Kabul si rivolge a Pechino per stabilizzare le zone meridionali e orientali.
Nella sua marcia verso Ovest - espressione ideata dallo studioso Wang Jisi - Pechino si trova subito di fronte l'Afghanistan, dal quale Usa e alleati stanno gradualmente ritirando la propria presenza militare. Per Pechino un'opportunità non solo economica, nella prospettiva dello sviluppo della "Nuova via della Seta", ma anche una nuova fase di impegno politico e diplomatico in un’area assai “calda”. E la visita del nuovo presidente afghano Ashraf Ghani Ahmadzai a Pechino (28-31 ottobre) - la sua prima missione all’estero dopo la nomina - dice molto in questo senso.
Secondo un’indiscrezione di
Duowei News, quest’ultimo avrebbe
chiesto alla Cina di favorire l’assistenza della Shanghai Cooperation Organization (Sco) per stabilizzare la situazione nelle zone meridionali e orientali del martoriato Paese. Zone nelle quali le milizie dei Talebani hanno rialzato la testa con inevitabili pericolose conseguenze di infiltrazione dell’estremismo islamico nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, recentemente teatro di diversi attentati.
Per Shen Shishun, ricercatore senior presso l'Istituto cinese di studi internazionali, un Afghanistan stabilizzato sarebbe “un muro di difesa naturale contro il separatismo e il terrorismo che si riversano oltre il confine." Per l’analista russo Azhdar Kurtov l’incontro sarà anche l’occasione per Pechino per ottenere precise garanzie in cambio di aiuti economici e investimenti: “La parte cinese vorrebbe che negli accordi internazionali venissero fissati degli obblighi particolari di Kabul come la non presenza sul suolo afgano di organizzazioni connesse con i terroristi di Xinjiang e l’esclusione della possibilità di forniture ai separatisti uiguri attraverso il territorio afgano”.
La visita avviene all’indomani dell’invito di al Qaida (comparso sul sito Resurgence) rivolto ai propri militanti a lottare per l’indipendenza dello Xinjiang (“East Turkestan”) contro l’occupazione cinese e a interrompere il trasporto negli stretti di Hormuz e Malacca, indispensabili per il rifornimento energetico di Pechino (e non solo).
Diego Angelo Bertozzi