«L’Ucraina ha subito un altro cinico colpo di Stato». Le accuse che fanno tremare Kiev

«L’Ucraina ha subito un altro cinico colpo di Stato». Le accuse che fanno tremare Kiev

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di Eugenio Cipolla

 
La follia, che ha portato molti commentatori e giornalisti a definire l’Ucraina “un grande circo”, si è consumata nella serata di ieri. Dopo una lunga giornata, piena di tira e molla, rumors politici sulla caduta di Arsenij Yatsenyuk e richieste di dimissioni pubbliche, alla fine la Rada ha deciso di graziare il primo ministro e leader del Fronte Popolare. Mentre nella piazza antistante al Parlamento quasi 5.000 persone si erano riunite per chiedere a gran voce le dimissioni del premier, all’interno dell’aula parlamentare si è consumato un piccolo giallo.
 
Intorno alle 16 ora locali Yatsenyuk si è presentato davanti ai “deputati del popolo”, leggendo la relazione sull’attività del proprio governo, sciorinando numeri e aumentando le stime sull’economia. Tutto vanamente, perché qualche minuto dopo l’aula ha votato, bocciando la relazione del primo ministro con 247 voti a favore (il minimo richiesto era 226). Nel frattempo nei corridoi della Rada si raggiungeva il numero necessario di 158 firme (il minimo richiesto era 150, in questo caso) per la discussione di una mozione di sfiducia nei confronti del governo. E’ a quel punto che tutti hanno pensato allo scenario più scontato: governo dichiarato insoddisfacente, sfiducia e tutti a casa.
 
E invece no, perché alle nove di sera, quando lo speaker Volodomyr Groismann ha posto in votazione la mozione, i deputati che hanno votato a favore sono stati solo 194. Un numero insufficiente per dimissionare Yatsenyuk (il minimo richiesto era 226). Così adesso Kiev si ritrova di fronte a un paradosso, con un governo ritenuto insoddisfacente dallo stesso Parlamento che non vuole sfiduciarlo. «L’Ucraina – ha scritto stamattina Bloomberg in un lungo articolo – si sta dirigente verso una situazione di stallo tra i due uomini politici più potenti […] il risultato sta mettendo a repentaglio l’economia e miliardi di dollari di aiuti esteri».

Ora, infatti, una nuova mozione di sfiducia per rimuovere Yatsenyuk, secondo la Costituzione ucraina, potrà essere solo alla fine di questa sessione del parlamento, che si concluderà soltanto nel mese di luglio.     «Gli ucraini e i sostenitori stranieri – si legge ancora nell’articolo di Bloomberg – stanno perdendo la pazienza a causa dei ritardi nella lotta alla corruzione, alla modernizzazione del paese e alla recessione dell’economia». 

Secondo Dmitry Polevoy, capo economista per la Russia e i paesi della CIS del colosso bancario-assicurativo ING, «il processo politico in Ucraina ha chiaramente bisogno di essere razionalizzato, per consentire al paese di rimettere in moto l’afflusso di finanziamenti esterni da parte del FMI e altri creditori ufficiali».
 
Anche perché l’economia ucraina rimane fragile. Il paese è in recessione da 18 mesi consecutivi, la grvina, la moneta nazionale, nei primi due mesi di quest’anno ha già perso il 10 per cento del proprio valore e sullo sfondo aleggia lo spettro di una causa internazionale contro la Russia per il rimborso mai eseguito dei 3 miliardi di Bond emessi da Mosca poco prima della caduta di Yanukovich.
 
Nelle ultime ore lo scenario politico è addirittura peggiorato. Le prime uscite dalla coalizione di maggioranza sono state quelle di Patria, di Yulia Tymoshenko, e di Samopomich, il partito del sindaco di Lviv. «L’Ucraina – ha scritto Samopomich in una nota – ha subito un colpo di Stato cinico, organizzato dal presidente, il primo ministro, la parte cleptocratica della coalizione e il blocco degli oligarchi. Ogni regola di normalità è stata ignorante. Il processo è stato governato dall’inganno, la tirannia, la dipendenza dal denaro e dalla completa ignoranza dei bisogni della gente».
 
Quanto successo ha fornito un assist anche a Mikhail Saakashvili, che da mesi sta tramando per sostituire Yatsenyuk. «Ieri è stato restaurato il vecchio regime», ha scritto sulla propria pagina Facebook. «Nel paese – ha continuato – c’è stato un colpo di Stato oligarchico. Akhmetov  gli altri hanno ancora una volta preso il controllo della situazione nelle proprie mani». 

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