Eurogruppo rimandato a domani. Il mito degli eurobond e perché comunque vada non ci sarà da gioire

di Thomas Fazi


Ancora nessun accordo all'interno dell'Eurogruppo, le negoziazioni continueranno nella giornata di domani. Ma il problema non è questo. Il problema è che, comunque andrà, non ci sarà nulla da gioire.

Ciò che mi preoccupa, infatti, non è che Olanda e Germania si continuino a opporre agli euro-corona-bond, chiamateli un po' come volete. Ciò che mi preoccupa è vedere tanta gente che plaude ai suddetti euro-corona-bond come se fossero la manna dal cielo che risolverà tutti i nostri problemi, senza comprendere realmente le implicazioni di tale strumento.


Di fatto, l'introduzione di uno strumento di debito europeo rappresenterebbe un'ulteriore cessione di sovranità all'Europa. Come scrive sul "Sole 24 Ore" Isabella Bufacchi, vicecaporedattore del quotidiano, «per un vero eurobond, i 19 devono mettere sul piatto una fetta più o meno grande della sovranità fiscale nazionale».


Questo perché i singoli paesi sarebbero tenuti ad effettuare prelievi fiscali finalizzati al rimborso dei suddetti titoli (e ad un loro eventuale non rimborso da parte di uno o più paesi terzi) senza però che i singoli parlamenti nazionali abbiano voce in capitolo sull'utilizzo delle risorse, che verrebbe deciso a livello sovranazionale o al massimo intergovernativo. Nella migliore delle ipotesi sarebbe ipotizzabile il coinvolgimento del Parlamento europeo, la cui legittimità democratica, tuttavia, non è neanche lontanamente paragonabile a quella dei parlamenti nazionali. Questa è la ragione di fondo dell'opposizione della Germania, come ho spiegato altrove.


Insomma, lo "scontro epico" attualmente in corso nella migliore delle ipotesi si ridurrà a una misura che garantirà un po' di ossigeno all'economia italiana ma nei fatti rafforzerà il carattere oligarchico della UE e dell'euro, accentrando ulteriore potere nelle mani di istituzioni anti-democratiche quali la Commissione europea, senza apportare alcun beneficio concreto per le classi lavoratrici e popolari dei paesi del sud.


No, Conte, la storia non sta dalla tua parte. La storia sta dalla parte di chi si batte per uscire da questa gabbia, non di chi si batte per rafforzarla.

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