Non chiamateli terroristi



di Paola Di Lullo

È venerdì sera a Gerusalemme Est Occupata. In Sultan Suleiman Street, vicino alla porta di Damasco, tre palestinesi, Adel Hasan Ahmad Ankoush, 18 anni, Baraa Ibrahim Salih Taha, 18 anni e Osama Ahmad Dahdouh, 19 anni, tutti del villaggio di Deir Abu Mashal, vengono uccisi a sangue freddo dall'esercito israeliano. Secondo le dichiarazioni della portavoce, Lubna al-Samri, i tre palestinesi, armati di coltello e di una pistola automatica, avrebbero attaccato in due diversi luoghi, sempre adiacenti alla Porta di Damasco. Due dei tre, avrebbero aggredito poliziotti israeliani con coltelli e la pistola, mentre il terzo, avrebbe pugnalato una soldatessa israeliana. Hadas Malka, 23 anni, morirà poco dopo, all'ospedale di Monte Scopus, per le ferite riportate.





Secondo le dichiarazioni della polizia di frontiera, "Hadas ha lottato per qualche secondo con il terrorista, che l'ha pugnalata diverse volte mentre lei cercava di disarmarlo. I suoi compagni, presenti sulla scena, hanno sparato al terrorista, uccidendolo".


Hadas aveva cominciato il servizio militare nella marina, ma si era battuta per poter essere assegnata alla polizia di frontiera, dove pensava di poter offrire un maggior contributo al suo paese. Lo zio, Yaakov Abutbul, ha dichiarato: "Non voleva essere in marina, voleva un servizio significativo, voleva contribuire, era patriottica come nessun altro".



Lo zio a aggiunto che "Hadas era rifiorita quando aveva cominciato a prestare servizio nell'esercito, e la nostra bandiera aveva un gran significato per lei".


Dopo aver terminato il suo servizio militare obbligatorio, Hadas aveva lavorato per diversi mesi nel porto di Ashdod, prima che le venisse offerto di tornare all'esercito, precisamente nella polizia di frontiera, per un anno e tre mesi.


Il suo ultimo messaggio su WhatsApp recita "Shabbat Shalom ai miei amici preferiti".


Il Fronte popolare di sinistra per la liberazione della Palestina (PFLP) ed Hamas hanno entrambi rivendicato l'azione.


I media israeliani hanno riferito che l'ISIS aveva rivendicato l'attacco. Tuttavia, i leader palestinesi hanno rifiutato qualsiasi correlazione tra ciò che considerano parte della legittima resistenza palestinese contro l'occupazione israeliana ed il "terrorismo" islamico.


Hamas ha negato quanto riportato, affermando che, individuare il sedicente stato islamico dietro l'attacco, è unicamente un tentativo di confondere della situazione. Hamas ha confermato che uno dei tre palestinesi, Adel Hasan Ahmad Ankoush, faceva parte del movimento, mentre gli altri due erano membri del PFLP.


Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha dichiarato che l'attacco venerdì è parte della resistenza palestinese contro l'occupazione israeliana di quasi mezzo secolo ed una "reazione naturale ai crimini dell'occupazione".


Nel frattempo, il PFLP ha lodato gli aggressori come "eroi" e l'attacco è stato definito "operazione eroica" in un "momento critico per difendere la resistenza palestinese".


Sia Baraa Salih Taha e Osama Ahmad Dahdouh erano membri del gruppo.


I rappresentanti delle Nazioni Unite e dell'Unione europea hanno denunciato l'attacco sabato.


L'inviato delle Nazioni Unite al processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, ha dichiarato che "tali atti terroristici devono essere chiaramente condannati da tutti. Sono spaventato che ancora una volta alcuni ritengono opportuno giustificare tali attacchi come "eroici ". Sono inaccettabili e cercano di trascinare tutti in un nuovo ciclo di violenza".


L'ambasciatore dell'UE in Israele, Lars Faaborg-Andersen, ha dichiarato su Twitter: "Condanno gli attacchi terroristici di ieri a Gerusalemme in cui Hadas Malka è stata uccisa, le mie condoglianze alla sua famiglia e alla collega".


L'ambasciatore di Israele all'ONU, Danny Danon, ha riferito di aver accusato l'Autorità Palestinese di incoraggiare gli attacchi attraverso il controverso programma di ricompensa dei "martiri" che fornisce indennità finanziarie alle famiglie di palestinesi imprigionati, feriti o uccisi dalle forze israeliane.


"La leadership palestinese continua a promuovere il proprio sostegno alla pace, facendo pagamenti mensili ai terroristi e educando i loro figli ad odiare. La comunità internazionale deve esigere che i palestinesi porti fine a questi intollerabili atti di violenza", ha detto.


Mentre i leader israeliani spesso indicano l'incitamento palestinese come causa di tali attacchi e spesso tentano di collegare gli attacchi alla cosiddetta "guerra al terrore", i palestinesi hanno citato invece le frustrazioni quotidiane e la violenza militare israeliana imposte dall'occupazione del territorio palestinese come fattori principali per tali attacchi.


Dopo l'attacco di venerdì, le forze israeliane hanno messo il villaggio della West Bank di Deir Abu Mashal sotto totale chiusura e hanno razziato le case delle famiglie dei palestinesi uccisi, avvertendo le famiglie che le loro case saranno presto demolite, secondo la politica israeliana della "punizione collettiva", come più volte denunciato dalle associazioni per i diritti umani.


Nel frattempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha revocato tutte le autorizzazioni rilasciate ai palestinesi per entrare a Gerusalemme e Israele per il mese sacro musulmano di Ramadan.


Il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld ha dichiarato inoltre che "operazioni di polizia condotte in Gerusalemme alla ricerca di palestinesi che entravano in modo illegale, hanno portato alla detenzione di 350 palestinesi in un solo giorno, tutti espulsi e costretti a rientrare in Cisgiordania.


Così, in un solo pomeriggio, quattro giovani vite sono state spezzate. Troppo facile per i giornali israeliani, per l'ONU e l'UE definire "terroristi" i palestinesi, ed eroina, la soldatessa israeliana. Ragazza anche lei, certo, ma cresciuta ed educata credendo che la Palestina, o come lo chiamano loro, Israele, sia il suo, il loro paese, a loro promesso ed a loro spettante. A questi ragazzi viene inculcata la cultura dell'odio verso i palestinesi, la concezione che siano terroristi da cui bisogna difendere sé stessi ed il proprio paese, non persone stremate da 70 anni di un'occupazione umiliante, discriminante, alla quale hanno tutto il diritto di ribellarsi, ben sapendo che, con gesti come questo, troveranno la morte. Quindi, da un lato la giustizia, la poliziotta che difende e protegge il paese, orgogliosa di farlo, dall'altra, i terroristi contro cui le hanno insegnato a combattere. Chissà se nella sua giovane vita Hadas aveva mai visto un checkpoint, se aveva sentito parlare di detenzione amministrativa, se aveva arrestato ragazzini, se aveva visitato le carceri del suo paese. Chissà se Hadas sapeva che i suoi avi hanno distrutto oltre 500 villaggi palestinesi, hanno deviato corsi d'acqua, iniquamente razionata per i soli palestinesi, rubato terre e case. Chissà se era al corrente dei tanti insediamenti illegali costruiti dal governo del suo paese, per ospitare coloni altrettanto illegali. Chissà se Hadas aveva mai letto o ascoltato Gideon Levy o Ilan Pappé, per esempio. Chissà...


Intanto, non chiamateli terroristi, ma Resistenti.



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