di Federico Pieraccini
Gli Houthi hanno annunciato di aver colpito in maniera massiva con 10 droni diversi stabilimenti Aramco in Arabia Saudita, tra cui la più grande raffineria di petrolio al mondo ad Abqaiq. Su twitter decine di video e foto mostrano esplosioni, fiamme e colpi di arma da fuoco.
L’azione fa parte della campagna di ritorsione per i continui bombardamenti indiscriminati dell’aviazione Saudita su civili Yemeniti da più di quattro anni. Stime parlano di +100.000 morti.
Il regno Saudita si trova in una posizione sempre più pericolosa a causa della capacità di ritorsione (giustificata) degli Houthi e delle Forze Missilistiche Yemenite che infliggono gravi perdite militari ed economiche a Riyad.
Il ritiro di Egitto e EAU dal conflitto, complice la necessità di trovare una certa stabilità nei rapporto con Tehran, e l’impossibilità per gli Stati Uniti di intervenire direttamente (il conflitto è considerato dall’ONU la più grande crisi umanitaria al mondo e Trump non ha alcuna intenzione di regalare ai democratici in corsa per la presidenza spunti con cui attaccarlo ulteriormente) hanno aggravato la situazione per Riyad che rischia ora di vedere mutare il conflitto in una guerra sul proprio territorio, nel sud del paese.
Le incursioni degli Houthi nel KSA sono ormai quotidiane e fintanto che a Riyad continuerà a commettere crimini di guerra contro civili innocenti in Yemen, la situazione potrà solo che peggiorare.
La ritorsione di oggi è la dimostrazione reale di ciò che potrebbe accadere all’economia Saudita se Bin Salman non accetterà di sedersi ad un tavolo e negoziare una via d’uscita da uno dei peggiori disastri militari dell’epoca contemporanea.
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