Gli USA abbandonano il monetarismo, in Europa va mandato al macero il Fiscal Compact



di Guido Salerno Aletta - Teleborsa

Basta una parola per cambiare la politica monetaria americana: aggiungendo "media" con riferimento all'inflazione del 2%. Siccome non si dice in quale periodo pluriennale si calcola la media, che è mobile, il gioco è fatto: l'economia va sostenuta ad ogni costo, l'occupazione è prioritaria, la rendita finanziaria può andare a picco.


Erano quarant'anni che l'obiettivo della stabilità della moneta, con un tasso di inflazione vicino ma non superiore al 2%, era diventato un mantra ossessionante.


La nostra storia, quella degli Usa e quella dell'Italia si è piegata davanti a questo tabù, che ha creato ricchezze immense e povertà spaventevoli.


Vi racconto perché.


Io, i miei vecchi libri di economia, quelli su cui ho studiato, da Caffè a Forte, da Lipsey a Baffi, da De Cecco a Modigliani, non li ho mai buttati. E poi Napoleoni, quello sì che mi affascinava: con il collettaneo dal titolo "L'inflazione e le inflazioni", la monografia sul "Valore" e l'ultimo addio: "Cercate ancora". Di manuali non ho quelli di Monti, di Andreatta, e di Draghi: introvabili.


Ma non resistetti al desiderio di leggerlo, "Liberi di scegliere", scritto a due mani da Milton e Rose Friedman, quando uscì: il monetarismo soppiantava il keynesismo.


E lo ricordo come se fosse oggi, quando anche l'Italia decise di alzare i tassi di interesse come in America, per schiacciare l'inflazione: era l'80, e sono passati quarant'anni esatti.


Spezzare la rincorsa tra prezzi e salari, eliminando la scala mobile, fu l'altro pilastro della politica di quegli anni: il referendum fu decisivo nella affermazione del nuovo pensiero dominante rispetto agli anni in cui la sinistra proclamava con orgoglio che i salari erano una variabile indipendente.

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