Aspettando l’elezione del nuovo Presidente della Commissione dell’Unione africana…

Aspettando l’elezione del nuovo Presidente della Commissione dell’Unione africana…

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     Domani si apre il Summit di due giorni (15-16 luglio) dei capi di Stato e di governo dell’Unione africana (Conferenza dell’Unione africana). Tra vari argomenti discussi precedentemente dal 9 luglio dal Comitato dei Rappresentanti Permanenti e assunti dal Consiglio esecutivo (Consiglio dei ministri), argomenti sottoposti alla sanzione del massimo organo dell’Unione africana che si riunirà domani e dopodomani, uno dei nodi da sciogliere come “arretrato” della sessione di gennaio scorso è l’elezione del  Presidente della Commissione africana, istituzione destinata a breve a trasformarsi in “Alta Autorità dell’Unione africana”. Il mandato dell’attuale Presidente della Commissione, Jean PING è già giunto a termine nonché quello dei commissari che costituiscono la sua giunta, una forma particolare del “governo africano”. Due candidature sono in lizza dalla mancata elezione avvenuta nel corso della diciottesima sessione tenutasi all’inizio dell’anno. Il candidato alla propria successione, Jean PING e la candidata sud-africana NKOSAZANA DLAMINI ZUMA (d’ora in poi ZUMA) non sono riusciti ad ottenere i voti necessari per spuntarla. Il duello è stato molto acceso. Per essere eletto il candidato deve ottenere la maggioranza di 2/3 dei voti, quindi 36 su 53 votanti. Dopo quattro giri di voto, seppur sempre in vantaggio, Jean PING non è riuscito ad ottenere la maggioranza qualificata attestandosi all’ultimo giro a 32 voti favorevoli. Tutto è stato quindi rimandato alla sessione che si apre domani. 
     La campagna fra le due sessioni non è stata tenera tra i due pretendenti con accuse reciproche anche a mezzo di stampa. Gli Stati africani sono divisi e mobilitati per l’uno o l’altra. Secondo i sostenitori del Presidente Jean PING proveniente dal Gabon il suo mandato alla Commissione è stato più che soddisfacente iniziando una serie di riforme che il candidato si impegna a portare avanti e a termine nei prossimi quattro anni qualora fosse stato ricondotto. Gli oppositori gli rimproverano invece l’assenza di una leadership africana nella gestione delle crisi che hanno scosso alcuni paesi africani, in primis la Costa d’Avorio e la Libia. A proposito dell’ultimo paese la “Road Map, feuille de route” predisposta dall’Unione africana e sostenuta con convinzione dal Presidente della Commissione uscente è stata “ignorata” dal Consiglio di sicurezza dando priorità all’intervento militare avversato dai Capi di stato e di governo dell’Unione africana. Nella crisi della Costa d’Avorio, nonostante le varie iniziative condotte dalla CEDEAO con il sostegno dell’Unione africana, la soluzione è stata trovata, anche in questo caso, al di fuori del continente africano. Queste considerazioni, a volte eccessive e ingenerose, costituiscono i “principali capi di imputazione” a danno di Jean PING, capi di imputazione respinti da quest’ultimo che punta invece il dito sull’atteggiamento “ambiguo” del Sud-africa, membro non permanente del Consiglio di Sicurezza che votò la risoluzione per l’intervento in Libia e secondo Jean PING le iniziative africane per risolvere il caso della Costa d’Avorio sarebbero state osteggiate dal Sud Africa.
     Indipendentemente degli argomenti messi in campo a sostegno delle due candidature, bisogna soffermarsi sul fatto che le due candidature rimangono “autorevoli”. Il Presidente uscente vanta una discreta esperienza nell’ambito delle organizzazioni internazionali per aver condotto varie delegazioni del suo paese, il Gabon, considerato peraltro da alcuni  “ un emirato dell’Africa centrale” per le disponibilità del petrolio. Sul piano interno ha ricoperto vari incarichi ministeriali, di cui ministro degli affari esteri ai tempi del Presidente Omar BONGO. L’attuale Presidente del Gabon, Ali BONGO, figlio di Omar BONGO, si è messo in prima fila per sostenere la rielezione del “compaesano”. La candidata sud-africana, ZUMA, ex moglie del Presidente sud africano Jacob ZUMA, non manca di autorevolezza. Già ministro degli Esteri, poi dell’Interno, è una delle voci molto autorevoli sul continente africano. Ha sulle sue spalle l’appoggio principale del suo paese, il Sud Africa che dispone di tutte le carte in regola per ambire alla Presidenza della Commissione dell’UA. Basta ricordare che il Sud Africa fa parte del G20, costituisce la forza trascinante dell’economia africana, ha offerto la sua diplomazia nella risoluzione dei conflitti in vari paesi africani, di cui la Repubblica Democratica del Congo, il Burundi etc. E tutt’ora membro non permanente del Consiglio di Sicurezza. Questi “assets” spostano l’equilibrio dei candidati a favore di quest’ultima e non a caso durante la diciottesima sessione della Conferenza dell’Unione africana (gennaio 2012) e la diciannovesima (quella che si apre domani), tante voci si sono fatte avanti chiedendo, invano, al Presidente della Commissione uscente di fare un passo indietro per favorire l’unica candidatura sud africana. Dietro le quinte di questa lotta alla successione si nasconde anche un problema “linguistico” non da trascurare: una divisione tra “francofoni” e “anglofoni”. Dopo due mandati successivi guidati da due “francofoni”, l’ora è giunta per gli “anglofoni” di prendere il timone della Commissione africana. Non a caso la candidatura di Jean PING è tendenzialmente guardata con più favore da parte dell’Africa francofona” come lo è quella di ZUMA da parte dell’Africa “anglofona”. A volte queste differenze “linguistiche” vengono superate dall’appoggio delle Organizzazioni africane di cui fanno parte i contendenti. La SADC si è ad esempio presentata compatta per sostenere la candidatura di ZUMA.
     Non spetta a noi valutare l’operato del Presidente della Commissione uscente. Tutto dipende dall’ampiezza delle sue funzioni politiche che sono più di attrarre l’attenzione e di coordinare le varie iniziative nell’ambito della gestione delle crisi con la consapevolezza che la responsabilità principale del  mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, anche nell’ambito africano, non spetta all’Unione africana, ma al Consiglio di Sicurezza che può sostenere, appoggiare, affiancare le iniziative africane o addirittura delegare le sue funzioni. Se il bilancio da questo punto di vista non dispone a favore del candidato uscente, bisogna anche vedere altri settori in cui agisce la Commissione africana per esprimere un giudizio complessivo. Il Presidente della Commissione africana, stando ai testi giuridici, non è paragonabile al Presidente dell’Unione europea BARROSO. Assume prima di tutto la sua funzione dell’Alto funzionario dell’Unione africana e coordina l’azione dei vari dicasteri che hanno potere di mere raccomandazioni sugli Stati membri. È più un Segretario generale che dà attuazione alle decisioni assunte dalla Conferenza dell’Unione, organo gerarchico che un “Capo dell’esecutivo africano”. La proposta della trasformazione della Commissione dell’Unione africana in “Alta Autorità dell’UA” partecipa dell’intento di rafforzare i poteri della suddetta Commissione.
Qualunque Presidente della Commissione dell’Unione africana che risulterà vincitore tra domani o dopodomani, senza una modifica sostanziale dei suoi poteri né di quelli dei Commissari, senza una leadership personale autorevole, corre il rischio di limitare il suo mandato negli aspetti burocratici dell’Unione africana. Jean PING o ZUMA ? Che vinca Il (la) migliore.
 
KAZADI MPIANA Joseph. Dottore di Ricerca in Diritto internazionale e dell’Unione europea presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

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