In gravi condizioni Malala, la bimba che sfidò i talebani

L'attivista pakistana Malala Yusufzai resta in gravi condizioni. Alcuni testimoni hanno dichiarato ad Al Jazeera che, tornando a casa dalla scuola pubblica Khushal di Mingora - nel nord del paese nella Vallata Swat - un gruppo armato le ha sparato. Poco dopo, la rivendicazione dei talebani pakistani: «L'abbiamo attaccata perché diffondeva idee laiche fra i giovani e faceva propaganda contro di noi. Oltretutto, considerava Obama il suo idolo». Le tv pachistane hanno mostrato ininterrottamente le immagini dell'adolescente distesa su una barella, con una benda sulla fronte, e fonti ospedaliere hanno più tardi riferito che le sue condizioni sono «gravi». «Codardi, avete paura di una adolescente», ha commentato su Twitter Shehryar Taseer, figlio del governatore del Punjab assassinato l'anno scorso perché contrario alle leggi sulla blasfemia. Malala però non è una ragazzina qualunque.
Nella regione di Swat, al confine con l'Afghanistan, dal 2003 al 2009 i talebani presero il controllo e vietarono l'istruzione femminile, distruggendo centinaia di scuole. Malala ha sfidato il divieto: mentre i talebani decapitavano la gente per «comportamenti anti-islamici», lei continuava ad andare a scuola e, nel 2009, a undici anni, scrisse un diario online per la Bbc raccontando sotto pseudonimo la sua vita di studentessa. «Avevamo paura che ci gettassero addosso l'acido o che ci rapissero. Quei barbari erano capaci di qualunque cosa. Perciò evitavamo di indossare la divisa scolastica, portavamo abiti normali per non dare nell'occhio, nascondevamo i libri sotto lo scialle». Era un diario in urdu, stampato anche su un giornale locale, dunque accessibile a chi non sa l'inglese, per dare coraggio ad altre bambine e alle loro famiglie. Malala ha anche vinto il Premio Nobel per la pace dei giovani e la ong internazionale KidsRights Foundation l'ha nominata per l'International Children's Peace Award.

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