CONTADINI DI RAFAH. TRA MISERIA E DIGNITÀ...

CONTADINI DI RAFAH. TRA MISERIA E DIGNITÀ...

"Una cosa del genere da noi finirebbe in un lacrimevole programma televisivo, qui invece sembra normale e viene fuori solo per caso. E’ un altro mondo: si sopravvive con due pecore ma si prende in casa chi perso la sua famiglia!"

I nostri articoli saranno gratuiti per sempre. Il tuo contributo fa la differenza: preserva la libera informazione. L'ANTIDIPLOMATICO SEI ANCHE TU!


Patrizia Cecconi
Gaza 3 febbraio 2016 
 
Oggi sono andata verso il confine con l’Egitto. Avevo un piccolo compito da svolgere per conto di un’associazione amica, la Rete Radia Resh, quella fondata tanti anni fa da Ettore Masina e che porta il nome di una bambina (Radia Resh) morta di stenti e di polmonite dopo che Israele aveva demolito la sua casa. Ma quasi a testimoniare la speranza indomita dei palestinesi, la piccola, nel delirio degli ultimi attimi, sognava di lucidare i vetri della sua nuova casa, quella che stava aspettando dopo la bella azione del popolo eletto.
 
Dunque sono andata. 

Sono venuti a prendermi i due giovani volontari del Palestinian Center for Organic Agricolture e per prima cosa mi hanno gentilmente “costretto” a fare colazione, ovviamente non con un veloce caffè ma con hummus, falafel, labaneh, pane arabo e, insomma, tutto quello che dà i suoi ricchi frutti in senso ponderale  come ormai indiscutibilmente attestato dalle foto che mi vengono fatte.


I due ragazzi che sono venuti a prendermi (Hamad e Ahmad, la posizione della H è determinante) e che mi guideranno per l’intera giornata sono fratelli, sono entrambi laureati,  hanno circa trent’anni e già la loro prima prole. Sono due persone splendide e mi porteranno a vedere campi e serre che permettono a molte decine di famiglie di lavorare e sopravvivere dignitosamente. 

La prima persona che mi fanno conoscere è Abu Hassan, un contadino che loro definiscono ingegnere agrario per le sue competenze e che in realtà tiene anche dei corsi sull’agricoltura biologica. Ha un viso che sembra uscito da un quadro del Caravaggio e mi spiega il suo lavoro con tanta passione che quelle tre parole di arabo che conosco mi sembra si moltiplichino.



Abu Hassan mi porta in giro per i campi, le serre, il deposito delle sementi e del compostaggio e poi mi prende una pianta di ortica spiegandomi che ha molte proprietà benefiche. Bè, ora è entrato nel mio campo e sull’ortica sono certa che potrei stracciarlo, ma tre parole d’arabo non mi bastano per farlo e così mi limito a sorridere. Abu Hassan ha 7 figli e una figlia. La figlia studia all’università e per mantenerla agli studi, sia lui che i ragazzi, lavorano la terra per venderne i prodotti. Sarebbe il caso che lo sentissero tutti quei  ripetitori di slogan che  si scimmiottano l’un l’altro ripetendo che a Gaza le donne non possono studiare perché condizionate da un integralismo religioso  che le relega in casa.  

Lasciato Abu Hassan mi portano a conoscere molte famiglie beneficiarie del progetto di rete Radia Resh che ha consegnato loro due pecorelle per ricavarne latte e formaggi. Famiglie che mi colpiscono non tanto  per l’estrema povertà in cui vivono, in case che sono il più delle volte squallidi tuguri,  ma per quel tocco di umanità e di fierezza che pur se ho visto ormai tante volte non finirà mai di stupirmi.


La famiglia che mi colpisce di più è quella di Umm Mahmoud, vive in un piccolo villaggio vicino a Rafah. Sono quasi tutte donne e sono tante. La più piccola avrà tre anni e la più grande poco più di venti. La mamma mi parla delle grandi difficoltà che hanno per andare avanti, mi dice che suo marito lavora per 5 shekel al giorno (poco più di 4 euro) e che la scuola e in particolare l’università che frequenta una delle ragazze costa enormi sacrifici. Le pecorelle sono un grande aiuto ma non bastano a superare ogni difficoltà. 


Mentre Umm Mahmoud parla le bambine scattano foto. Sono affettuosissime, una lo è  in particolare, si chiama Farah, viene più volte a baciarmi e vuole  foto e foto e ancora foto. Intanto Hamad, che mi traduce, mi dice che Nadeel, la ragazza che va all’università, fino alla criminale aggressione israeliana del 2014 abitava nella casetta accanto. Ma una bomba ha sterminato tutta la sua famiglia  e lei è rimasta sola al mondo. Così, senza nessuna particolare formalità, è stato aggiunto un materasso e ora vive qui con le altre ragazze. E la sua nuova famiglia fa il possibile per non farle interrompere l’università! 

Una cosa del genere da noi finirebbe in un lacrimevole programma televisivo, qui invece sembra normale e viene fuori solo per caso. E’ un altro mondo: si sopravvive con due pecore ma si prende in casa chi perso la sua famiglia!

Ora mi preparo a lasciare Rafah e a tornare nella mia casa portandomi nella mente, e forse anche nel cuore, tutte le figure incontrate oggi, dai due fratelli Hamad e Ahmad, alla signora che raccoglieva la malva, ad abu Hassan, a  Umm Mahmoud. Intanto vedo qualcosa in cielo, forse un deltaplano? No, Hamad mi toglie ogni dubbio e mi dice che si tratta di un semplice pallone-spia che l’amabile stato di Israele usa per decidere quale omicidio extragiudiziale compiere all’interno della Striscia tanto, come ormai sappiamo tutti, agli occhi del mondo passerà inosservato. 


Che amarezza questa conclusione! Per fortuna che intanto ci attraversa la strada un branco di pecore che il pastore beduino che le guida ha deciso di portare al mare. Chiudo così, con una foto al gregge che, assolutamente ignaro di avere un vicino nonché assediante tanto pericoloso, va a brucare l’ultima erbetta spuntata sulla sabbia in riva a questo mare la cui estensione ricorda la libertà che i gazawi non hanno.

Quando Mario Monti parla di "sacrifici".... di Fabrizio Verde Quando Mario Monti parla di "sacrifici"....

Quando Mario Monti parla di "sacrifici"....

"11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi di Giovanna Nigi "11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi

"11 BERSAGLI" di Giovanna Nigi

La macchia indelebile di Odessa di Giorgio Cremaschi La macchia indelebile di Odessa

La macchia indelebile di Odessa

Armi ad Israele: a che gioco sta giocando Washington? di Giacomo Gabellini Armi ad Israele: a che gioco sta giocando Washington?

Armi ad Israele: a che gioco sta giocando Washington?

L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri di Savino Balzano L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri

L'austerità di Bruxelles e la repressione come spettri

Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia di Alberto Fazolo Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

Ucraina. Il vero motivo di rottura tra Italia e Francia

Quando il bonus è un malus di Giuseppe Giannini Quando il bonus è un malus

Quando il bonus è un malus

Toti e quei reati "a fin di bene" di Antonio Di Siena Toti e quei reati "a fin di bene"

Toti e quei reati "a fin di bene"

Di vincolo esterno si muore: in ricordo di Aldo Moro di Gilberto Trombetta Di vincolo esterno si muore: in ricordo di Aldo Moro

Di vincolo esterno si muore: in ricordo di Aldo Moro

Gli ultimi dati del commercio estero cinese di Pasquale Cicalese Gli ultimi dati del commercio estero cinese

Gli ultimi dati del commercio estero cinese

Il Premio Pullitzer e il mondo al contrario di Andrea Puccio Il Premio Pullitzer e il mondo al contrario

Il Premio Pullitzer e il mondo al contrario

Putin si fa la sua Stavka di Giuseppe Masala Putin si fa la sua Stavka

Putin si fa la sua Stavka

Lenin fuori dalla retorica di Paolo Pioppi Lenin fuori dalla retorica

Lenin fuori dalla retorica

La Siberia al centro di nuovi equilibri geopolitici? di Paolo Arigotti La Siberia al centro di nuovi equilibri geopolitici?

La Siberia al centro di nuovi equilibri geopolitici?

Disuguaglianze inaccettabili di Michele Blanco Disuguaglianze inaccettabili

Disuguaglianze inaccettabili

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti