Confindustria: che non si parli di aumenti salariali!

24 Febbraio 2022 18:00 Pasquale Cicalese

Sta tenendo banco in questi giorni il dibattito tra Landini e Bonomi sugli aumenti contrattuali. Sono invocati da più parti per fronteggiare l”aumento vertiginoso del costo della vita dovuto ai rincari energetici che si riversano non solo sulle bollette ma anche sui beni di prima necessità. Oggi sono andato dal mio dentista, la moglie diceva che non ti puoi avvicinare ai negozi di generi alimentari, persino la verdura è costosissima, tutto è costoso e anche la qualità è andata a degradare. Bonomi sostiene che prima ci deve essere aumento di produttività.

L’economista Marco Fortis, proprio sulle pagine del giornale di Confidustria, sosteneva lo scorso anno che nell’industria italiana negli ultimi 5 anni la produttività è aumentata molto ed è maggiore della stessa Germania. Che si mettessero d’accordo tra loro. In ogni caso non si può pretendere l’aumento di produttività in settori pubblici come scuola o sanità, sono servizi universali anche se in alcuni settori pubblici, grazie alla digitalizzazione, negli ultimi due anni la produttiivtà è aumentata addirittura del 17% mentre i salari e gli stipendi pubblici sono rimasti al palo. In un post pubblicato alcuni mesi fa su facebook, l’economista Guido Salerno Aletta così inquadra il ruolo di Confindustria nell’ultimo secolo: “Mettetelo bene nella Zucca. La attuale classe confindustriale è l’erede legittima di quella stessa imprenditoria responsabile dello sfascio degli Anni 20 e 30. Quella che pretendeva protezione mentre si riportava la lira a Quota 90. Quella che aveva speculato e controllava le banche fino a farle fallire. In Italia, lo Stato azionista nasce dal fallimento di una classe di imprenditori e banchieri collusi. Niente è cambiato: la repressione salariale di allora riportò l’Italia in rotta, lo stesso è avvenuto in questi anni. La stessa politica filopadronale del fascismo, sostenuto dalla grande stampa di allora. Gli investimenti di sviluppo si fecero solo dopo, con l’Iri. E nel dopoguerra, fino alle privatizzazioni. Dopo, il nulla cosmico. Mettetelo bene in Zucca”.

Ora, abbiamo un surplus di partire correnti pari al 3.3.% del pil, una posizione finanziaria netta estera positiva per 105 miliardi, i soldi ci sono, c’è chi, come Del Vecchio (Luxottica) e altri che remunerano bene i dipendenti e danno grandi premi di produzione, c’è chi come Bonomi (che non è un industriale vero e proprio) aggrappato alla deflazione salariale degli ultimi 30 anni e da lì non si smuove. Se c’è un dato da riflettere delle economie asiatiche è che i loro industriali premiano la partecipazione attiva alle sorti delle aziende dei dipendenti con forti aumenti. Certo, è corporativismo, ma si tratta di fronteggiare l’emergenza salariale, per il socialismo si vedrà. Sono dunque da premiare quegli imprenditori che pagano bene i dipendenti. Un imprenditore due domeniche fa mi ha mandato il prospetto del suo progetto industriale grazie al PNNR con le remunerazioni dei dipendenti. Vedendo che erano alte gli ho chiesto i motivi.

La sua risposta: “i collaboratori devono vivere bene, non sopravvivere, le gioie della vita le devono avere tutti”. I soldi ci sono, basta vedere la posizione finanziaria netta estera, si tratta di cambiare tutto l’assetto associativo degli operatori economici italiani che ormai hanno fatto il loro tempo e non rispondono più alle richieste di modernità provenienti dalla società. I soldi ci sono, basta volerli usare non solo per auto, ville e barche. Ci sono imprenditori che la pensano così, si tratta di intercettarli e dare loro voce.

P. s. Pasquale Cicalese ha aperto un suo blog Pianocontromercato.it dove raccoglierà tutti gli scritti della sua lunga produzione scientifica.

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