Lex Monetae: tutto quello che devi sapere e i giornali tendono a non dirti...

Lex Monetae: tutto quello che devi sapere e i giornali tendono a non dirti...

Un ritorno alla lira peserebbe soprattutto su quelle banche che si sono indebitati (per vantaggi fiscali) con legislazioni estere

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di Franco Ferré

Nel benemerito convegno per il terzo compleanno di Goofynomics tenutosi qualche settimana fa a Pescara, uno dei pochi punti su cui si sono registrate delle imprecisioni è nel dibattito sul concetto di conversione dei bond emessi in euro e, più in generale, la ridenominazione in nuove lire dei debiti originariamente in euro. É strano, perché del tema si parla da anni, e mi aspettavo che, su questioni come questa, il dato fosse ormai acquisito, in particolare tra gente che vive occupandosi di economia, ma non era così: ad esempio Andreas Boltho ha insistito sul concetto che gli emittenti italiani si troverebbero a dover ripagare in euro dei debiti contratti in euro, e dovrebbero farlo comparandoli contro lire (svalutate).
 
Questo ha fatto pensare che ci sia bisogno di un ripassino, anche perché ci sono aspetti del problema che non sono banali e che costituiscono forse uno dei punti più critici del futuro, probabilmente inevitabile, ritorno alla lira. Tutto ruota intorno al concetto chiave di giurisdizione che regola il debito. La giurisdizione stabilisce che legge seguono i debiti al verificarsi di alcuni eventi, generalmente quelli non previsti dalle norme che li hanno costituiti, oppure per quelli prevedibili, ma poco frequenti, come ad esempio il CAMBIO DELLA MONETA CON CORSO LEGALE NEL PAESE DI GIURISDIZIONE.

Questo evento é già accaduto per i debiti italiani nel 2001 con il passaggio all'Euro, e accadrebbe di nuovo, se dovessimo tornare alla Lira, con la notevole differenza che allora il rapporto di conversione tra vecchia e nuova moneta era fisso e tale rimaneva, perché la vecchia moneta andava fuori corso, mentre stavolta la vecchia moneta (che sarebbe l'Euro) rimarrebbe valida in altri paesi. Ciò significa che, dopo il primo giorno, il rapporto di cambio con la Nuova Lira non sarebbe più 1 a 1, ma inferiore, in una misura che, a regime, ipotizziamo ai fini dei prossimi ragionamenti possa essere del 30% (è un valore alto, probabilmente esagerato: la differenza cumulata di inflazione tra noi e la Germania è inferiore, anche se questo fattore non sempre spiega l'andamento dei mercati dei cambi, ma questo è un discorso più ampio).
 
Torniamo alla giurisdizione. Se l'Italia uscisse dall'Euro ed adottasse le ipotetiche Nuove Lire (NL), ai debiti regolati dalla legge italiana si applicherebbero una serie di disposizioni del Codice Civile, note nel loro complesso come Lex Monetae; esse stabiliscono, in sostanza, che un debito nato in Euro potrà essere ripagato in Nuove Lire al cambio stabilito al momento della conversione della moneta a corso legale. Per un creditore italiano, ciò renderebbe indifferente quello che succederà dopo. Un debito in Euro sarà rimborsato in NL e dato che il creditore vive in Italia e compra beni in NL, per lui non cambia nulla. L'investitore straniero, invece, ci perde, perché, una volta ricevuto il pagamento, dovrà convertire le Nuove Lire nella sua valuta e, con la svalutazione ipotizzata al 30%, prenderebbe solo 0,7 Euro. Male, ma non gliel'ha mica ordinato il dottore di comprare titoli di un paese che stava per essere stritolato dall'Euro; e poi quel rischio era già stato ripagato dal tasso di interesse, più alto rispetto a quei paesi (un esempio a caso: la Germania) che nell'Euro ci stavano bene e per i quali l'evento "uscita" era meno probabile. It's the economy, stupid: se hai un rendimento è perchè stai correndo un rischio. Niente e nessuno deve garantirti che, a fronte di un rendimento (neanche piccolo), tu non debba mai e poi mai perderci nulla (vero Frau Merkel?).
 
La Lex Monetae, abbiamo detto, funziona solo per i debiti contratti con la legge italiana, mentre per i debiti contratti secondo il diritto estero no. Quindi, se l'Italia esce dall'Euro e poi svaluta, tanto più gli emittenti italiani hanno debiti regolati dal diritto domestico e tanto meno - da questo punto di vista - sarà un problema uscire. La domanda, a questo punto, diventa di tipo statistico: quanto debito abbiamo in giurisdizione italiana e quanto è regolato dalla legislazione di qualcun altro?
 
Il debito complessivo di un paese è la somma di tutti i debiti contratti dai vari soggetti residenti (stato, banche, altri soggetti non bancari), classificati a seconda della modalità con la quale essi sono strutturati, che spesso coincide con l'orizzonte della durata del debito stesso. Avremo quindi debiti a breve e debiti a medio lungo termine. I debiti a breve sono contratti molto spesso regolati da strumenti molto semplici come lo scoperto di conto corrente, il fido di cassa, oppure i debiti di fornitura commerciali: stiamo parlando di obbligazioni per lo più tra residenti (chi va a farsi fare un fido di cassa su un conto corrente presso una banca all'estero?) con somme da ripagare in tempi ristretti. Questi debiti seguono la Lex Monetae o, se non la seguono, vedranno oscillazioni piccole, dato il limitato lasso temporale in cui maturano.
Tra i debiti a medio lungo termine, i mutui sono anch'essi stipulati in grandissima parte verso banche italiane (e ai fini della Lex Monetae, sono italiane anche le filiali di banche estere) quindi non sfuggono alla ridenominazione. La grande parte dei debiti che potrebbero non seguire la Lex Monetae sono le altre tipologie di obbligazione a medio lungo termine, tipicamente strutturate, che possiamo racchiudere nel termine inglese Bond. Questi, infatti, possono essere emessi da soggetti italiani anche secondo la giurisdizione di altri paesi, quindi per questo tipo di debito il problema della conversione si pone. 
 
Per capire le dimensioni del problema é fondamentale valutare i numeri. Quanti sono i Bond emessi da soggetti italiani secondo giurisdizione non italiana?
 
Dal punto di vista tecnico, nessuno degli elementi visibili di un Bond permette di stabilire con certezza la sua giurisdizione, dopodiché i primi due caratteri del codice ISIN, insieme alla valuta di emissione, possono essere una buona approssimazione. L'ISIN è visibile sia nei prospetti di emissione, sia in tutte le piattaforme di trading on line operative in rete.

 
I bond emessi in Italia sono espressi in Euro e iniziano per IT, quelli tedeschi sono anch'essi in euro e cominciano per DE, quelli inglesi sono in Sterline e iniziano per GB etc. Vi sono poi dei bond emessi nel così detto mercato delle Euro-obbligazioni, che presentano come primi due caratteri le lettere XS: questi sono titoli emessi da un emittente di un certo paese, ma regolati da una valuta e|o dalla giurisdizione di un altro. I bond argentini emessi in Euro, ad esempio, avevano codice ISIN che iniziava per XS, quelli in dollari, invece, iniziavano per US. Tuttavia, queste caratteristiche non garantiscono al 100% sulla giurisdizione: ad esempio, la famosa sentenza del giudice Griesa, pur applicandosi solo a bond sotto giurisdizione americana, non riguardava esclusivamente dei bond con ISIN che iniziava per US, anzi.
 
Bene. Giusto per capire la rilevanza della cosa, sappiate che, sempre al convegno di Pescara, Alekos Alavanos ha raccontato come i bond Greci PRIMA della crisi erano quasi tutti in diritto Greco, mentre DOPO la crisi, la Troika ha imposto di chiuderli tutti e di sostituirli con nuovi bond, emessi in diritto non Greco: oggi, il 64% dei titoli di stato greci è emesso con leggi non greche, di gran luna la percentuale più alta tra tutti i paesi dell'Euro; questo significa che, se domani la Grecia dovesse uscire e svalutare la nuova Dracma, i debitori greci dovrebbero comunque ripagare i creditori in Euro, con un maggior costo pari alla percentuale di svalutazione della nuova moneta (50%? 40%? Comunque tantissimo). Alavanos ha detto "ci hanno messo in trappola come topi", e c'è da dargli ragione.
 
Vediamo com'è la situazione dei bond in circolazione, secondo uno studio di Nomura


 
I dati sono ripartiti secondo la classica triade degli emittenti, ovvero stato, banche, privati non bancari. Nota importante: la tabella riporta l'esposizione debitoria lorda in bond, cioè i debiti delle varie categorie, senza tenere conto dei crediti che gli stessi soggetti possono vantare nei confronti di emittenti esteri, sui quali l'evento dell'uscita dall'euro produrrebbe un guadagno. Ragionando sul totale, il 22% dei nostri debiti espressi in bond ha giurisdizione straniera, ma se la regola del mezzo pollo di Trilussa insegna qualcosa, è bene vedere i singoli comparti, prima di dire se è poco o tanto.
 
Stato

Prima di tutto lo c'è lo stato, che ha crediti marginali verso l'estero, e presenta quindi un indebitamento che corrisponde all'incirca alla sua posizione netta, quindi la sua percentuale è significativa: il 94% del debito pubblico é emesso in giurisdizione nazionale (e quindi assoggettato alla Lex Monetae) e il restante 6% no. Sono circa 90 miliardi di euro, sui quali il maggiore costo dei rimborsi in euro inciderebbe per 27 mld circa. Meno dell'ultima manovra della serie, la Renzi bis (o ter, o quater) che ne valeva 32.
 
Banche
 
Molto peggiore è la situazione del debito privato, non tanto nel suo insieme, ma per la sua componente degli emittenti bancari: solo il 39% del debito emesso da banche segue la legislazione italiana, quindi ciò significa che il 61% dei bond bancari dovranno essere ripagati in Euro, anche dopo un eventuale changeover. Le banche, però, hanno anche dei crediti verso l'estero, sui quali, in caso di svalutazione interna, avrebbero dei guadagni, e infatti nella tabella sottostante riportiamo la posizione netta (debiti meno crediti).
 
Per gli emittenti non bancari (Fiat, Eni,etc.) la situazione é messa meglio, con un 60% di emissioni in giurisdizione italiana e su cifre complessive inferiori . Il dettaglio lo si vede dalla tabella riepilogativa delle emissioni di bond, presa dalle statistiche della Bank of International Settlements (BIS). Le cifre delle tabella,in milioni di dollari, dicono il totale delle emissioni senza confrontarlo con i crediti dello stesso tipo in mano agli stessi emittenti, ma per quanto riguarda i privati non bancari, va ricordato (Bagnai, 2012 su statistiche Bankitalia) che il comparto nel suo complesso è creditore netto verso l'estero, il che largo circa significa che le famiglie sono a credito e le imprese a debito. Il che rende la cifra della tabella della BIS significativa dell'esposizione del comparto imprese in debiti non ridenominabili.
 
Il grafico qui riportato è basato sulle statistiche BIS del primo trimestre 2014, convertite in Euro al cambio di fine marzo, cioè 1,37 USD per Euro.

 
I calcoli dicono che, a fronte di una svalutazione a regime del 30% della NL rispetto all'euro, ci sarebbero
32 miliardi di perdite massime per lo stato;
43 mld di perdita massima per le banche;
15 miliardi circa di perdita massima per le imprese.
 
Al lordo dei crediti netti verso l'estero delle imprese, si tratterebbe di 90 mld circa di maggiore spesa, con le banche in prima fila a prendersi metà della botta. Quaratatrè miliardi di maggiori costi sono come se le sofferenze aumentassero di colpo del 25%. Siamo quasi due volte l'intero scenario di carenze di capitale emerse negli stress test su tutte le banche europee.
 
Cio' significa, come già anticipava Bagnai ne Il tramonto dell'Euro due anni fa (pagg.360 e segg), che il vero problema dell'uscita dall'euro sarebbe IL POTENZIALE FALLIMENTO DI ALCUNE BANCHE, diciamo di tutte quelle che, alla ricerca di vantaggi fiscali o legislativi, avevano scelto di indebitarsi secondo la legislazione di altri paesi. Cavoli loro, verrebbe da dire: hai fatto il furbetto, mo' paghi. Peccato che il "modello Cipro" sia stato ormai applicato e, quatto quatto, sia entrato nei documenti ufficiali degli enti regolatori europei e delle banche centrali e quindi i cavoli loro sono anche un po' cavoli nostri, se abbiamo proprio lì il nostro conto corrente. Scegliere bene, ma molto bene, la banca su cui depositare i propri soldi diventa, quindi, una priorità. A meno che lo stato non decida, in virtù della sua ritrovata autonomia decisionale e grazie al ritorno di Bankitalia a fare la politica dei governi e non quella della Bundesbank camuffata da BCE, di intervenire nazionalizzando le banche messe peggio (anche perché le banche avranno molti altri problemi). Scandalo? Sacrilegio? No. Esattamente quello che hanno fatto nel 2008 a Londra, Stoccolma, Amsterdam con le loro lungimiranti banche private che si erano imbottite di titoli tossici.
 
Gli altri investitori privati avrebbero anch'essi dei problemi non da poco, e pure qui sono da prendere in considerazione delle ipotesi di aiuto statale, doveroso e sacrosanto, lontano dalla follia turbo liberista della UE che li vietava (formalmente) manco fossero la peste. Che poi è pure quello che ha fatto Obama con la Chrysler.
 
Esiste infine un ultimo aspetto di cui tenere conto, quello delle CAC, cioè le clausole che permettono di cambiare uno o più aspetti di un prestito obbligazionario se è d'accordo una certa percentuale dei creditori. Sono nate per prevedere già dei percorsi di ristrutturazione ordinata del debito, qualora l'emittente non dovesse essere in grado di ripagare tutto. Bene. Tra le cose che si possono cambiare c'è anche la valuta in cui è espresso il prestito, e la percentuale dio consenso necessaria è dal 75% in giù, quindi abbordabile, immaginando un parco di compratori composto in gran parte da banche che possono facilmente mettersi d'accordo. L'Italia esce dall'Euro e il debito diventa in NL, quindi? Convinco gli altri creditori a restare in Euro, e il gioco è fatto, checcevó? Peccato che, per cambiare la valuta del Bond, ci voglia anche il consenso dell'emittente, e qui siamo parlando del governo che ha appena deliberato di uscire dall'euro e usare la Lex Monetae, e non del governo attuale, che venderebbe anche la propria madre per molto meno. Il governo greco, però, è stato cambiato tre volte prima di trovare quello buono, che accettasse di cambiare la giurisdizione dei propri bond e quindi la domanda resta: perché non potrebbe accadere anche con noi?
 
Insomma, anche guardando da questo punto di vista, l'eventuale uscita dall'euro non si presenta facile, ma nemmeno impossibile. Purtroppo, le misure da adottare saranno molte, e molto urgenti e quindi la qualità della classe dirigente che la gestirà potrà fare molta differenza. Per chi, come noi, é convinto che l'uscita dall'euro - che lo vogliano o no a Bruxelles - prima o poi accadrà, non è una buona notizia, proprio per niente.

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