Il 2014: l'anno in cui l'imperialista Obama ha tentato di realizzare un nuovo ordine mondiale “Made in USA”

Il 2014: l'anno in cui l'imperialista Obama ha tentato di realizzare un nuovo ordine mondiale “Made in USA”

Solamente due personaggi si sono opposti a questo programma: Papa Francesco e Vladimir Putin.

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di Achille Lollo,
per il Correio da Cidadania- 19/12/2014.
 
Il 2014 può essere considerato l’anno della svolta nella politica geostrategica ed energetica del presidente Barack Obama, il cui principale obiettivo prevedeva di rimettere in piedi l’immaginario dell’Impero e, pertanto, di organizzare l’ordine mondiale sulla base di un “Made in USA” più efficace e selettivo, dal punto di vista politico-militare. Una decisione presa alla fine del 2013, soprattutto in funzione della necessità di rompere la crescente egemonia dei repubblicani nell’elettorato statunitense. Questi, il 5 novembre 2014, hanno ottenuto la maggioranza assoluta nelle elezioni legislative e il conseguente controllo maggioritario della Camera e del Senato, qualcosa che non succedeva dal 2006.
 
Una sconfitta che, in realtà, contraddice le decisioni belligeranti, ostensive e, soprattutto, autoritarie di Obama in ciò che concerne la politica internazionale degli EUA, condizionata dalla vacillante posizione della classe media statunitense, impaurita dal costo delle proposte di leggi “sociali” di Obama e delle nuove avventure militari. D’altro canto, questa stessa classe media degli EUA, di fronte alla resistenza della Siria e dell’Iran, ha cavalcato l’affascinante nazionalismo yanqui dei repubblicani, che hanno insistito, durante tutto il 2012 e principalmente il 2013, sul tasto delle indecisioni di Obama e del ritiro dell’Esercito USA dai principali epicentri della geo-strategia mondiale. Notoriamente, l’Europa dell’est, il nord dell’Africa, il Medio Oriente e l’Asia minore.
 
È stato sulla base di tutto ciò che il 2014 è tornato a essere un “anno statunitense”, durante il quale solamente due personaggi hanno assunto una posizione differente e di opposizione: Papa Francesco e il presidente russo Vladimir Putin.
 
Motivato da un rinnovato desiderio di recuperare lo spirito del Vangelo della chiesa Cattolica e, pertanto, fortemente deciso a riformulare e correggere gli eccessi del potere temporale della Santa Sede e della Curia del Vaticano, il papa gesuita di origine argentina ha condannato con fermezza il profitto del mercato e la stupidità della guerra. Elementi che, secondo il papa, starebbero mettendo a rischio la crescita dell’umanità, l’evoluzione delle società e la potenzialità dell’ambiente. Parole che hanno fortemente fustigato la retorica della ricchezza flessibile del mercato che, secondo Papa Francesco, “produce sempre più disuguaglianze sociali, irregolari flussi economici e, specialmente, disoccupazione. Molta disoccupazione, che nega il lavoro che dovrebbe essere l’elemento sacro delle nostre società”.
 
Omelie che gli uomini di Wall Street e le eccellenze della Casa Bianca non hanno apprezzato, perché, con la rinascita della Chiesa dei Poveri, i movimenti popolari tornano ad avere un prezioso alleato. Cosa che prima, con i papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non esisteva, visto che la Santa Sede si limitava a esercitare il “potere temporale” sempre a favore dei potenti, oltre a difendere il mantenimento dello status quo dell’ordine mondiale.
 
Obama e l’Impero
 
Molte persone, negli USA e in Europa, credono che, per essere afro-americano, Barack Obama intendeva fare una “rivoluzione democratica” nel mondo. Purtroppo, troppi confondono il sogno con la realtà. Colin Powell era anche lui afro-americano, tuttavia, quando è arrivato il momento di legittimare gli interessi strategici dell’Impero e i famelici desideri delle trasnazionali, di fronte alla commissione delle Nazioni Unite, ha mentito nel dire che Saddam Hussein era pronto a usare un potente arsenale chimico, capace di minacciare l’umanità! Per questo, Barack Obama è tanto “imperialista” quanto Bill Clinton, con l’aggravante di usare la sua variante etnica per ottenere il consenso elettorale degli afro-americani.
 
Infatti, quando le eccellenze della Casa Bianca hanno deciso di riorganizzare l’ordine mondiale, sulla base di un nuovo “Made in USA”, Obama, a sua volta, ha detto: “yes, we can”. Ed è stato in quest’ambito che la CIA, la NSA e la NATO hanno promosso la destabilizzazione politica in Ucraina, con il fine di portare al governo i fantocci di destra guidati da Arseniy Yatsenyuk e Yulia Tymoshenko e, così, riuscire a far avanzare le linee di difesa della NATO fino alla frontiera russa – oltre a trasformare la Crimea in un avamposto della NATO. Un progetto ambizioso che, nel 2014, ha costituito il punto culminante della strategia degli USA, dal momento che, con l’adesione all’ Unione Europea della Polonia, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Bulgaria e della Romania, la conquista dell’Ucraina era determinante. Un progetto che si è realizzato solo parzialmente, visto che la parte meridionale dell’Ucraina vuole l’annessione alla Russia, come già successo in Crimea.
 
È necessario ricordare che questo progetto controverso è stato elaborato dalla Casa Bianca, non solo per indebolire l’affermazione geo-strategica della Russia, ma per ricollocare l’Unione Europea fuori da un possibile asse politico ed economico euro-asiatico, dove la Cina e la Russia giocherebbero un ruolo preponderante.
 
Così, con la “questione ucraina”, Obama ha ottenuto dai paesi europei l’incondizionata sottomissione alla geo-strategia statunitense, nel senso che le spese militari saranno pagate dai contribuenti europei, che dovranno garantire il pagamento dei nuovi F-35, basi di lancio di missili e un riarmo generale, realizzato in buona parte con prodotti dell’industria militare USA.
 
Le sanzioni alla Russia sono state un altro successo politico di Obama. Sanzioni che, in realtà, danneggiano anche le industrie europee con la cancellazione, da parte del governo russo, delle importazioni alimentari e tecnologiche, per il valore di quasi 20 miliardi di euro. In seguito, il presidente Obama ha tentato di imporre agli Europei la vendita dello “shale gas” degli USA (estratto dagli scisti bituminosi).
 
Con l’eccezione dei paesi più sottomessi (Ucraina, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania), tutti i paesi europei hanno rifiutato l’offerta di Obama, per il motivo che il prezzo è quasi il doppio del gas venduto dalla Russia. Anche così, le sanzioni di Obama hanno bloccato la costruzione del gasdotto South Stream, con perdite irrimediabili per le imprese ad alta ingegneria della Germania, della Francia e dell’Italia. In quest’ambito, l’Unione Europea ha dimostrato di aver perso la sua autonomia politica, inginocchiandosi sempre più agli Stati Uniti, la cui economia trae profitto dalla crisi che affligge i governi europei, sottomessi alle regole recessive della triade (FMI, Banco Mondiale e BCE), ampiamente avallate dalla prima ministra della potente Germania, Angela Merkel.
 
Il dramma síriano, l’ISIS e la Russia
 
La nuova guerra fredda che gli USA hanno promosso contro la Russia tocca anche il Medio Oriente e il nord dell’Africa, dove la CIA e la NATO non sono più riuscite a controllare la Libia, che continua a essere vittima di una sanguinosa guerra civile, senza più istituzioni. Il caos generalizzato!
 
Una guerra civile che ha completamente distrutto il paese e ha fatto cadere la produzione di petrolio da 4 milioni di barili al giorno ad appena 150.000!
 
La Siria, dopo due anni di perversa guerra civile monitorata dagli USA, dalla Francia, da Israele, dalla Gran Bretagna e dalla Turchia, oltre a essere finanziata dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, a partire dal mese di maggio 2014 è riuscita a capovolgere il conflitto. Tuttavia, per evitare una vittoria del governo di Bashar al-Assad, in giugno, è stato proclamato il Califfato Islamico (ISIS), con lo scandaloso trasferimento della maggior parte dei ribelli che combattevano in Siria verso il centro dell’Iraq. In questa maniera, si realizzava l’ antico progetto del Pentagono, che prevedeva di balcanizzare l’Iraq e la Siria con la formazione di tre stati etnico-religiosi in mano a sciiti, curdi e sunniti. Frattanto, la pretenziosa decisione dei leaders sunniti dell’ISIS di attaccare la capitale dell’Iraq, Baghdad, a maggioranza sciita, ha reso la crisi dell’Iraq ancora più complessa, permettendo a Obama di autorizzare il ritorno dei caccia-bombardieri statunitensi nei cieli del Medio Oriente.
 
Una misura che ha permesso agli operatori di Wall Street di promuovere la caduta dei prezzi del petrolio e del gas a quasi il 40%, sostenendo il desiderio della Casa Bianca di aprire una crisi nell’economia della Russia e del Venezuela, dipendenti dalle esportazioni di idrocarburi.
 
Tuttavia, il successo di Obama è durato poco, dal momento che il presidente Putin ha realizzato due importanti accordi energetici con la Turchia, che riducono abbastanza gli effetti dell’abbassamento dei prezzi del petrolio e del gas. Infatti, la Cina, durante 30 anni, riceverà il gas e il petrolio dalla Siberia a prezzi speciali, mentre che la Turchia – nonostante sia un fedele alleato degli USA e di Israele – ha firmato contratti miliardari con la Russia, comprando tutto il gas che doveva arrivare in Europa con il gasdotto South Stream, oltre ad autorizzare la costruzione di un gasdotto che attraversa il Mar Nero per arrivare fino alle raffinerie delle regioni centrali della Turchia.
 
Le guerre regionali provocate in Mali e nella Repubblica Centro-Africana, al di là del tentativo della giustizia statunitense di punire l’Argentina e la riattivazione del programma “Pivot to Asia” (per isolare la Cina e rinforzare la presenza militare degli USA nei paesi asiatici), sono gli elementi complementari della nuova guerra fredda che gli USA hanno promosso contro la Russia, che a sua volta è tornata a intendersi molto bene con la Cina.
 
Achille Lollo è un giornalista italiano, corrispondente di Brasil de Fato in Italia, curatore del programma TV “Quadrante Informativo” e colonnista del “Correio da Cidadania”
 

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