I volti dell’Africa: l'inizio

I volti dell’Africa: l'inizio

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Una nuova rubrica di Joseph Kazadi Mpiana -  Dottore di ricerca in diritto internazionale e dell' Unione europea" la Sapienza di Roma"


Se da una parte si guarda con interesse ai primi passi della Libia post Gheddafi con l’elezione  dei 200 membri dell’Assemblea costituente, un lieto evento sulla costruzione delle fondamenta di un “nuovo patto repubblicano libico”, c’è da registrare dall’altra parte tanti passi indietro compiuti in questi  ultimi mesi, settimane e giorni in altri paesi del continente africano, in particolare l’avanzata dei gruppi armati nella conquista delle città, centri abitati, seguita dai saccheggi dei monumenti storici di indubbio valore culturale, l’uccisione delle popolazioni civili o la fuga di queste ultime per cercare a mettersi al riparo dalle atrocità.
Dal Mali fino alla Repubblica democratica del Congo, le atrocità si svolgono sotto lo sguardo impotente della comunità internazionale. Se nel caso della gestione della situazione nel Mali, il mediatore incaricato dalla Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO), il Presidente del Burkina Faso Blaise Compaore, si attiva affinché taccino le armi e sollecita un coinvolgimento di tutte le forze vive del Mali per superare l’impasse e creare le condizioni di un ritorno alla normalità “costituzionale”, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non intravede per ora l’ipotesi di un intervento limitandosi ad incoraggiare e sostenere gli sforzi compiuti nell’ambito regionale e sub regionale africano. Alcune atrocità compiute nel Mali e il saccheggio di beni culturali, patrimonio comune dell’umanità, ammontano ai crimini di guerra della competenza della Corte penale internazionale (CPI). Quest’ultima pronuncerà d’altronde domani 10 luglio la prima sentenza privativa di libertà (il quantum della pena) a carico di Thomas Lubanga, già ritenuto colpevole per il reclutamento dei bambini di meno di 15 anni nel suo gruppo armato nonché la loro partecipazione attiva alle ostilità nella sentenza del 14 marzo scorso. La CPI si pronuncerà anche sulle richieste di risarcimento avanzate dalle vittime. Mentre tanti in Congo guarderanno con interesse alla sentenza della CPI, non potranno distogliere la loro attenzione dei combattimenti tutt’ora in corso nella regione del Kivu con l’avanzata del gruppo armato conosciuto con l’acronimo di M23 che conquista città e centri abitati provocando esodo massiccio di intere popolazioni, a volte vittime degli attacchi mirati. 
Nonostante il fatto che l’esercito regolare sia affiancato dalle truppe delle Nazioni Unite (MONUSCO) per combattere i ribelli, questi ultimi, secondo fonti autorevoli e concordanti, beneficiano di un sostegno da parte di un paese confinante, non riescono ad imporsi. Nella sua Risoluzione del 27 giugno 2012 il Consiglio di Sicurezza ha condannato, in modo generico, l’appoggio esterno ricevuto dai vari gruppi armati nella regione e in modo particolare il gruppo M23. Dalle testimonianze e da un Rapporto delle Nazioni Unite non ancora reso pubblico, il Ruanda, nonostante le varie smentite del suo governo, sarebbe il “fiancheggiatore” del M23. Se fosse tutto confermato, la fiducia nella regione dei Grandi laghi verrà meno e i vari strumenti giuridici conclusi nell’ambito della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (CIRGL 11 Stati membri di cui la Repubblica democratica del Congo e il Ruanda) e il riavvicinamento tra questi due paesi avvenuto nell’ambito della Comunità economica degli Stati della Regione dei Grandi laghi (CEPGL), organizzazione di cui fanno parte oltre alla Repubblica democratica del Congo e al Ruanda il Burundi. Prendendo atto della criticità della situazione, il governo congolese, riunitosi in un consiglio straordinario sabato 7 luglio ha decretato una mobilitazione generale della popolazione per sconfiggere tutto tentativo di destabilizzazione del paese. Questa mobilitazione cresce il livello di tensione con il “ fiancheggiatore” del M23. La riunione dei ministri della  CIRGL prevista dopodomani rischia di trasformarsi in accuse reciproche di “incompetenza della RDC” a risolvere i suoi problemi, tesi assai avanzata dal Ruanda per negare tutto coinvolgimento, e il sostegno logistico e protezione concessi dal Ruanda ai ribelli, tesi della RDC.
In tutta questa situazione, sia del Mali che della RDC, l’Unione africana manifesta di più la sua debolezza come attrice autorevole delle vicende africane. Domani si aprono ufficialmente ad addis-Abeba i lavori della diciannovesima (19) sessione della Conferenza dell’Unione africana con l’incontro dei Rappresentanti Permanenti degli Stati membri. Anche se il tema generale del summit sia dedicato alla promozione del commercio intra africano, un accenno alle vicende attuali del continente non mancherà anche se non c’è da illudersi sul buon esito delle varie raccomandazioni e decisioni che verranno prese a termine del Summit rispetto alla situazione del Mali e della RDC.

Joseph Kazadi Mpiana -  Dottore di ricerca in diritto internazionale e dell' Unione europea" la Sapienza di Roma"

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