Il Mali e l'azione dell'Unione Africana: l'analisi

Il Mali e l'azione dell'Unione Africana: l'analisi

La crisi maliana: l’ennesima spina nel fianco del meccanismo africano di divieto dei cambiamenti anticostituzionali di governi

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     Dalla decisione di Algeri adottata nel luglio 1999 - seguita dalla Dichiarazione sul quadro di reazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) di fronte ai cambiamenti anticostituzionali di regimi nel luglio 2000, impegno ribadito dall’Atto costitutivo dell’Unione africana del 2000, dal Protocollo recante creazione del Consiglio di pace e di sicurezza dell’Unione africana del 2002 e della Carta africana della democrazia, delle elezioni e della governance del 2007, quest’ultima entrata in vigore il 15 febbraio del 2012 con poche ratifiche (15), passando tramite il Regolamento della Conferenza dell’Unione africana nonché delle varie decisioni assunte dal massimo organo dell’UA e del suo Consiglio di pace e di Sicurezza (CPS) - l’Unione africana ha fatto del divieto dei cambiamenti anticostituzionali di governi, ossia dei colpi di Stato, una delle pietre miliari dell’architettura istituzionale mirata a promuovere il consolidamento dei governi democraticamente eletti, mettendoli al riparo di ogni mutamento anticostituzionale. 
   
 L’Unione africana ha predisposto a proposito un meccanismo di reazione (la Dichiarazione del 2000), definendo le situazioni rientranti nella fattispecie dei cambiamenti anticostituzionali di regimi (o meglio dei governi) nel Regolamento della Conferenza dell’UA del 2002, precisando e completandole nella Carta del 2007. Quest’ultima prevede addirittura che il cambiamento anticostituzionale di governo costituisce un reato perseguibile a carico dei golpisti anche sulla base della competenza universale; gli Stati si impegnano a fornirsi reciproca assistenza giudiziaria nel proseguire il suddetto reato. La procedura di attivazione e il regime di sanzioni contro i governi anticostituzionali sono stati messi a punto e sviluppati attraverso gli atti di natura pattizia e derivata. Le organizzazioni regionali africane prestano la loro collaborazione. La maggior parte di esse, come la SADC, la CEDEAO, sono state attive nell’impegnarsi contro i cambiamenti anticostituzionali avvenuti nelle loro aree geografiche con il sostegno dell’UA o dalle proprie iniziative. 
   
 Dal Madagascar alla Mauritania, dalla Guinea alle Isole Comore, diplomazie congiunte o paralleli sono state messe a punto per reagire contro i cambiamenti anticostituzionali di governo. Dal 1999 ad oggi più o meno una ventina di cambiamenti o tentativi di cambiamenti vietati sono stati registrati e l’Unione africana, con il contributo delle organizzazioni africane di pertinenza o delle Nazioni unite, ha reagito di fronte all’occorrenza secondo uno schema ormai rituale: condannazione, sospensione della partecipazione dei golpisti ai lavori degli organi dell’UA, ultimatum per tornare alla situazione che prevaleva prima del colpo di Stato o nel caso contrario impegnare le “nuove autorità” che non possono essere riconosciute dall’UA a predisporre une “feuille de route” per organizzare in un tempo ragionevole le elezioni libere e democratiche alle quali non dovrebbero, in linea di massima, partecipare. Le sanzioni sono previste, comminate e tolte in base all’evolversi positivo della situazione. Nella maggior parte dei casi i governi deposti non rientrano in carica e quindi il ritorno alla “legalità costituzionale precedente”, uno degli obiettivi del meccanismo dell’UA, si traduce in una nuova” legalità costituzionale posteriore” che tende a legittimare tramite vere o finte elezioni democratiche le autorità di fatto. 
     
Nel nostro articolo ci soffermiamo sul caso recente avvenuto in Mali dal 22 marzo 2012 con il colpo di Stato militare ai danni del governo in carica democraticamente eletto. L’obiettivo dell’articolo consiste a scrutinare i limiti dell’architettura istituzionale dell’UA nell’ambito del divieto dei cambiamenti anticostituzionali di governo e l’individuazione di alcune soluzioni che potrebbero dare vigore ad un meccanismo che nel suo principale obiettivo è lodevole, ma rimane deficitario nella sua messa in pratica. Il colpo di Stato avvenuto il 22 marzo 2012 ha rovesciato Amadou Toumani Touré, il Presidente democraticamente eletto nel 2002, rieletto nel 2007 a più o meno due mesi dalla scadenza del suo mandato. Il Mali fa parte dei pochi paesi africani ad avere inaugurato il vento del cambiamento a seguito della tenuta della conferenza nazionale segnando una nuova era di democratizzazione. Il Presidente deposto ha contribuito al vento di cambiamento rovesciando l’ex dittatore MOUSSA TRAORE ed organizzando una transizione a termine della quale fece adottare una nuova costituzione e consegnò il potere al Presidente democraticamente eletto Alpha Oumar KONARE prima di presentarsi alle elezioni del 2002 e 2007 che vinse. 
   
 Il colpo di Stato , che segna peraltro un passo indietro, è stato giustificato dalla giunta militare dall’incapacità del governo deposto a fronteggiare la ribellione nel Nord del Mali, ribellione che sarebbe affiancata da gruppi terroristi. La CEDEAO, in sintonia con l’UA e il sostegno delle Nazioni Unite, si è subito attivata raggiungendo il 6 aprile 2012 un Accordo con le autorità di fatto per sanare il cambiamento “anticostituzionale” con le dimissioni ufficiali del Presidente Amadou Toumani Touré (già deposto), sostituito dal Presidente dell’Assemblea nazionale come Presidente ad interim del Mali il 12 aprile, con un nuovo Primo ministro per un periodo transitorio di 12 mesi. A termine di tale periodo verrà organizzata l’elezione presidenziale libera e democratica. Per aver facilitato la conclusione dell’Accordo rimettendo ai civili il potere, il capitano Amadou Sanogo, capo della giunta militare per il golpe del 22 marzo, è trattato con lo status di un ex Capo di Stato con i privilegi afferenti al medesimo status!
 
     La gestione della situazione nel caso del Mali assomiglia ad analoghe situazioni che hanno avuto luogo nei diversi Stati africani. Il ritorno alla legalità costituzionale dopo il colpo di Stato non è avvenuto come lo prevede il meccanismo africano ad hoc. Al contrario si è proceduto per un accordo determinando un periodo di transizione a termine del quale verranno organizzate nuove elezioni ed a volte si giunge ad un nuovo assetto costituzionale archiviando quello che si intende o intendeva proteggere. Nel caso specifico del Mali, le dimissioni del Presidente Amadou Toumani Touré, già deposto, intervenute ufficialmente l’8 aprile costituiscono un atto formale per tentare di rientrare nell’ordine costituzionale con la successiva designazione dell’allora Presidente dell’Assemblea Nazionale,(delfino presidenziale secondo la Costituzione in caso di dimissioni), DIONCOUNDA TRAORE come Presidente ad interim e l’instaurazione di un periodo transitorio di dodici mesi non previsto dalla Costituzione in vigore. Se l’Accordo raggiunto nell’ambito della CEDEAO ha consentito alla giunta militare di riconsegnare il potere alle autorità civili e di prevedere una fase transitoria coinvolgendo anche gli insorti operando nel nord del paese, bisogna interrogarci sui limiti del divieto dei cambiamenti anticostituzionali di governo, cavallo di battaglia dell’UA e delle Organizzazioni regionali africane per favorire l’accesso al potere in Africa tramite mezzi democratici come libere elezioni. Il limite evidente viene dal fatto che il meccanismo insiste sull’accesso al potere e non sul suo esercizio. In effetti un governo democraticamente eletto può trasformare l’esercizio di potere nel despotismo e l’autoritarismo comprimendo le libertà politiche dei cittadini. Occorre proteggere siffatti governi da cambiamenti anticostituzionali che mirano ad un nuovo ordine costituzionale ? Alla luce della primavera araba, a parte il caso particolare de la Libia, le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto hanno dimostrato i limiti del meccanismo africano che vieta i cambiamenti anticostituzionali di governo. I cambiamenti intervenuti in quei paesi, pur presentando gli aspetti di cambiamenti anticostituzionali, hanno dato vita ad una nuova fase transitoria verso un nuovo assetto politico e costituzionale. 
 
     Peraltro il meccanismo africano contro i colpi di stato tende a proteggere i governi attualmente in carica. Più della metà dei capi di Stato africani sono arrivati al governo dopo colpi di stato che hanno legittimato in seguito tramite vere o false elezioni democratiche; ciò ha determinato anche una carenza dell’alternanza al governo favorendo una personificazione e personalizzazione del potere. Le poche disposizioni costituzionali che limitano il numero dei mandati presidenziali sono state soppresse a mezzo di revisioni costituzionali assai discutibili o tramite un voto plebiscitario sancendo in qualche modo la confisca del potere con un mandato “a vita” sui generis. In questo modo l’unica possibilità per scuotere il regime passa per un cambiamento anticostituzionale di governo che può prendere diverse forme. Occorre proteggere i governi sopra citati dagli eventuali cambiamenti anticostituzionali ? La risposta ci sembra negativa. Come spiegare il ritorno “prepotente” dei colpi di stato in tanti paesi africani e il trattamento di riguardo nei confronti dei golpisti, nonostante le condanne iniziali e le sanzioni, a volte poco efficaci, questi ultimi finiscono per  imporsi come interlocutori imprescindibili?
 
     La Carta africana della democrazia, delle elezioni e della governance (la carta in seguito) adottata nel 2007 e in vigore dal 15 febbraio 2012 rafforza il regime sanzionatorio a danno dei golpisti considerando il colpo di stato come reato perseguibile anche tramite il principio di “ giudicare o estradare”. Il Mali fa parte dei tanti Stati africani che l’hanno firmata ma senza averla ratificata. Al 19 luglio 2012 solo 17 Stati avevano provveduto a ratificare la suddetta Carta su un totale de 53 Stati membri dell’Unione africana. La Carta sancisce alcuni principi di base per favorire la democrazia e limita su taluni aspetti alcune revisioni costituzionali operate in modo discutibile per prolungare i mandati presidenziali. Alla luce delle disposizioni vincolanti contenute nella suddetta Carta, non ci sembra che l’entusiasmo dimostrato nella sua adozione corrisponda alla sua massiccia ratifica. Già in alcuni Stati dove la Carta è stata ratificata come in Mauritania, Guinea, dei colpi di stato sono stati perpetrati!
 
     Nonostante i buoni propositi del divieto dei cambiamenti anticostituzionali promosso dall’Unione africana e delle Organizzazioni regionali africane per contribuire all’edificazione dello Stato di diritto in Africa, le difficoltà maggiori sorgono all’interno degli Stati stessi dove il rispetto della Costituzione viene rivendicato dal governo al potere nelle disposizioni favorevoli a quest’ultimo, modificata  a colpi di revisioni costituzionali per renderla più agevole al potere. La carenza dell’alternanza democratica è un dei sintomi che favoriscono dei cambiamenti anticostituzionali di governo in quanto impedisce una maggior partecipazione dei cittadini alla vita politica traducendosi in una confisca del potere nelle mani di pochi che si identificano così al potere. Quindi per rafforzare l’obiettivo principale del divieto dei cambiamenti anticostituzionali di governi in Africa bisogna promuovere non tanto le modalità d’accesso al governo, ma l’esercizio del potere. La pratica dimostra che al di fuori di qualche colpo di stato che si potrebbe giustificare, tanti hanno avuto luogo nei paesi in cui il Presidente è stato democraticamente eletto senza che questa modalità si rifletta anche nel suo esercizio. Un governo democraticamente eletto e che esercita il potere secondo questa modalità dovrebbe e deve essere protetto da cambiamenti anticostituzionali di governi per troncare le velleità del ricorso alle armi per accedere al governo. Il meccanismo africano sarà più credibile se riesce principalmente a coniugare le due esigenze: l’accesso e l’esercizio democratici del potere.
 
KAZADI MPIANA Joseph. Dottore di Ricerca in Diritto internazionale e dell’Unione europea presso l’Università di Roma “La Sapienza”. E-mail: kazadimpiana@hotmail.com.

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