RICORDANDO MAHMOUN, diciassettenne palestinese ucciso un mese fa a Gush Etzion.

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RICORDANDO MAHMOUN, diciassettenne palestinese ucciso un mese fa a Gush Etzion.


di Patrizia Cecconi*

Report da Bethlehem
 
Una decina di adolescenti di Bethlehem, con la foto del loro compagno di scuola stampata sulle magliette, una targa che lo ricorda e che consegneranno a sua madre mi hanno letto il discorso che pronunceranno alla donna offrendole la targa che ricorda il martire.
 
Sono diciassettenni come lui, e la prima frase del loro discorso forse spiega più di ogni commento esterno cosa significhino le azioni che noi riteniamo disperate e che i media hanno battezzato come “intifada dei coltelli” .
 
Il discorso che mi hanno letto inizia più o meno così: "ricordiamo l'insegnamento di Mahmoun, il nostro amico martire, che a diciassette anni ha capito quello che molti palestinesi non hanno capito ancora a ottanta anni: o la vittoria contro l'occupazione o la morte."
 
Un'altra parte del discorso dice: "non piangano i figli dei martiri, non sono orfani qualunque, ma devono essere fieri del loro padre". E ancora in un'altra parte affermano : " noi non piangeremo ma combatteremo come uomini che sanno che la libertà va conquistata. Noi la vogliamo conquistare per il nostro popolo anche a costo delle nostre vite." 
 

CHE DIRE?

Qualcuno seguiterà a chiamarli violenti, altri li chiameranno disperati, altri addirittura - chinando la schiena sotto il diktat mediatico israeliano - li chiameranno terroristi.

No, sono solo ragazzini, addirittura dolci, come vuole la loro età. Sono nati sotto l'occupazione da padri e madri nati a loro volta sotto l'occupazione. Non ne possono più! E non ne possono più neanche dei compromessi sempre e soltanto mortificanti che vedono susseguirsi da quando sono nati. 

Cosa fare per evitare questo stillicidio? Parlare loro da occidentale che vive comodamente in un paese amico del loro oppressore? Ma per carità! 

Loro vogliono vivere e vivere liberi. Ma l'occupazione israeliana è la loro catena. L'unica cosa che si può fare perché quei giovani martiri non ne producano altri è tentare in tutti i modi di contrastare le coperture mediatiche alla violenza israeliana e lavorare affinché i nostri rappresentanti istituzionali interrompano il loro sostegno alla criminale politica israeliana.
 
La mamma di Mahmoun troverà conforto dall'abbraccio di questi ragazzi, ma solo se riuscirà a vedere la fine dell'occupazione potrà dare un senso alla morte del suo giovane martire.

*Presiede l'Associazione "Oltre il mare". Autrice di Vagando di erba in erba Racconto di una vacanza in Palestina (Città del sole edizioni)

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