La teorizzazione della paura tra i dipendenti. Sale in cattedra il Prof. Starace (Enel)
"Questo avviene oggi. Nel 2016, in pieno regime cosiddetto democratico. È il regime della paura e del terrorismo. E quello aziendale è molto più diffuso, prossimo e pervasivo di quello dell’Isis…"
Alla domanda di uno studente sulle migliori metodologie per guidare un’azienda, Starace, attuale amministratore delegato dell'Enel, ha risposto senza troppi giri di parole. “Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce perchè alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile”.
Rispetto alle indegne dichiarazioni di Starace, vi riportiamo di seguito parte dell'ottimo commento di Dante Barontini su Contropiano:
Queste lezioni di governance possono essere applicate a qualsiasi organizzazione (somiglia abbastanza bene all’irruzione del manipolo renziano nelle istituzioni e nel dispositivo costituzionale) e certo costituiscono da sempre l’abc del bravo capitalista tutto d’un pezzo (oltre 130 anni fa il costruttore di ferrovie Jay Gould diceva, più brutalmente, “Posso assumere metà dei lavoratori perché uccidano l’altra metà”). Ma sentirle pronunciare così, senza alcun imbarazzo, davanti a una platea di studenti – per quanto “predestinati” a eseguire quegli insegnamenti – in una università, fa abbastanza senso.
[...]
Mettere paura è il primo comandamento di qualsiasi manuale di strategia militare, almeno a far data da Sun Tsu. Ma è anche il primo comandamento dell’impresa, in qualsiasi parte del mondo. Se e quando il sistema delle imprese ha accettato qualche livello di mediazione, di contrattazione sistematica, è avvenuto solo in presenza di un movimento operaio altrettanto forte, coeso, pronto alla battaglia in modo organizzato e compatto.
La governance aziendale è insomma costitutivamente violenta, bellica e senza regole (se non si è costretti a subirne). Non ha bisogno di ricorrere sistematicamente alle bastonate fisiche, se le è possibile raggiungere l’obiettivo manovrando esclusivamente sul fronte contrattuale, magari con la complicità di qualche sindacato di regime, o col mobbing e le minacce di licenziamento. Ma – come si è visto in alcuni casi, specie nella logistica o nella grande distribuzione – l’impresa non si tira certo indietro anche dal ricorso alla violenza fisica (guardioni e crumiri con le mazze, se non interviene prima la polizia; gomme delle auto squarciate, minacce anonime o palesi, ecc).
Questo avviene oggi. Nel 2016, in pieno regime cosiddetto democratico. È il regime della paura e del terrorismo. E quello aziendale è molto più diffuso, prossimo e pervasivo di quello dell’Isis…