Miraggio di pace: terzo anno di negoziati tra governo di Colombia e FARC-EP: contraddizioni o certezze?

Miraggio di pace: terzo anno di negoziati tra governo di Colombia e FARC-EP: contraddizioni o certezze?

Mentre all'Avana i negoziatori discutono del disarmo dei guerriglieri, l’esercito attacca gli accampamenti a Vale del Cueca delle FARC-EP, che annullano il cessate il fuoco unilaterale. L’ELN fa sapere che non permetterà processi sommari.

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di Achille Lollo* per l'AntiDiplomatico
 
Durante quasi tre anni e mezzo i rappresentanti del presidente colombiano, il generale Juan Manuel Santos e gli emissari delle FARC-EP (1) hanno realizzato numerosissimi incontri nella capitale cubana, l’Avana, per stabilire i cinque capitoli dell’agenda dei negoziati, la quale dovrebbe concludersi con la firma di un Accordo Definitivo di Pace tra lo Stato colombiano e i movimenti guerriglieri FARC-EP e ELN (2). A differenza del passato - quando i tentativi di negoziati dei presidenti Belisário Betancourt (1985), Cesar Gavira (1990), Andrés Pastrana Arango (2000) e  Álvaro Uribe Velez, furono delle messe in scena per decimare i movimenti guerriglieri(FARC-EP, l’M-19, ELP e l’ELN) che avevano accettato di deporre le armi per creare nuovi partiti politici -, sembra che il presidente Juan Manuel Santos non voglia ripetere gli eccessi sanguinari praticati in passato con la “Violéncia contra la Union Patriotica” o “El massacre del M-19”! 
 
Un contesto che risultò evidente nel settembre del 2013, quando la Segreteria dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP, dichiarò che avrebbe continuato a dialogare con gli emissari del governo, nonostante l’esercito colombiano avesse moltiplicato le operazioni di contro-guerriglia. In seguito, nel gennaio del 2014, il comandante delle FARC-EP, Rodrigo Londoño Echeverri, “Timochenko” sorprese gli osservatori internazionali che accompagnavano i negoziati, tra cui l’ex presidente degli USA, Jimmy Carter, annunciando che: “…Le FARC-EP adotteranno un cessar il fuoco unilaterale e per tempo indeterminato”.
 
Una decisione che non convinse pienamente i generali dello Stato Maggiore dell’esercito colombiano che decisero di mantenere il “forcing” militare. Nonostante ciò il presidente colombiano, Juan Manuel Santos dopo aver nominato Alto Commissario per la Pace, Sergio Jamarillo Caro, ordinava a Humberto De la Calle di accelerare i negoziati in l’Avana con le FARC-EP. Nello stesso tempo, il presidente colombiano, autorizzava l’apertura di “contatti riservati” con l’ELN, l’altro movimento guerrigliero che, nel 2000, aveva tentato negoziare un trattato di pace con il presidente Álvaro Uribe Velez. In realtà, l’apertura politica nei confronti dell’ELN da parte del presidente Juan Manuel Santos fu una decisione presa dal consigliere per la sicurezza Commissario per la Pace, Sergio Jaramillo Caro, per ridurre la simpatia che le FARC-EP avevano guadagnato in Colombia con i negoziati e, soprattutto, con la dichiarazione del cessar-fuoco unilaterale e indeterminato.
 
In realtà, l’apertura a l’ELN aveva un secondo fine: riaccendere le ostilità tra le FARC-EP e l’ELN nei dipartimenti di Antioquia, Bolivar, Santander e Vale del Cauca. Per questo motivo i principali dirigenti dei due movimenti di guerriglia, a partire da gennaio del 2015, realizzarono una serie di segretissimi incontri per chiudere la fase “delle pessime relazioni”, dal momento che lo scontro tra FARC-EP e l’ELN non era mai stato di carattere ideologico e tantomeno strategico. È necessario ricordare che le “relazioni politiche” tra FARC-EP e ELN si deteriorarono a partire del 1980, a causa di contradditorie dispute politiche locali, poi trasformatisi in scontri armati nelle differenti provincie, iniziati dai dirigenti locali delle due organizzazioni nell’ambito del cosiddetto “controllo politico-militare del territorio”.
 
Questo clima di incertezza favorì l’arrivo dei reparti speciali dell’esercito (Battaglioni Montoneros), che penetrarono nei dipartimenti di Bolivar e Vale del Cauca per attaccare gli accampamenti delle FARC-EP, usando le uniformi dei guerriglieri dell’ELN. In seguito, attaccarono nel dipartimento di Antioquia gli accampamenti dell’ELN usando armi e uniformi catturate alle FARC-EP.  Un eccezionale lavoro di intelligenza pianificato all’epoca dal tenente-colonnello, Juan Manuel Santos, oggi generale e presidente della Colombia. Lo stesso che, poi, inventò i “falsi positivi” con cui le unità di contro-guerriglia dopo aver torturato fino alla morte contadini, sindacalisti o funzionari pubblici sospettati di essere legati alla guerriglia, li presentavano alla stampa vestiti e armati da guerriglieri, morti in occasione di “ipotetici” scontri armati con l’esercito. Per questo motivo, durante molti anni il generale Juan Manuel Santos era soprannominato “la iena”!
 
Comunque la presenza dell’ELN nel tavolo dei negoziati in l’Avana era stata più volte richiesta dai rappresentanti dei paesi garanti, Cuba e Norvegia, e anche da parte dei due paesi osservatori, Cile e Venezuela, ricordando che senza la partecipazione dell’ELN nei negoziati in l’Avana, non si sarebbe mai giunti a un Accordo Definitivo di Pace tra lo Stato colombiano e il Movimento di Guerriglia.
  
L’ambiente politico e la propria validità dei negoziati fecero un salto di qualità nel mese di marzo, quando il comandante dell’ELN, Nicolás Rodríguez Bautista, “Gabino”, riallacciandosi alle decisioni del 5º Congresso del movimento dichiarò:” … "Parteciperemo a questo dialogo per esaminare la volontà reale del governo e dello Stato colombiano; quindi se arriveremo alla conclusione che le armi non sono più necessarie, siamo disposti anche a prendere in esame la possibilità di deporle…”
 
Una dichiarazione estremamente importante, e soprattutto coraggiosa dal punto di vista politico, visto che il governo colombiano, nonostante le FARC-EP avessero proclamato e rispettato il cessar-fuoco unilaterale, dava continuità a tutte le operazioni di contro-guerriglia messe appunto dal suo Stato Maggiore. Una situazione anacronistica che, oggi, obbliga la direzione delle FARC-EP e dell’ELN a credere nelle parole del presidente Juan Manuel Santos e nello stesso tempo diffidare del ministro della Difesa, Juan Carlon Pinzon Bueno, principale responsabile dell’offensiva che l’esercito, dal mese di marzo, mantiene in piedi in quattro dipartimenti.
 
La seconda fase dei negoziati
 
In questi ultimi tre anni il Presidente colombiano, Juan Manuel Santos, per differenziarsi per motivi elettorali dal suo omologo, Álvaro Uribe Velez - di cui fu un fedele e sanguinario Ministro della Difesa -, ha cercato di tornare credibile la sua proposta di pace, accettando la discussione sul futuro delle proprietà agricole, pubbliche e private che erano state coinvolte nella guerra civile. Un argomento, apparentemente tecnico che, però è servito a rompere il ghiaccio tra le due parti, dal momento che il dibattito sul futuro delle terre pubbliche, sulla definizione della frontiera agricola, sulla realizzazione di una riforma agraria e sulla presenza dello stato all’interno del paese è sempre stato il presupposto della guerriglia. Infatti l’espulsione di quasi un milione di contadini poveri dalle terre fertili verso le terre aride della Cordillera Occidental e quella Central, fu una decisione politica del “mercato” per trasformare la Colombia nel principale produttore mondiale di cocaina. Una decisione che sfruttava il lavoro dei contadini poveri nella coltivazione della foglia di coca e, successivamente, nella produzione della pasta di coca, di cui gli unici acquirenti erano i clan del narcotraffico, che si avvalevano dei “servizi di sicurezza” dei gruppi paramilitari, a sua volta utilizzati nella “guerra sporca” contro i gruppi guerriglieri.
 
Per questi motivi i negoziati incontrano numerose difficoltà non solo di carattere etico e giuridico, ma soprattutto dal punto di vista istituzionale, poiché, prima di arrivare a discutere la questione del disarmo dei guerriglieri e la creazione di nuovi partiti politici, è necessario riscrivere la storia della guerra che lo Stato ha mosso all’insorgenza rivoluzionaria. È imperativo, quindi, far luce sui segreti di Stato e informare la società sulla tragedia dei “desaparecidos”. È chiaro che le “eccellenze” non sono d’accordo nel rivelare il lato oscuro della storia della Colombia, anche perché questo significherebbe riaprire il discorso sul ruolo che l’esercito degli Stati Uniti e soprattutto la CIA, hanno avuto in Colombia negli ultimi venti anni. Un ruolo che si è poi concretizzato con la concessione agli USA di ben sette basi militari (3).   
A questo proposito il capo della commissione negoziatrice delle FARC-EP Rodrigo Granda sottolineò alcuni aspetti del comunicato del 7 maggio in cui le FARC-EP “… ribadiscono la necessità di disarticolare completamente il fenomeno del paramilitarismo, che fu creato negli anni ‘50 per difendere i privilegi degli oligarchi e gli interessi di imprese multinazionali, per poi integrare il terrorismo di Stato nella “guerra sporca” contro i movimenti guerriglieri e in chiave antisindacale. Per questo è necessario estirpare questa metastasi del regime, non mediante le false smobilitazioni e le istituzionalizzazioni volute da Uribe o attraverso i cambi di nome coniati dal presidente Juan Manuel Santos, ma attraverso una risoluta e definitiva disarticolazione, senza la quale nessuna pace sarà possibile..”.
 
Subito dopo il porta-voce delle FARC-EP, Iván Marquez, presentava ai cinque generali inviati dal presidente colombiano in l’Avana per iniziare a discutere un eventuale cessate il fuoco da parte dell’esercito colombiano, un documento redatto il 4 maggio dalla Delegazione di Pace delle FARC al Tavolo dei Dialoghi dell'Avana in cui si diceva: ”…Le FARC-EP insistono nel dire che non si sottoporranno a un solo giorno di prigionia e che non accetteranno il disarmo se il governo non farà sforzi per costruire una pace con giustizia sociale, solida e duratura, per la quale è necessario rimuovere le cause che hanno generato il conflitto. Per ottenere questo risultato, è imprescindibile altresì ricostruire la verità storica occultata per decenni da menzogne oligarchie…”

Iván Marquez ricordava che:” … la Commissione per la Ricerca della Verità e la Non Ripetizione non deve essere equiparata ad un organo ufficiale. Dovrà, invece, essere un meccanismo extragiudiziario di indagine, accertamento e sanzione indipendente…”.
 
La ricostruzione della verità è uno dei punti centrali che dovrebbe definire l’essenza etica e storica dei negoziati per poi stabilire programmi per la definitiva disarticolazione dei gruppi paramilitari che fondarono l’AUC (4) e che poi, nonostante fossero divenuti parte integrante del narcotraffico furono riciclati con un “accordo di pace” inventato dal presidente Álvaro Uribe Velez. Per evitare ulteriori tragedie e falsi negoziati, Erika Montero, comandante delle FARC-EP e membro della Delegazione di Pace delle FARC per la Sottocommissione Tecnica e di Genere, ricordava che: “…La pace con la guerra sporca non sarà mai pace. Purtroppo nella sua storia lo stato colombiano non ha mai rispettato gli accordi presi con l’insorgenza. In proposito vorrei ricordare il tradimento, nel 1990, che costò la vita al comandante Carlos Pizarro, del M-19, assassinato 48 giorni dopo aver firmato un accordo con il governo di Virgilio Barco, ed il genocidio politico della Unione Patriottica, sorta nel 1986 dagli Accordi di La Uribe col presidente Betancurt e massacrata dal terrorismo di Stato. Per questo il Governo ed i suoi portavoce – sottolinea Erika Montero - devono comprendere che se non si smantella il paramilitarismo di Stato non si potrà realizzare la trasformazione di un’organizzazione armata in movimento politico aperto che, senza armi, dibatta pubblicamente idee e visioni del paese…”.
 
Oggi, l’unica certezza che i negoziati andranno avanti nonostante le contraddizioni e le difficoltà istituzionali, è data dal fatto che lo stesso Álvaro Uribe Velez, lider del fronte conservatore, i poderosi oligarchi che dominano l’economia e rappresentano le multinazionali e, soprattutto la maggior parte degli ufficiali superiori dell’esercito colombiano si sono resi conto che dopo 51 anni di guerra contro l’insorgenza non esistono più le condizioni per una soluzione militare. Per cui, l’Accordo Definitivo di Pace è un’esigenza che le stesse “eccellenze” del mercato considerano indispensabile per promuovere lo sviluppo economico della Colombia. Il problema è sapere quanto tempo, ancora, ci vorrà per arrivare alla firma conclusiva di questo accordo.
 
* Achille Lollo è il corrispondente da Roma del giornale brasiliano Brasil De Fato, articolista del Correio da Cidadania, collaboratore di ALBA Informazione e editor-tv del programma Quadrante Informativo di ADIATV.
 
NOTE:
(1)    FARC-EP -  Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito Popolare. Furono create il 27 maggio da Manuel Marulanda Velez per reagire agli attacchi dell’esercito con l’Operazione Marquetalia. Oggi conta con circa 16.000 effettivi militari che difendono dodici “fronti rivoluzionari” nel sud, centro sud e nordest della Colombia. Altri 25.000 militanti politici sono distribuiti nelle aree urbanizzate.
(2)     ELN - Esercito di Liberazione Nazionale. Fu fondato da Fabio Vasquez Castano e Camillo Torres nel 1965 con l’occupazione della città di Simecota. Attualmente sommano 3.800 effettivi militari distribuiti nei differenti fronti, nella maggior parte localizzati nel Dipartimento di Antioquia e nel sudest. L’ELN contra con circa 12.000 militanti politici nelle aree urbanizzate.
(3)    Le basi militari degli USA in Colombia sono: Trés Esquinas, Larandia, Aplay, Arauca, Tolemaida, Palanquero e Malambo.
(4)    Nel 1993 i gruppi paramilitari che collaboravano con l’esercito nella” guerra sporca”, guidati da Carlos Castaño Gil creano l’Autodefensas Unidas de Colombia – AUC (Autodifese Unite della Colombia). Per questo ricevettero grandi finanziamenti dai clan del narcotraffico di Medelin e di Cali, mentre l’esercito le riforniva di ingenti quantità di materiale bellico. I servizi di intelligenza militare ripassavano ai capi delle AUC la lista dei sospetti che dovevano essere interrogati e poi eliminati. A partire dal 1998, la maggior parte dei gruppi paramilitari dell’AUC diventano anche narcotrafficanti.  

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