Jurgen Stark a Faz: "La Bce è sul sentiero sbagliato"


di Dennis Kremer, FAZ

26 luglio 2020


Signor Stark, lei è stato capo economista Bce fino alla fine del 2011 e ora è considerato uno dei suoi critici più affilati. È soddisfatto del lavoro svolto dalla BCE nella crisi del coronavirus?

L’inizio di questa pandemia non avrebbe potuto venire per la Bce in un momento meno favorevole. In quanto, già sotto il suo precedente presidente Mario Draghi, essa ha mancato di avviare l’uscita dalla sua politica monetaria estremamente accomodante. Così regnava l'impressione generale, che la banca centrale in caso di una nuova crisi non possedeva alcuna significativa linea di azione possibile. Ma poi ha gestito molto bene e ha deciso per un programma di acquisto di obbligazioni aggiuntivo con un volume di oltre 1000 miliardi di euro.
La Bce ha fatto due cose. In primo luogo, ha messo a disposizione liquidità aggiuntiva quando, all'inizio della crisi, si trattava di ridurre l'incertezza sui mercati finanziari. Questa fu una reazione rapida e corretta, io penso. A quel tempo, la presidente di Bce Lagarde sottolineò, che combattere la crisi è un affare dei governi. Pure ciò l'ho trovato corretto. Tuttavia, la signora Lagarde e i suoi colleghi hanno poi molto rapidamente cambiato posizione e con ciò iniziato ad acquistare su larga scala ulteriori titoli di stato dei paesi dell'euro, peraltro oltre ai programmi di acquisto di obbligazioni esistenti. Ciò non era, a mio avviso, né necessario né appropriato.



La Bce avrebbe dovuto, nella più grave crisi da molti anni, semplicemente osservare?

La politica monetaria era allora già estremamente accomodante. E dunque si deve affrontare ogni crisi con un nuovo strumento o un nuovo programma? All'inizio della pandemia, Christine Lagarde ha giustamente richiamato l’attenzione sulla responsabilità dei governi europei. Quando questi poi hanno agito e il debito pubblico è esploso, Bce è diventata attiva con il nuovo programma di acquisto e ora livella i diversi costi di rifinanziamento tra i paesi dell'euro. Ciò significa: il rischio che questi stati non ripaghino più i propri debiti, non è più valutato correttamente dai mercati finanziari. Questo invia segnali sbagliati. Questa critica è viva già da anni. Tuttavia, gli interventi di Bce non ha portato a grandi sconvolgimenti sui mercati.
Accordato, il tutto non è privo di paradossi: al fine di tenere sotto controllo i rischi, Bce stessa è diventata un'istituzione carica di molti rischi. Essa, con gli acquisti di obbligazioni, ha ampliato il proprio bilancio a circa il 50 percento del Pil dell'area dell'euro. Provi ad immaginarselo!



Quali conseguenze lei teme?

Ad un bilancio della banca centrale in rapida espansione, si accompagna un graduale cambiamento nel nostro sistema economico. La Bce si è esposta ad una enorme dipendenza dai governi dei paesi dell'euro. Poiché essa non può facilmente uscire da questi programmi obbligazionari, altrimenti ciò porterebbe a un forte aumento dei tassi di interesse obbligazionari e si concluderebbe in una gigantesca crisi del debito sovrano. Fondamentalmente, la BCE è diventata - deliberatamente lo dico così duramente – la complice, che rende più facile la sopravvivenza finanziaria degli stati con politiche fiscali ed economiche fallite.
La Bce afferma di agire nell'ambito del mandato. Le misure sarebbero necessarie, per portare il tasso di inflazione a medio termine nei pressi del valore obiettivo di circa il due percento.
Le misure non corrispondono più già da lungo tempo al ristretto mandato, che un tempo si è conferito a Bce. A prescindere da quanto cavillosamente si argomenti: economicamente, si tratta di finanziamenti monetari agli stati [Monetary Financing], pure se i giuristi vorrebbero vederla diversamente. E il finanziamento monetario agli stati, a Bce è semplicemente vietato.
Ma, dalla crisi del debito sovrano del 2010, la Bce è diventata sempre più un'istituzione politicizzata, la quale non prende sul serio tali preoccupazioni. A breve, apparterranno al Consiglio Bce cinque ex ministri dell'economia e delle finanze: Mário Centeno dal Portogallo, Luis de Guindos dalla Spagna, Olli Rehn dalla Finlandia, Peter Kažimír dalla Slovacchia - e ovviamente Christine Lagarde. Ciò non è mai accaduto prima.
L'impronta politica della Bce è tangibile pure nella sua intenzione di contribuire alla protezione del clima.
La Corte costituzionale federale [Karlsruhe], in maggio, ha stabilito che Bce deve dimostrare al Bundestag di tenere conto, al momento di prendere le proprie decisioni, pure delle conseguenze negative. Pure questo non è mai accaduto prima.
Ho grandi preoccupazioni, quando Bce deve rispondere a parlamenti nazionali o pure ad un tribunale. Ciò mette senza dubbio a repentaglio la sua indipendenza.
Bisogna tuttavia chiedersi, se Bce stessa non abbia messo in dubbio la propria indipendenza, entrando in un territorio che non è il suo. Naturalmente, ogni misura di politica monetaria ha effetti collaterali, che possono essere osservati sui mercati finanziari, nella distribuzione della ricchezza o nella politica economica. Ma Bce ha assunto misure volte, nella realtà dei fatti, al sostegno di singoli Paesi, davanti al mandato di stabilità dei prezzi. Essa non dovrebbe essere sorpresa dalle conseguenze di questo auto-conferimento di potere [Selbstermächtigung].



La via che il Bundestag e Bce hanno trovato per aggirare la sentenza, è per lei corretto?

Alcuni ora pretendono che si tratti di arte del grande uomo di stato. Io lo vedo diversamente.
L'intero procedimento si è trasformato in una farsa: la Bce ha inviato documenti interni al Ministero delle finanze federale tramite la Bundesbank, i quali hanno lo scopo di dimostrare la proporzionalità delle sue decisioni e, a sua volta, il Ministero li ha messi a disposizione del Bundestag. Non si può parlare di alcun vero esame.
Ciò lei afferma facilmente.
No, questa è una deduzione logica dalla successione degli eventi. Nello stesso giorno in cui i documenti di Bce sono stati giunti nel Ministero delle finanze federale, essi sono subito al Bundestag con una valutazione positivo. I deputati hanno avuto poco tempo, per occuparsene. Per il governo e il Bundestag, una cosa era chiara a priori: si accetta ciò che Bce offre fornisce.
Conosco molto bene Bce e so che il concetto di proporzionalità, che è così importante per la nostra corte costituzionale, non ha avuto in passato alcun ruolo. Quando ora il Bundestag constata che Bce "tiene sistematicamente conto della proporzionalità nelle decisioni di politica monetaria", ciò non è degno di fede. È un attestato spensierato.



Al vertice dell'UE, i capi di governo hanno deciso di avviare un programma di ricostruzione da 750 miliardi di euro. Ciò era proporzionato?

No, per niente. In verità, non si tratta di ricostruire dopo il coronavirus. Cosa deve essere ricostruito? Assolutamente nulla è stato distrutto!
Invece di ciò, viviamo un gigantesco indebitamento della Ue, per il quale non esiste una base giuridica. I trattati europei prevedono che, nel bilancio della Ue le entrate debbano compensare le spese. Io vedo in ciò una rinnovata violazione dei tabù e del diritto.
Ma ciò che è stato deciso a Bruxelles non è anche, con tutti i conflitti, un segno di solidarietà europea?
Ciò io non riesco a vederlo. Mi chiedo: si tratta davvero di solidarietà? O si è ceduto al tentativo di estorsione da parte dei paesi beneficiari e il programma è stato deciso solo perché alcuni Stati membri dell'area dell'euro, come l'Italia, erano già prima dell'inizio della pandemia indebitati sino alla gola?
Non si deve inoltre dimenticare che la solidarietà non è una strada a senso unico. Coloro i quali la richiedono ora, non si sono mostrati col loro comportamento solidali di fronte alla valuta comune, l'Euro.



L'UE è ora diventata un'unione di trasferimento?

Sì. Attraverso la porta sul retro noi ora abbiamo una comunità del trasferimento e della responsabilità debitoria. Pure ciò non risponde allo spirito dei trattati europei. Essi sottolineano sempre la responsabilità degli Stati membri. Ciò che stiamo vivendo, è la definitiva rottura con questo principio.
Molti considerano le decisioni di Bruxelles come progressi.
Purtroppo non posso condividere questa posizione di fondo. Ciò che viviamo, non è un'opportunità per l'Europa, ma è più probabile che porti a nuovi conflitti tra i paesi donatori e quelli beneficiari.
Per programma Ue battezzato "Next Generation EU", risponderà, in realtà, la prossima generazione, se i politici di oggi non saranno più responsabili.
Lei è almeno ottimista sul fatto che l'inflazione rimarrà sotto controllo? O ti aspetti un aumento?
Nei prossimi mesi il tasso di inflazione inizialmente scenderà, ciò che ha a che fare pure con la riduzione dell'IVA in Germania.
Ma a medio termine si sta già accumulando un potenziale di inflazione: i vari stimoli, che i governi o la BCE hanno adottato, sono difficili da ritirare. Se l'economia ritorna al suo percorso di crescita, ciò può portare rapidamente a prezzi più alti. Sottolineo, tuttavia, che questo è uno scenario possibile, non una previsione.



Signor Stark, ha lasciato la BCE più di otto anni fa. Perché lei ancor oggi si impegna così tanto nelle questioni della politica monetaria?

Sono un banchiere centrale convinto, non è così facile da mettere da parte. E sono sempre stato sostenitore di un mandato stretto per la banca centrale.
All'epoca, mi sono dimesso dal mio ruolo di capo economista, perché ho visto che Bce correva il rischio di finire sul binario sbagliato. Non riuscivo a fermare tale sviluppo, ma non volevo farne parte. Oggi devo affermare che ciò che temevo, non solo è avvenuto, ma pure peggio [di come avessi temuto].


(Traduzione di Musso)

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