Deputato comunista portoghese: "La Grecia insegna, bisogna liberare il paese dalla sottomissione all'euro"

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di João Ferreira* 
da “Avante!”, 19 maggio 2016
 
 
La settimana scorsa, l'Eurogruppo (ministri delle finanze della Zona Euro) si è riunito per procedere a una prima valutazione del terzo programma della troika in Grecia.
 
La riunione è terminata senza che si sia arrivati a una conclusione. La conclusione dipende dall'adozione da parte del governo greco di una serie di misure imposte dalla troika. Tra esse ci sono:
 
- Misure in materia di bilancio (si legga: tagli) che abbiano un impatto fino al tre per cento del PIL  fino al 2018, compresa la riforma del sistema delle pensioni, una riforma dell'imposta sul reddito e dell'IVA, oltre a misure riguardanti i salari del settore pubblico. Si legga, semplificando: tagli alle pensioni, tagli ai salari dei funzionari pubblici e aumenti dell'IVA e dell'imposta sul reddito;
 
- La creazione di un “meccanismo di contingenza aggiuntiva” che assicuri l'implementazione automatica di una serie di misure di “austerità” non discrezionali (vale a dire, le misure che la troika impone, punto e basta) nel caso che non siano raggiunti gli obiettivi annuali fissati dalla troika per il deficit – un saldo primario positivo del 3,5 per cento a medio termine (valore che, si dica per inciso,  il governo portoghese si propone di superare in tre anni...). Quando questo meccanismo è attivato, eventuali misure temporanee che il governo greco abbia deciso di implementare per adempiere agli obiettivi del disavanzo – ad esempio, i tagli dei salari e delle pensioni e/o l'aumento delle imposte – diventano automaticamente definitive;
 
- Misure per ripulire il debito cattivo del bilancio delle banche, con l'apertura immediata della vendita di crediti e della facilitazione del recupero delle ipoteche, anche nel credito per l'abitazione;
 
- Un programma di privatizzazioni “sostanzialmente rafforzato”, con l'entrata in funzione del “Fondo per le Privatizzazioni” che prevede di raccogliere fino a 50 miliardi di euro con la vendita di attivi pubblici;
 

In quanto al problema del debito, per ora tutto è come prima. L'Eurogruppo ha rinviato qualsiasi decisione a dopo la conclusione della prima valutazione, ma è certo che è esclusa qualsiasi ristrutturazione del debito. Va ricordato che al momento della firma del terzo memorandum della troika il governo greco aveva dichiarato entusiasticamente che essa significava “la fine del problema del debito greco”.
 
L'esempio greco continua, in tal modo, a rappresentare una fonte enorme di lezioni, utile a coloro che vogliano imparare.
 
La condanna dell'euro
 
La riunione dell'Eurogruppo si è svolta nella stessa settimana, in cui il PCP teneva a Lisbona una sessione di dibattito intitolata: “La liberazione del paese dalla sottomissione all'euro, condizione per lo sviluppo e la sovranità nazionale” (http://www.avante.pt/pt/2215/pcp/140318/).
 
Guardando alla situazione che oggi si vive in Grecia a partire da questa iniziativa – e da ciò che vi si è detto e ricordato -, risulta chiara l'urgenza del confronto.
 
Gli apologeti dell'integrazione capitalista europea hanno ripetuto fino alla noia che la moneta unica avrebbe portato stabilità, crescita, progresso, convergenza, un più alto livello delle condizioni di vita nei diversi paesi.
 
Al contrario, la moneta unica ha messo la propria periferia con le spalle al muro. Detto con altre parole, l'euro ha posto paesi come la Grecia e il Portogallo davanti a due scelte: o il ricatto degli speculatori, o il ricatto della troika.
 
Alcuni hanno ancora detto che non era così. Critici, autoproclamatisi “europeisti” ma “di sinistra”, ci dicevano che, nonostante tutto, era possibile compensare il cattivo funzionamento dell'euro, interrompere l'austerità e, con altre politiche, far crescere in modo sostenibile e sviluppare i paesi periferici.
 
Le illusioni hanno resistito fino al terzo programma della troika greco e si sono sbriciolate implacabilmente. Nel frattempo, abbiamo avuto il taglio del finanziamento delle banche greche da  parte della BCE, le code di fronte alle banche e ai bancomat, il ricatto permanente della troika, l'ostruzione a qualsiasi politica che cercasse di rispondere ai bisogni più urgenti della popolazione.
 
Non è stato sufficiente. La scalata nel confronto ha posto di fronte alla gravità della scelta tra zoppicare o rompere. Il risultato è noto. La tragedia greca – della quale, in questi giorni, assistiamo a nuovi episodi – non ha spinto a volere abbandonare l'euro. Alla fine si è scelto di rimanere nell'euro.
 
La Grecia è il più nitido ritratto di cosa può succedere, e di fatto è successo, a un paese periferico dell'euro. E anche la più viva dimostrazione dell'indispensabilità di preparare un paese che voglia crescere o svilupparsi, che voglia realizzare un progetto sovrano di sviluppo, a liberarsi dalla sottomissione all'euro e a recuperare la propria sovranità monetaria.
 
*Parlamentare europeo del Partito Comunista Portoghese

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