Stanchi delle bufale e della propaganda del Cremlino su internet? 'Repubblica' ha la soluzione per voi...
Stanchi delle “bufale” sulla Rete? Terrorizzati che la “pervasiva propaganda del Cremlino veicolata dal populismo Cinquestelle” vi trasformi in zombie di Putin? Nessun problema. Per voi, oggi c’è BS Detector: il software che, come raccomanda Repubblica, “se visitate certi siti, fa comparire un avviso che vi mette in guardia dall'intossicazione disinformativa.”. Per scoprire quali fossero questi siti ho installato l’app BS Detector sul browser del mio computer. Computer che ora si trova in quarantena nel negozio di informatica sotto casa. Ma su questo ci torneremo.
Ora occupiamoci di questa “Santa Inquisizione fai da te” che viene oggi proposta da numerose aziende verosimilmente nella speranza di essere acquisite da Facebook quando questa installerà filtri più “efficaci” di Fact-Checking già utilizzato da Google negli USA e in Gran Bretagna. Per ora, questo servizio di Google si limita ad apporre una etichetta ad articoli ritenuti “bufale”. Ne hanno già fatto le spese (oltre a siti che si occupano di scie chimiche, undici settembre, medicine alternative...) anche siti di organizzazioni politiche come quelle impegnate nel boicottaggio di prodotti israeliani per arginare la pulizia etnica in atto da decenni in Palestina; siti che, già oggi, sono obbiettivo di campagne di hackeraggio condotte alla luce del sole.
Ma la sola apposizione del marchio d'infamia su alcuni siti si direbbe non basti: il passo successivo è ora impedire che gli articoli di questi siti possano essere indicizzati nei motori di ricerca e, sopratutto, usufruire della pubblicità on line, come promesso da Facebook alla Boldrini. Ma il peggio viene dalla Francia dove (alla faccia della "liberté" laica) è stato in questi giorni approvata, in prima lettura, una legge che chiude automaticamente i siti che “inducono deliberatamente in errore, intimidendo o esercitando pressioni psicologiche o morali, con l’obiettivo di dissuadere il ricorso all’aborto”. E già si sta pensando di estendere la legge a siti che si oppongono all’”utero in affitto”. Il tutto monitorato, invece che da denunce e conseguenti sentenze, da appositi algoritmi gestiti da aziende di informatica. E tutto questo mentre l’Unione Europea scatena una caccia alle “bufale” in rete che riecheggia il maccartismo.
Ma dicevamo del mio computer. Credendo che l’inserimento in Google Play garantisse l’innocuità del software, avevo installato come estensione del mio browser BS Detector, che pure avvisa di poter “leggere e modificare tutti i dati sui siti web visitati”. Ho poi sfogliato moltissimi articoli da me pubblicati col timore (anzi, con la speranza) di vedere apparire il Marchio di Infamia apposto dal Grande Fratello. Niente.
Avvilito, ho disinstallato BS Detector e sono passato a cazzeggiare su Facebook. Di incanto, invece della solita pubblicità (molta riguardante prodotti simili ad altri che avevo acquistato on line) sono apparsi post pubblicitari di Repubblica, Médecins Sans Frontières, Amnesty International, Syrian Observatory for Human Rights, Council of the European Union... tutte “istituzioni” che avevo attaccato in numerosi miei articoli.
Forse la mia è solo paranoia, ma ho subito portato il computer a disinfettare. E giuro che la prossima volta, invece di BS Detector, installerò Fake News Alert che – come assicura Repubblica - opera confrontando “siti di bufale selezionati sulla base degli studi della professoressa Melissa Zimdar del Merrimack College, in Massachusetts”. Sai che garanzia!