La Grecia non è obbligata a ripagare il suo debito

La Grecia non è obbligata a ripagare il suo debito

"I debiti odiosi sono quelli contratti contro gli interessi della popolazione di uno Stato", il giurista Alexander Naum Sack

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di Cesare Sacchetti

Ci si chiede in questi giorni di trattative tra il nuovo governo greco di Alexis Tsipras e le istituzioni europee se conti di più la rispettabilità e l’onorabilità di uno stato chiamato a ripagare il suo debito contratto con altri stati o soggetti privati,  o l’interesse della popolazione di quello stato debitore, che vede messe a rischio dalla restituzione del debito le sue prerogative essenziali e il suo funzionamento ordinario. Quale interesse prevale e quale soccombe? 
 
Nel diritto internazionale, non esistono principi certi e di carattere generale sugli obblighi relativi al pagamento dei debiti internazionali, perché il debito di per se non appartiene alla categoria  degli accordi di carattere internazionale tra stati, come può esserlo un trattato internazionale, che  si ispira al principio “pacta sunt servanda”, e pertanto nel caso di un debito assume più rilievo la volontà politica dei governi in carica, che nei momenti della contrattazione sono chiamati a concordare il rispetto dell’obbligazione originaria. Questo non implica una situazione di arbitrio totale, considerato che la dottrina internazionale e i precedenti arbitrati consentono di individuare alcuni principi comuni e generali in merito al pagamento delle obbligazioni tra gli stati.  Nel caso in questione la Grecia è parte contraente di una serie di debiti con istituzioni internazionali e creditori privati, che  ora stanno esigendo indietro i loro crediti.  Dopo la cura dell’austerity degli anni passati, il debito greco è passato dal 146% al 175% del PIL, i tassi di interesse triennali  sui bond hanno raggiunto il 18%, e buona parte di questi debiti sono stati fatti sotto l’indirizzo politico ed economico della cosiddetta triade tecnocratica, BCE, FMI ed UE, sotto i governi Papandreou, Papademos e Samaras. 
 
 Può dirsi che il debito ereditato dai precedenti governi greci sia un debito detestabile, e non contratto contro gli interessi della popolazione? Grozio fu uno dei primi giuristi a elaborare la dottrina del debito ”ingiusto”, ovvero quella particolare obbligazione che viola palesemente gli interessi e la tenuta stessa dello stato debitore, arrivando a comprometterne le sue funzioni essenziali, e qualora uno stato incorresse in questa specifica situazione, era legittimo non onorare il pagamento del debito , poiché gli interessi generali della popolazione erano stati vilipesi. Il primo a dare una esplicita definizione di debito detestabile nel primo dopoguerra fu il giurista Alexander Naum Sack, nel suo libro: ”Gli effetti dei cambiamenti negli Stati sui loro debiti pubblici e altri obblighi finanziari: trattato legale e finanziario . Per Sack, i debiti odiosi sono quei debiti contratti contro gli interessi della popolazione di uno Stato, senza il suo dichiarato consenso, e con la consapevolezza che il creditore presti soldi a delle condizioni e a delle modalità, chiaramente in contrasto con gli interessi della popolazione dello stato debitore .
 
Sack, ha scritto quanto segue: "Se un potere dispotico contrae un debito non per i bisogni o nell'interesse dello Stato, ma con lo scopo di consolidare il suo regime dispotico, di reprimere la sua popolazione che combatte contro di essa, questo debito è da considerarsi odioso per la popolazione dello Stato. Il debito non è un obbligo per la nazione; si tratta del debito di un regime, di un debito personale. La ragione per cui  questi debiti "odiosi" non possono gravare sulla popolazione dello Stato, è che tali debiti non soddisfano una delle condizioni che determinano la legittimità dei debiti dello Stato, vale a dire: i debiti dello Stato devono essere sostenuti e impiegati per i bisogni e nell'interesse dello Stato. “
 
Sulla natura dei governi greci che hanno sottoscritto dei debiti a delle condizioni così onerose e in netto contrasto con gli interessi della popolazione greca, ci sarebbe da discutere, così come sulla natura della Troika, un trittico di organismi sovranazionali che si eleva al di sopra degli stati nazionali, ne condiziona e indirizza la loro politica economica, facendo sorgere così la categoria inedita nella dottrina internazionale del “dispotismo finanziario”, ovvero quel coacervo di interessi di stampo mercantilista in grado di condizionare pesantemente le logiche della democrazia e renderle prive di effettivo valore. Generalmente è accettato nella giurisprudenza internazionale che le pendenze ereditate dagli Stati precedenti, non ricadano sulla responsabilità dei nuovi Stati sorti in seguito a disgregazioni o dissoluzioni delle nazioni precedenti; si pensi al caso della dissoluzione della ex – Jugoslavia, che ha visto sorgere nuovi Stati oppure alla disgregazione dell’URSS, con la conseguente nascita delle nuove nazioni dell’Asia Centrale. Qualora ci sia “continuità” di territorio, il principio è mitigato, ma esiste un precedente tra  Gran Bretagna e Costa Rica nel 1923, secondo il  quale il nuovo governo che si trovi a ereditare una situazione debitoria  - frutto di politiche contrarie agli interessi della popolazione -  può non ottemperare al pagamento del debito, poiché quel debito è da considerarsi “detestabile”.
 
L’arbitrato di Tinoco
 
Nel 1922, il Costa Rica ha opposto il suo rifiuto al pagamento dei prestiti concessi dalla Royal Bank of Canada al precedente dittatore Federico Tinoco. In questo caso il nuovo governo in carica, si rifiutò di pagare il debito del governo precedente. Nell’estate del 1919 la Royal Bank of Canada, aveva concesso diversi prestiti al governo di Tinoco, in cambio di lettere di garanzia del credito emesse dal Banco Internacional de Costa Rica. Il denaro fu utilizzato personalmente da Tinoco e da suo fratello per scopi personali. Nel agosto del 1919, Tinoco e suo fratello lasciarono il paese e il Governo cadde in settembre. Il nuovo governo del Costa Rica, promulgò una legge che invalidava tutte le transazioni eseguite dallo Stato verso i possessori delle lettere di credito. 
 
La controversia tra le due parti finì di fronte ad un arbitrato internazionale, presieduto dall’ex- Presidente degli Stati Uniti d’America, William Howard Taft. Taft riconobbe che il governo Tinoco, era un governo de facto legittimato a stipulare obbligazioni sul piano internazionale, ma mise in rilievo che tale debito non poteva considerasi un reale debito pubblico, poiché non era stato concluso nel pubblico interesse. L’evidenza di questo era fornita dal fatto che i fondi del debito furono utilizzati per l’arricchimento personale dei fratelli Tinoco, e la banca creditrice ne era consapevole, dal momento che i crediti furono concessi “in un momento nel quale la popolarità del Governo Tinoco era scomparsa, e quando il movimento militare e politico che mirava al rovesciamento di quel Governo stava acquisendo il consenso della popolazione”. Taft, quindi impose alla Royal Bank di ritirare la richiesta di pagamento del credito nei confronti del Governo del Costa Rica, dal momento che non si configurava alcun interesse collettivo a riguardo. 
 
La Grecia deve pagare?
 
Il caso descritto sopra vede un dittatore senza scrupoli assetato di potere e denaro, che porta il suo paese al disastro economico. Ne abbiamo visti molti in passato, che sono scappati con la cassa e hanno lasciato il loro popolo a lottare contro la miseria scaturita dai soprusi e abusi dei caudillo, spesso espressione diretta dei governi occidentali che utilizzano e mettono al potere marionette, pronte a tutto per asservire gli interessi delle potenze straniere. E’ stato così anche per la Grecia? Negli ultimi 5 anni la Grecia, sotto i governi Papandreou, Papademos e Samaras ha sottoscritto un piano di “aiuti” con la Troika di più di 130 miliardi di euro, con l’esplicita condizione di imporre un programma di austerity senza precedenti nel paese.  La definizione di “aiuti” è impropria, perché la Troika ha concesso quel prestito per consentire di rimborsare gli interessi sui bond greci, e i governi ellenici hanno accettato, varando un durissimo piano di tagli alla spesa pubblica pari a 28 miliardi di euro, la messa in mobilità di 30000 dipendenti statali, tagli alle pensioni e l’aumento delle tasse sugli immobili. 
 
La disoccupazione è passata dal 10% del 2010 al 25% del 2015, la mortalità infantile è aumentata del 43% dall’inizio dell’austerity e moltissimi giovani laureati greci sono stati costretti a lasciare il Paese. Tutto questo porta a una domanda: il debito è stato concluso per gli interessi del popolo greco?  Sussistono in particolare tre condizioni, secondo le quali il nuovo governo Tsipras, potrebbe ripudiare il pagamento di un debito che in questo caso appare detestabile: 
 
a) il debito greco non è più sotto la legislazione della Grecia, da quando le nuove obbligazioni dei bond sono state emesse secondo la legislazione della Gran Bretagna, limitando fortemente la sovranità della Grecia e la sua facoltà di riconvertire il pagamento in dracme.
 
b) il credito è stato concesso solamente in cambio di un piano di austerity e tagli alla spesa pubblica senza precedenti, che hanno compromesso seriamente le funzionalità essenziali dello Stato, e portato il paese ad una gravissima situazione di tensioni sociali.
 
c) i creditori al momento del rilascio del prestito, erano al corrente che la situazione del debitore non consentiva di rispettare il pagamento a quelle condizioni, se non con l’esplicita politica di pesanti tagli e licenziamenti.
 
Queste condizioni configurano una malafede del creditore che pur di realizzare un profitto ai danni del suo debitore, non si cura dei sacrifici che comporta per lo Stato debitore la restituzione del prestito,  e evidenzia il danno arrecato dai precedenti governi greci alla sua popolazione, quando in alcun modo è possibile individuare un interesse generale e collettivo, ma al contrario una forte pregiudizialità degli interessi dei cittadini greci, duramente provati da queste misure. Quindi in questo caso i vecchi governi hanno sottomesso gli interessi generali ad altri interessi, e il nuovo governo Tsipras non è tenuto o vincolato da nessuna norma di diritto internazionale a ripagare un debito contratto in queste condizioni; potrebbe offrire una compensazione parziale ai suoi creditori e il resto dell’obbligazione si estinguerebbe. Dov’è il pubblico interesse della Grecia in questo caso? Dare il ben servito agli speculatori internazionali potrebbe essere un inizio.   
 

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