Attacchi atlantisti all'ex diplomatica Elena Basile. Amb. Bradanini a l'AD: "Onore al coraggio del suo disallineamento"


di Alessandro Bianchi


Elena Basile, ex diplomatica italiana, già ambasciatrice in Svezia e Belgio, ha iniziato una collaborazione con il Fatto Quotidiano. Prima con lo pseudonimo Ipazia (come ha ammesso lei stessa attraverso i suoi social) e poi firmando le sue analisi direttamente. Nei suoi articoli ha mantenuto una posizione approfondita, ragionata, critica rispetto al suicidio che l'Europa ha compiuto nel seguire gli Stati Uniti nel conflitto alla Russia attraverso l’Ucraina. Sempre con estrema moderazione nelle sue argomentazioni, ma con il torto, tuttavia, di uscire da quel tracciato imposto dalla propaganda bellica ufficiale della Nato.

In Italia, semplicemente, da quel tracciato non si può uscire e così da ieri contro Elena Basile è iniziata una vera e propria caccia alle streghe da parte del fondamentalismo atlantista più estremo e pericoloso. A lei va la solidarietà totale della redazione de l'AntiDiplomatico ed un invito a proseguire nel suo egregio lavoro di informazione.

Del resto, come sottolinea a l'AD l'ex Ambasciatore a Teheran e Pechino, Alberto Bradanini, la posizione della Basile riprende una corrente sempre più consolidata di pensiero che sta prendendo corpo negli stessi Usa, soprattutto da accademici e pensatori della cosiddetta corrente realista, con capostipite il professor Mearsheimer.


Di seguito l'intervista rilasciata a l'AntiDiplomatico dall'Ambasciatore Bradanini


Ambasciatore l’ha colpita il livello di attacchi che sta subendo l'ex diplomatica Elena Basile? Che segnale è per la libertà di espressione in Italia?

Reputo che siamo davanti a un ennesimo paradigma di capovolgimento di priorità. È quanto mai agevole sul palcoscenico politico italiano essere assaliti da contorcimenti su argomenti distrattivi, mettendo alla gogna un ex-funzionario diplomatico solo per aver trovato il coraggio di esprimere un pensiero critico e argomentato sul conflitto in corso. Scandalizzarsi perché Elena Basile lo ha fatto quando era ancora in servizio, poi, significa coprirsi le parti pudiche con l’antica foglia di fico. Da che mondo è mondo, il ricorso allo pseudonimo ha consentito a tanti di esprimersi quando le circostanze lo impedivano.
Nel caso in questione, d’altra parte, non pare proprio che questo abbia nuociuto alla cosiddetta politica estera italiana, che del resto è inesistente. Invece di centrare l’analisi sul merito, in un passaggio cruciale che rischia di travolgere l’Europa e il mondo, cercando di ragionare su cause e possibili uscite da questo conflitto - cercando semmai di sfatare l’evidenza che l’Italia, non essendo un paese sovrano, può solo obbedire ma non proporre soluzioni – i cosiddetti politici di professione s’industriano a biasimare il dissenso. Dubito che l’ex-diplomatica in parola sarebbe stata aggredita se avesse espresso riflessioni allineati alla narrativa dominante.


ll senatore Enrico Borghi (Azione-ItaliaViva e membro del Copasir) ha presentato un’interrogazione in commissione Esteri di Palazzo Madama su. caso. Come giudica questa iniziativa?
L’interrogazione del Sen. Enrico Borghi non sorprende. Si può arguire che essa serve di monito e per definire un possibile giro di vite, affinché in analoghe circostanze i diplomatici si tengano lontani dalla tentazione di esprimere un pensiero critico. Il nemico, dunque, non è la guerra, la sopraffazione, le ingiustizie nel mondo, no, il nemico è il libero pensiero, specie in un sistema angosciato dalla libertà d’espressione e dunque dall’arma dell’argomentazione!


Considerando anche la sua esperienza diretta, quanti diplomatici all’interno della Farnesina hanno idee lontane da quelle imposte da Nato e Unione Europea ma hanno timore ad uscire allo scoperto? E che cosa si potrebbe fare perché le voci critiche della Farnesina possano emergere?

Ovunque, le voci critiche sono in minoranza. Ovunque, i più sono allineati, per disinteresse, quieto vivere e conformismo. È così anche alla Farnesina, dove pure non mancano menti illuminate, che tuttavia non sono solite nutrirsi di carne di leone. Onore, dunque, a Elena Basile che, con coraggio e approfondimento, ha osato esprimersi in termini disallineati, ma ragionati, in un passaggio tragico come la guerra in corso. Il suo giudizio, tutt’altro che estremista, è del resto condiviso da un’ampia schiera di analisti e studiosi (occidentali, anzi americani), tra i quali, per citarne alcuni, J. Mearsheimer, J. Sachs, S. Ritter. R. McGovern. H. Schlanger (tutti Usa) e sotto diversi aspetti H. Kissinger, G. Kennan, S. Romano (I), F. Asselineau (F) e J. Baud (CH) e persino W. Burns (quando era ambasciatore Usa a Mosca).

Quanto all’esigenza che il pubblico italiano possa ascoltare voci critiche di diplomatici colti e preparati su temi complessi, essa non è semplice da soddisfare. Tutti i funzionari pubblici sono tenuti a obbedire ai governi in carica, anche contro i loro convincimenti. Per evitare ogni imbarazzo, oltre che per correttezza istituzionale, s’impone dunque anche al pensiero espresso discrezione e accortezza. Una strada potrebbe essere quella di consentire ai diplomatici privi d’incarico, ma con ampia esperienza alle spalle, di tenere pubbliche udienze nelle università italiane, senza impegnare le posizioni del governo beninteso, illustrando anche i diversi, confliggenti punti di vista. Alla luce della tradizione conservatrice della Farnesina, è di tutta evidenza che con questo pensiero si entra nel reparto dei libri di fantascienza. Per tornare al caso in parola, mi pare che i criteri di discrezione e accortezza siano stati da Elena Basile - nei fatti - sostanzialmente rispettati.

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