Pci: il partito più "sovranista" di sempre

Oggi ricorre il centenario della nascita del Partito Comunista Italiano (PCI). Si potrebbero dire tante cose (e le diremo), ma mi pare utile rammentare un fatto interessante: il PCI è stato senza dubbio il partito più "sovranista", per usare un termine che oggi va di moda, del secondo dopoguerra.
È infatti stato l'unico partito dell'arco costituzionale a votare contro tutti i trattati europei, dal Trattato di Roma del 1957, che istituì la Comunità economica europea (CEE), fino al Trattato di Maastricht del 1992 (per bocca, a quel punto, di Rifondazione Comunista).
I comunisti italiani, insomma, hanno sempre nutrito una profonda diffidenza, se non un'aperta avversione, contro ogni ipotesi di "annegamento" dello Stato italiano in una qualsiasi istituzione sovranazionale europea. E questo perché avevano ben chiaro che solo all'interno del perimetro dello Stato democratico nazionale le classi subalterne avevano qualche speranza di poter migliorare le proprie condizioni, e che i processi di sovranazionalizzazione politico-economica avevano lo scopo preciso di eludere il processo democratico e porre così le leve della politica economica al riparo dall'influenza delle masse lavoratrici. Come poi è stato.
Il fatto che oggi la critica radicale della UE e dell'euro - altresì noto come "sovranismo" - sia considerata una postura di destra, soprattutto dalle persone di sinistra, che con poche eccezioni hanno abbracciato l'europeismo più sfrenato, è la dimostrazione plastica della mutazione antropologica, ormai irreversibile, della sinistra contemporanea. Che ormai con la gloriosa tradizione del movimento socialista e comunista non ha veramente più nulla a che vedere. E anzi ne è diventata l'antitesi.

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