L’Arazzo di Bayeux e le manie di grandezza di Macron



Qualche giorno fa ha avuto luogo il 35° summit bilaterale tra Regno Unito e Francia. Il sempre più baldanzoso presidente francese si è presentato a Theresa May con la promessa di prestare a Londra l’Arazzo di Bayeux, opera d’arte realizzata in Normandia o in Inghilterra nella seconda metà dell'XI secolo che descrive per immagini alcuni degli avvenimenti chiave relativi alla conquista normanna dell'Inghilterra nel 1066. Anche se è curioso presentarsi in un paese offrendo un’opera d’arte che ne racconta la conquista straniera e che comunque bisognerà aspettare molti anni (forse fino al 2022) prima di esporre l’opera in Inghilterra, il gesto è sicuramente di grande effetto ed è l’ennesima dimostrazione delle manie di grandezza del presidente francese. Celebrazioni a parte, l’obiettivo di Macron era rinegoziare l’Accordo di Le Touquet e impegnare Londra in una politica estera e militare comune.





L’Accordo di Le Touquet risale al 2003 e consente alla polizia britannica di svolgere attività di controllo sulla sponda francese del Canale della Manica in cambio dell’impegno a partecipare ai costi delle infrastrutture necessarie a spostare il controllo del confine britannico sul territorio francese. Dopo tanti anni, Parigi è convinta che il patto abbia favorito soprattutto Londra. L’accordo è rimasto in piedi ma Theresa May si è impegnata a mettere in campo nuove misure e a investire altri 50 milioni di euro in barriere, telecamere e sistemi ad alta tecnologia per controllare la frontiera di Calais e degli altri porti francesi affacciati sulla Manica, che con la Brexit diventeranno a tutti gli effetti la nuova frontiera dell’Unione Europea.


Dal punto di vista della cooperazione militare, Londra si è impegnata a schierare alcuni elicotteri Chinook e una cinquantina di soldati a fianco delle truppe francesi in Mali, con il solito pretesto di combattere il terrorismo islamico nel Sahel mentre la Francia rafforza e consolida la sfera d’influenza in quelle che una volta erano le sue colonie africane e che oggi sono paesi chiave dell’economia e della visione geopolitica francese. La Francia ricambierà rafforzando la propria partecipazione alla missione della NATO in Estonia a conduzione britannica, una missione che serve a fare pressione sul Cremlino nascondendosi dietro allo spettro dell’invasione russa nei paesi baltici. La Francia non è un paese ascrivibile al gruppo di paesi europei ostili alla Russia e gode di una certa libertà all’interno della NATO quindi il gesto è molto rilevante. La notizia più importante però è l’incontro tra i vertici dei servizi segreti dei due paesi militarmente più forti della Ue con la decisione di creare un comitato d’intelligence condiviso tra Londra e Parigi, di progettare sistemi aerei comuni per le proprie flotte di droni e di schierare entro il 2020 una forza militare compartecipata di 10.000 unità da tenere sempre pronta al dispiegamento operativo.


L’idea di Macron è coinvolgere il Regno Unito nella European Intervention Initiative (EII), una nuova struttura per la difesa della Ue che nell’idea macroniana dovrebbe rendere le forze armate europee più indipendenti dagli Stati Uniti. Tutto questo avviene in maniera indipendente – e anche un po’ a sfregio, diciamolo – rispetto alla Permanent Structure of Cooperation (PESCO) annunciata qualche tempo fa da Federica Mogherini e Donald Tusk. Francia e Regno Unito sono gli unici paesi della Ue ad essere potenze nucleari e ad avere delle forze armate veramente in grado di mettere in campo uno schieramento operativo completo, quindi una loro cooperazione militare esclusiva mette completamente in secondo piano tutti gli altri paesi europei, con buona pace della Mogherini e della sua PESCO che all’atto pratico è più forma che sostanza.





Tutta questa confusione, ipocrisia e sovrapposizione di strutture e organizzazioni la dice lunga sulla sostenibilità del progetto europeo, ma le assurdità non finiscono qui.



Il giorno dopo aver lisciato il pelo a Theresa May, Macron ha ricevuto Angela Merkel a Parigi per discutere con lei del rilancio dell’Unione Europea. Le idee sono le solite: stanziamento di un budget della zona euro separato dalla Ue per contrastare gli shock economici e la creazione di un Ministro delle Finanze dell’Eurozona. Adesso, a parte il fatto che sarebbe più corretto discutere di queste anche con gli altri stati membri della zona euro, va ricordato che Angela Merkel in questo momento non è nella posizione di dare nessuna garanzia a Macron. Nel suo partito è forte l’opposizione al budget comunitario e l’unica possibilità che la proposta di riforma venga messa nel programma del governo tedesco è la formazione della terza Grosse Koalition (GroKo) con i socialdemocratici dell’europeista Martin Schulz, un’eventualità ancora tutta da vedere visto che nonostante l’esito positivo del congresso della SPD di ieri ancora non è chiaro né se la GroKo sarà fatta, né tantomeno come sarà fatta.



Macron sta portando avanti una politica estera basata sulla centralità della Francia e dei rapporti bilaterali, che è proprio l’opposto della postura di salvatore dell’europeismo che gli è stata attribuita. Si è messo d’accordo con il Regno Unito per le questioni militari e con la Germania per quelle della governance della Ue e dell’eurozona, senza pensare minimamente a come l’avrebbero presa a Bruxelles. Per quanto riguarda l’Italia, sta portando avanti il Trattato del Quirinale, patto bilaterale che servirà a rafforzare le relazioni tra Italia e Francia in base agli interessi dell’Eliseo visto che è chiaro chi tra Parigi e Roma stia conducendo i giochi di questo negoziato. Sono tutti patti bilaterali esclusivi che servono a costruire un’Unione Europea a misura della Francia dopo che per tanto tempo è stata costruita a misura della Germania. Questo modo di fare non porterà a niente di buono, anche se per adesso il comportamento di Macron non sembra allarmare più di tanto i grandi partner europei.



L'incontro con le multinazionali


Alle 13:00 di oggi il governo francese riceverà nella Reggia di Versailles più di 100 manager delle più grandi multinazionali globali, invitati a presentare i loro piani per investire in Francia e prendere il paese governato da Macron come punto di riferimento per operare nell’Unione Europea. Lui arriverà solo in serata per un discorso a porte chiuse. Le adesioni sono state tante, si parla dei grandi manager di Facebook, Goldman Sachs, JPMorgan, McKinsey, Coca Cola e poi gli italiani di Barilla, Lavazza, Fincantieri e altri ancora provenienti da tutto il mondo. Un altro grande successo per l’ex funzionario della banca d’affari Rothschild & Co.


Dopodiché, da martedì tutti a Davos (Svizzera) per il World Economic Forum, dove i capi di governo andranno a farsi belli alla corte dell’1% che comanda il mondo. Macron parlerà mercoledì, accreditandosi agli occhi dei potenti come l’unico governante stabile del vecchio continente in difesa dei valori della globalizzazione. Molti pensano che cercherà di coagulare un fronte anti-Trump, magari insieme alla Merkel, ma questo è tutto da vedere. Macron e Trump si sono già visti in passato e sembrano intendersi molto meglio rispetto a tanti altri leader mondiali.


Il giorno dopo invece parlerà Paolo Gentiloni, ma di questo non gliene importa niente a nessuno, a parte i media nazionali che devono riempire le strisce dei telegiornali.



Federico Bosco


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