Al Jazeera si adegua al cambio di linea del Qatar

Dopo la rottura con i sauditi, la "Cnn araba" comincia a descrivere in maniera differente la guerra in Siria

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 Al Jazeera si adegua al cambio di linea del Qatar



di Omar Minniti


Che al Al Jazeera non fosse un organo neutrale e super partes era una cosa ampiamente risaputa. Voluta da Hamad bin Khalifa al-Thani, padre dell'attuale emiro del Qatar, è stata sin dalla sua nascita - avvenuta nel 1996 - una sorta di megafono della petromonarchia di Doha nel mondo islamico e in occidente. La linea di cronaca estera della potente rete televisiva satellitare ha sempre rispecchiato al 100% le posizioni del suo governo. Acerrima accusatrice di Gheddafi ed Assad, critica verso l'Iran e i movimenti sciiti come Hezbollah, sostenitrice delle "primavere arabe" e dei cosiddetti "ribelli" siriani, vetrina dei video fake dei "Caschi Bianchi" e schierata con Hamas nel suo braccio di ferro con l'Autorità Palestinese. Una versione araba della Cnn e degli altri media embedded, insomma. 

Adesso che si è consumata un'eclatante (ma non del tutto inattesa) rottura tra il Qatar e i sauditi, con quest'ultimi spalleggiati dagli altri petrodollari del Golfo, Al Jazeera si adegua al nuovo scenario. Anche perché il network è stato tra le prime vittime della rappresaglia contro i regnanti qatarioti: le sue trasmissioni sono state oscurate prima a Riad e poi negli Emirati, seguiti a ruota da Egitto e Bahrain. Anche le redazioni locali sono state chiuse. 

La guerra in Siria diviene uno dei primi terreni su cui sperimentare il cambio di rotta in seguito allo strappo. Chi segue gli affari internazionali e la geopolitica sa che le parole pesano come macigni, pure in lingua inglese. Da qualche giorno su Al Jazeera non si parla più di "truppe del regime di Assad", bensì di "esercito governativo siriano". I miliziani delle cosiddette "Forze democratiche siriane" (di cui fanno parte i curdi delle Ypg) vengono, invece, bollati senza mezzi termini come "Us-backed rebels". Per quanto riguarda l'onnipresente "Osservatorio siriano per i diritti umani" dell' "one man band" Rami Abdulrahman, si fa, invece, notare che è "Uk-based". Ampio anche lo spazio nelle cronache dedicato alle vittime civili dei bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti.

Una svolta notevole, che potrebbe preludere ad un ulteriori novità sul campo. E non parliamo soltanto di copertura giornalistica. Il Qatar sostiene direttamente o indirettamente diverse formazioni terroristiche operanti in Siria. Inoltre, è risaputo il suo ruolo di mentor dei famigerati Fratelli Musulmani e delle loro filiazioni. Come si muoveranno queste forze dopo la rottura tra Doha e gli ex alleati sauditi, in questa competizione tutta interna alla galassia fondamentalista?

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