Zelensky ad un vicolo cieco: le rivelazioni di Hersh e la vera ragione dello scontro con Zaluzhny


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Zelensky infine ha ammesso il fallimento della controffensiva. In una lunga intervista pubblicata venerdì da Associated Press ha dichiarato: “Purtroppo, non abbiamo ottenuto i risultati sperati. E questo è un dato di fatto”.

Per Kiev adesso la situazione è più complicata di un anno fa. La certezza della Vittoria inciampa davanti alla difficoltà dei propri sponsor nel fornire altri sistemi d’armi e munizioni. Inoltre esercito ucraino soffre una “fame di uomini”, a causa dell’inferiore capacità di reclutamento rispetto alla Federazione Russa, che proprio venerdì invece ha annunciato senza troppe difficoltà un aumento di 170.000 effettivi nell’esercito, che raggiungerebbe dunque il numero di 2.209.130 unità tra cui 1.320.000 militari.

Senza armi, munizioni e uomini, l’obiettivo di cacciare le forze di Mosca dal Donbass e dalla Crimea appare del tutto velleitario. Tuttavia Zelensky garantisce che non ci sarà nessun ritiro.

“Non siamo abbastanza potenti per ottenere i risultati desiderati più velocemente. Ma questo non significa che dobbiamo arrenderci”, afferma. “Siamo fiduciosi nelle nostre azioni. Combattiamo per ciò che è nostro”.

Le incertezze della NATO

Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg continua a proclamare il suo sostegno incondizionato.

“L’Ucraina continua a combattere coraggiosamente, dobbiamo sostenerla”, ha dichiarato nei giorni scorsi, assicurando che gli alleati concordano sull’ingresso nella NATO.

In molti però ritengono che il fallimento militare e l’arrivo di un difficile inverno, potrebbero portare ai negoziati.

“La stanchezza bellica […] porterà ad una maggiore pressione affinché il conflitto finisca con un qualche accordo”, ha detto a fine novembre il presidente ceco Petr Pavel ad una riunione con i militari. Un cessate il fuoco, fa notare, sarebbe ovviamente basato sulla situazione reale sul campo di battaglia, quindi Kiev sarebbe costretta a concessioni dolorose.

Ciò non impedirebbe all’Ucraina un’adesione parziale alla NATO, senza i territori controllati da Mosca. E’ già successo, dopo la divisione della Germania.


Negoziati già in corso

Kiev starebbe già considerando la rinuncia ai territori che non sono più sotto il suo controllo. Secondo quanto rivelato dal giornalista statunitense Seymour Hersh, Russia e Ucraina hanno avviato negoziati segreti di pace. I colloqui sarebbero condotti esclusivamente tra i vertici militari, il generale Valery Zaluzhny e la sua controparte, Valery Gerasimov.

In un articolo pubblicato sul suo sito, citando una funzionari statunitensi in condizione di anonimato, il premio Pulitzer spiega che le trattative tengono conto della situazione al fronte. I confini si fisserebbero sulla cosiddetta linea Surovikin. Kiev cederebbe definitivamente a Crimea, repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e parte delle regioni di Kherson e Zaporozhye, riconoscendone la giurisdizione russa. In cambio Mosca rinuncerebbe all’obiettivo militare della neutralità dell’Ucraina, che potrebbe dunque aderire alla NATO con la condizione che l’alleanza non costruisca basi e schieri le sue truppe nel Paese.

Zaluzhny avrebbe il sostegno degli Stati Uniti nello svolgimento dei colloqui. Zelensky, invece sarebbe stato estromesso, in quanto contrario ad un accordo.

Il funzionario americano ha detto che a Zelensky è stato fatto capire che non è lui, ma "i militari che risolveranno questo problema, e i negoziati continueranno con o senza di te", ha scritto Hersh.


La formula Kissinger

Sia Mosca che Kiev negano che ci siano trattative in corso. E’ del tutto comprensibile, data la natura di segretezza dei colloqui, rivelati dal giornalista statunitense.

Un settore della coalizione pro-ucraina si è già espresso verso questa soluzione. L’ex segretario NATO, Anders Rasmussen, in un’intervista al Guardian, aveva proposto l’adesione immediata dell’Ucraina nell’alleanza, privandola però dei territori sotto controllo russo. A Kiev, Alexei Arestovich, ex consigliere dell’ufficio del Presidente, adesso passato all’opposizione, in uno dei punti del suo programma politico aveva inserito questa opzione, nota come “formula Kissinger”. E’ stato proprio l’ex segretario di Stato statunitense, recentemente deceduto, a proporre una modalità parziale di adesione alla NATO per Kiev, sul modello della Germania dell’Ovest. E’ questo, in qualche modo, il suo lascito politico all’Ucraina.


Il conflitto Zelensky-Zaluzhny

Alla luce delle rivelazioni di Hersh, emerge la vera ragione del durissimo scontro tra il presidente Zelensky e il capo dell’esercito ucraino, Valery Zaluzhny. Il generale starebbe conducendo, per conto degli Stati Uniti, delle trattative a cui il governo di Kiev si oppone strenuamente. Non solo questo, ma l’appoggio di Washington e il suo protagonismo nella svolta bellica, potrebbero portare Zaluzhny a Bankova.

Il principale problema di Zelensky non sono dunque i dissidi con l’esercito, ma la rottura del rapporto di fiducia con il partner statunitense. Secondo quanto scritto su Asian Tims da Stephen Bryen, ex vicesegretario della difesa americana, la CIA e l’MI6 starebbero già preparando il terreno per sostituirlo o con le buone, costringendolo ad andare al voto, o se resisterà con le cattive, con “uno sconvolgimento in stile Maidan”.

Zelensky ha chiaramente detto ad AP di non riuscire neanche a pensare di lasciare il proprio incarico. Le elezioni presidenziali, che si sarebbero dovute tenere a marzo 2024 sono state definitivamente sospese, con il pretesto della legge militare, man mano che le tensioni aumentavano tra vertici militari e politici e che la popolarità di Zaluzhny aumentava.

La ragione per cui il governo di Zelensky si oppone alle trattative è presto detta. A fine marzo 2022, Ucraina e Russia erano vicinissime ad un accordo. Mosca era pronta a cedere tutti i territori sotto il suo controllo, ad eccezione della Crimea, in cambio della neutralità dell’Ucraina. Kiev avrebbe ripristinato quasi tutti i suoi confini, pur essendo in svantaggio militare. Doveva soltanto garantire la non adesione alla NATO.

La guerra sarebbe finita subito, il sangue di centinaia di migliaia di ucraini sarebbe stato risparmiato e il Paese non sarebbe stato bombardato. Purtroppo l’accordo conveniva solo a Russia e Ucraina, ma configgeva con l’obiettivo strategico della NATO, cioè espandere ad EST i propri confini.

Pertanto, come ha rivelato David Arakhamia, l’ex premier britannico arrivò a sorpresa a Kiev e mandò all’aria tutto: “Non firmiamo nulla, combattiamo e basta”.

E’ comprensibilissimo dunque che il governo ucraino adesso non voglia accettare un accordo con condizioni peggiori di quelle offerte da Putin (ma certamente più vantaggioso per l’Occidente). Zelensky ha finalmente fiutato la truffa, ma ormai è troppo tardi.

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