Strage di Ustica: “sono stati i libici”. Un’altra bufala de "La Stampa" per affrettare la guerra

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Strage di Ustica: “sono stati i libici”. Un’altra bufala de "La Stampa" per affrettare la guerra

 
“Toglieremo il Segreto di Stato sulle stragi”. Forse il primo a profferire questa buffonata è stato Oliviero Diliberto, nel 1999 ministro della Giustizia, a proposito – udite! udite! – della strage di Portella delle Ginestre, avvenuta nel 1947. Ovviamente, anche per quella strage non si sono trovati i famosi documenti da desecretare. Ora ci riprova Renzi, dando la stura a La Stampa e al suo incredibile articolo: “La Libia dietro Ustica e Bologna”

“Tutto nasce da una direttiva di Matteo Renzi, che ha fatto togliere il segreto a decine di migliaia di documenti sulle stragi italiane. Nel mucchio, i consulenti della commissione d’inchiesta sul caso Moro hanno trovato una pepita d’oro: un cablo del Sismi, da Beirut. (...) Ebbene, partendo da quel cablo cifrato, alcuni parlamentari della commissione Moro hanno continuato a scavare. Loro e soltanto loro, che hanno i poteri dell’autorità giudiziaria, hanno potuto visionare l’intero carteggio di Beirut relativamente agli anni ’79 e ’80, ancora coperto dal timbro «segreto» o «segretissimo». E ora sono convinti di avere trovato qualcosa di esplosivo. Ma non lo possono raccontare perché c’è un assoluto divieto di divulgazione.” Grazie al Cielo, tra le righe, ce lo spiattella La Stampa: la strage di Ustica (come quella di Bologna) fu organizzata – tramite i guerriglieri palestinesi - dal governo libico.  

Forse non è inutile qui ricordare come - tra depistaggi, morti sospette di testimoni e scomparsa di documenti - la verità su Ustica, anche grazie a coraggiosi giornalisti, è ormai acclarata: il 27 giugno 1980, l’abbattimento (67 morti)  del Dc9 Itavia fu determinato, per sbaglio, da un missile sparato da un caccia francese contro un aereo libico nel quale avrebbe dovuto esserci Gheddafi. Ma che importa? In attesa di una strage in Italia che dovrebbe “finalmente” convincere l’opinione pubblica ad accettare una nuova guerra contro la Libia, se ne ricostruisce, fantasiosamente, un’altra.
 
À la guerre comme à la guerre.

Francesco Santoianni

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