelles.

- In molti paesi stiamo assistendo alla fusione dei partiti conservatori e socialisti a difesa dell'austerità di Bruxelles e contro le intenzioni di voto degli elettori. Il voto dei Parlamenti nazionali sulle leggi di stabilità ormai non conta più ed i governi aspettano solo l'approvazione della Commissione. Infine, i paesi si stanno indebitando per finanziare organizzazioni inter-governative come il Mes, che prenderà decisioni fondamentali per la vita delle popolazioni nei prossimi anni e non ha all'interno meccamismi di trasparenza e di controllo democratico. Ma cosa sta diventando l'Unione Europea?
 
La difficoltà oggi è quella di comprendere il perché la creazione dei vari strumenti di coesione federale decisi dall'Ue abbiano creato un sistema così disfunzionale. Il problema fondamentale è la mancanza del controllo delle imposte e della spesa da parte di un Parlamento eletto democraticamente. Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts, che lo esercitavano da tempo. Sono esempi anglosassoni, ma ce ne sono tanti altri di come le fondamenta della democrazia risiedono nel controllo del budget e delle imposte da parte di organi eletti dal popolo. Quello che sta accadendo all'Ue è, al contrario, il tentativo di darne la gestione a strumenti e strutture sovranazionali, che non hanno alcun fondamento con nessun Parlamento. E' estremamente pericoloso e chiaramente anti-democratico. 
L'argomento che viene usato spesso in sua difesa è che si tratta di un primo passo antidemocratico si, ma che serve per completare la federazione sul modello statunitense. Il sistema americano sarebbe il modello logico da imitare, ma non è realizzabile: non c'è il consenso politico nei cittadini europei e per gli Usa vi erano sistemi, istituzioni e tradizioni completamente differenti. François Heisbourg  nel suo utlimo libro centra alla perfezione questo punto: non si può creare un'Unione politica con l'obiettivo di salvare l'euro. E' ridicolo. La federazione deve essere subordinata ad i grandi ideali che plasmano una società e non per salvare una moneta. I paesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare.
 
- Il referendum voluto da Cameron per la rinegoziazione della partecipazione del Regno Unito all'Ue trova il favore di un numero crescente di paesi, soprattutto nel nord Europa. Cosa si attende dal voto inglese? 
 
La prima reazione in Europa quando Cameron ha lanciato il referendum è stata quella di definire gli inglesi "stupidi suicidi". L'argomento era quello che Londra avrebbe perso mercato e si sarebbe rassegnata al declino economico. Si tratta di argomentazioni ridicole. Le persone che hanno ancora ben compreso come funziona l'Unione Europea, come quelle con cui mi sono confrontato alla Conferenza Ambrosetti a Como in settembre, sanno che l'uscita del Regno Unito sarebbe si un disastro, ma non per Londra, per l'Ue. Il progetto europeo si basa su tre gambe, una delle quali è la Gran Bretagna, l'Olanda ed i paesi scandinavi. E senza una di queste, l'Ue è finita, perché la chimica interna cambierebbe e sarebbe particolarmente difficile soprattutto per la Francia mantenere i sottili equilibri con la Germania. La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l'integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri. La Costituzione europea è stata rigettata da un referendum in Francia ed Olanda. I trattati recenti non sono stati posti al giudizio del popolo, tranne che in Irlanda, ma costringendola a votare fino all'accettazione. Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito. 
 
- Nel maggio del prossimo anno ci saranno le elezioni per il Parlamento europeo, un test fondamentale per i partiti e movimenti scettici verso Bruxelles. L'Ue non sarà più la stessa?
 
Da studioso dell'economia mi trovo in difficoltà a rispondere. Posso dire che oggi il pericolo maggiore per i paesi dell'Europa meridionale si chiama crisi deflattiva, che potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito/Pil. E' un potenziale disastro. In questo contesto, la politica si deve porre l'obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles e le elezioni europee del prossimo maggio saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell'attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l'Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento cinque Stelle in Italia, Syriza in Grecia ed in altri paesi – e sarà la possibilità per le persone di esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles. Un blocco politico importante potrà distruggere questo "mito artificiale" che si è costruito: l'Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli stati nazionali. I governi di Italia, Spagna, Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all'allargamento all'Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell'ultima battaglia.

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