Venti di guerra nella penisola coreana

Continuano i venti di guerra nella penisola coreana. Oltre 100,000 persone tra militari e civili hanno partecipato giovedì ad una grande manifestazione di massa nella capitale della Corea del Nord, Pyongyang, per festeggiare il test nucleare del 12 febbraio scorso ed inneggiare al coraggio del leader Kim Jong-Un. Lo ha annunciato venerdì l'agenzia di stampa statale KCNA.
Da quando il 12 dicembre scorso, il regime nord coreano ha lanciato con successo nell'orbita satellitare un proprio missile balistico, la comunità internazionale è tornata a porre al centro della sua agenda la questione. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha inasprito le sanzioni imposte nel 2006 e nel 2009 contro Pyongyang, ma Kim ha deciso di continuare nella sua sfida al mondo – in particolare all'”ostilità degli Stati Uniti” - con il test nucleare del 12 febbraio nella regione del nord est di Punggye-ri, di potenza doppia rispetto a quello del 2009. La questione tecnica su cui dibattono ora gli esperti è quella di comprendere se la Corea del Nord sia passata dal plutonio ad un nuovo e più sofisticato programma nucleare militare che comprenda l'uranio. Ieri una commissione di esperti di Seul ha escluso la presenza di isotopi radioattivi nei campioni esaminati.
La condanna del mondo è stata unanime. Durante il discorso sullo stato dell'Unione, il presidente americano Barack Obama ha promesso un' "azione ferma" ed il Segretario alla Difesa, Leon Panetta, ha definito il terzo test nucleare della Corea del Nord come “una minaccia diretta”. Anche la Russia ha immediatamente condannato il gesto e minacciato ritorsioni, mentre il Giappone ha definito “una minaccia grave” alla propria sicurezza l'atto di Pyongyang. A New York, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti, subito riunitosi in una sessione straordinaria, ha "fortemente" condannato il test nucleare di Pyongyang ed ha dichiarato che inizierà a lavorare sulle nuove misure sanzionatorie da intraprendere. Fondamentale resta la posizione della Cina, unico alleato del regime di Kim, che, con la sua politica contraddittoria, continua ad impedire misure efficaci a livello internazionale contro Pyongyang.

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