Cuba: presidente dell'Associazione Economisti svela le sfide contro il Blocco e la Guerra Economica - Intervista

23 Luglio 2023 16:33 Geraldina Colotti

Al Vertice dei Popoli, che si è svolto in contemporanea al Summit Ue-Celac, a Bruxelles, abbiamo incontrato Nicolás Lázaro Valladares, Presidente dell’Asociación Nacional des Economistas y Contadores de Cuba en la Habana, dopo la sua partecipazione a un dibattito sull’impatto che ha, in rapporto alle banche, l’inclusione di Cuba nella lista dei paesi “che patrocinano il terrorismo”.

Qual è il compito e quali sono gli obiettivi dell’Associazione che presiedi?

La Asociación Nacional des Economistas y Contadores de Cuba en la Habana è una organizzazione non governativa, riconosciuta presso le Nazioni Unite, che accompagna la politica economica del paese dal punto di vista della società civile. Appoggiamo l’azione dei nuovi attori economici, della piccola impresa privata in accordo con l’impresa statale, con la consapevolezza che, nel nuovo modello economico che si va disegnando, anche l’imprenditore privato giocherà un suo ruolo, ma sempre con il controllo dell’impresa statale socialista. Nell’associazione si incontrano sia giovani economisti appena laureati, che accademici riconosciuti, specialisti nelle scienze economiche e nella contabilità.

Come si è arrivati a questa svolta e come si colloca nello sviluppo del modello cubano sul piano marxista?

Occorre tener conto che, nel nostro paese, fare un’analisi economica del momento che attraversa il nostro modello economico, è molto difficile, perché tutti i dati che consentono una previsione scientifica da un punto di vista marxista, sono alterati dalla guerra a cui siamo sottoposti. Il bloqueo falsa i dati e complica ogni bilancio e prospettiva. Se consideriamo che, in sessant’anni, abbiamo perso per questo 154.000 milioni di dollari, vuole dire in media una perdita di 25.000 milioni di dollari, il che, per un paese di 11 milioni di abitanti, significa moltissimo. Per un economista, questo pesa molto al momento di valutare cosa ha funzionato e cosa no, cosa abbiamo fatto bene e dove abbiamo sbagliato, fin dove avremmo potuto spingerci in base alla teoria, perché con quel che ci ha tolto il bloqueo avremmo potuto realizzare moltissimo per lo sviluppo del paese. Prendiamo, per esempio, il turismo, principale fonte di entrate, preso di mira dalla guerra economica. Sono in molti a riconoscere che le nostre spiagge sono tra le migliori al mondo, ma per uno statunitense che potrebbe raggiungerle ottenendo determinati permessi e per ragioni specifiche, le cose si complicano, perché deve fare attenzione a quali hotel frequenta, che non siano soggetti a restrizioni, e alla fine può preferire, per esempio, la Repubblica dominicana, dove non incontra ostacoli. Cuba è al centro mondiale dei viaggi da crociera, i Caraibi, ma le navi da crociera, e il denaro che porterebbero, non possono entrare a Cuba per il bloqueo. Abbiamo realizzato i vaccini in piena pandemia, ma non potevamo comprare le siringhe per iniettarlo e abbiamo potuto averle solo grazie alla solidarietà internazionale. Nei primi mesi del 2021, abbiamo avuto 8 bambini malati di tumore, che non hanno potuto ricevere le cure chemioterapiche specifiche, a causa del bloqueo, ma solo una chemio alternativa. Come sempre, abbiamo dovuto far fronte con uno sforzo suppletivo. Ci hanno sospeso l’insulina per i diabetici che, come si sa, richiede una prescrizione rapida, abbiamo dovuto cercare di procurarcela, dapprima aggirando il bloqueo, e poi pagando il sovrapprezzo, ed è così per tutto. Per i nostri sportivi, ottenere il visto è sempre un problema, si allenano nell’incertezza. Inoltre, dopo che abbiamo investito in un atleta, ci rubano i talenti perché noi non possiamo offrire 50 milioni di dollari per una competizione, mentre loro, prima ci applicano il bloqueo, poi si comprano gli atleti, che così lasciano Cuba. Intanto, se vogliamo mantenere un alto livello sportivo, dobbiamo continuare a investire, e a farci rubare gli atleti. È vergognoso vedere i nostri sportivi nelle squadre olimpiche di chi ci blocca il paese.

Dopo la caduta dell’Unione sovietica, che sforzo avete potuto compiere per potenziare la produzione nazionale?

Con l’Unione Sovietica esisteva un sistema di relazioni corrette, non certo basato sulla disuguaglianza attuale. L’ordine economico internazionale deve cambiare! Che è successo a Cuba? Continuiamo a produrre il miglior tabacco del mondo, che però non possiamo vendere al principale consumatore di tabacco, gli Stati Uniti. Si produce il tabacco, con tutto lo sforzo produttivo di cui necessita proprio perché è molto artigianale e poi, se si vuol venderlo su altri mercati, si è attaccati per via del bloqueo. Lo stesso vale per il nostro rum, uno dei migliori al mondo. Quando tentiamo di venderlo sul mercato europeo mediante la firma francese Pernod Ricard, l’impresa viene denunciata dagli ex latifondisti cubani espropriati che vogliono riappropriarsi del nostro rum. Siamo perseguitati in tutto quel che facciamo. Ci bloccano ovunque. L’unico ambito nel quale non ci sono riusciti, e grazie alla lungimiranza del nostro Comandante Fidel, è stato nello sviluppo scientifico, altrimenti come avremmo fatto per produrre vaccini in piena pandemia e nonostante il bloqueo, ancora più criminale mentre il Covid-19 stava facendo strage nel mondo? E che dire della campagna orribile che si sta facendo contro i nostri medici, contro la medicina e la salute del popolo a livello internazionale? Bolsonaro ha espulso oltre 800 medici cubani in piena pandemia.

Tornando al modello economico. Ti rivolgo una contestazione che viene dalla sinistra radicale: per distruggere il welfare e il pubblico, nei paesi europei come l’Italia si è cominciato a far spazio al privato, che avrebbe dovuto essere più efficiente, e che ha finito per imporre sfacciatamente i propri interessi su quelli generali, come si è visto per il settore sanitario durante la pandemia. Riuscirà Cuba a passare per questa porta stretta senza perdere il proprio modello? Con quali anticorpi?

Sul piano storico, il socialismo è un sistema giovane. Se il campo socialista avesse continuato a esistere, forse non avremmo avuto bisogno di prendere questa strada, ma è solo una mia opinione. D’altronde, se ci fosse ancora l’Unione Sovietica, forse non avremmo potuto ottenere le stesse cose dal settore privato. Per esempio, gli Stati Uniti dicono che il bloqueo non colpisce il settore privato, ma non è vero. Solo che se sono le imprese a dimostrarlo in prima persona, il mondo ha modo di capire le dimensioni del bloqueo assassino. Comunque, non abbiamo alternativa. Di certo, non ci è mai piaciuta la disuguaglianza, noi vogliamo una società quanto più ugualitaria possibile, ma il capitalismo è un gran problema. Abbiamo dovuto ricorrere al settore privato, anche se in forma controllata dallo Stato. Ora tutto dipende da come andranno le cose, da quanto l’impresa statale riesce a ossigenarsi, ad acquisire forza produttiva che incida sul benessere economico della popolazione, sulla produzione di beni e servizi. Il privato è una componente. D’altro canto, a Cuba è sempre esistita una certa forma di proprietà privata, ma su piccola scala, il calzolaio e il falegname hanno sempre avuto la loro bottega, solo che oggi la loro incidenza sull’economia, aumenta. Per noi, è come in guerra: devi prendere decisioni in fretta, sempre in emergenza, e non puoi rimanere fermo perché una bomba potrebbe scoppiarti fra i piedi.

Quanto pesano il conflitto in Ucraina e l’attacco al Venezuela bolivariano?

Il Venezuela è uno dei nostri principali soci commerciali, tutto quel che colpisce un amico, colpisce anche te. E se hai qualcosa, per esempio il vaccino, non puoi venderlo per guadagnarci, secondo la logica capitalista, quindi ci si aiuta. Questo ha dei vantaggi, ma anche delle conseguenze, perché tutto quel che colpisce il Venezuela, colpisce anche Cuba. Il nostro combustibile viene dal Venezuela e dalla Russia, negli ultimi mesi abbiamo avuto moltissime difficoltà. A volte, anche se possiamo pagarlo, non troviamo la nave che lo trasporti perché se entra a Cuba, poi non può più entrare negli Usa, per via della Legge Torricelli.

I medici cubani sono venuti in Italia e in Europa in piena pandemia. Nonostante questo, il Parlamento europeo ha votato una vergognosa risoluzione in cui, rispetto alle missioni mediche cubane all’estero si parla addirittura di traffico di persone. Come ha risposto Cuba al Vertice dei Popoli?

I nostri medici hanno reso un gran servizio al mondo, anche al mondo sviluppato. Ai tempi dell’Ebola, vi fu un accordo con Obama perché potessero prestare soccorso dove nessuno voleva andare, ma tutto questo si è dimenticato. Continuiamo a lottare con la ragione e con la verità, come abbiamo fatto per tanti anni. Nessun popolo al mondo è allenato come noi alla resistenza. Nei momenti più difficili tiriamo fuori maggior forza. Fidel aveva previsto la caduta del campo socialista. Disse: se dovesse cadere l’Urss, e non ce lo auguriamo, anche in quella circostanza, Cuba continuerà a lottare e resistere.

Che messaggio vuoi dare a questa Europa addormentata, per il 26 luglio?

Siamo il popolo del Moncada, per questo, anche nei peggiori momenti e nelle più grandi difficoltà, abbiamo molto da celebrare: con l’orgoglio di aver resistito sempre e vinto su chi ha voluto eliminarci con tutti i mezzi. Avrebbero voluto ucciderci con il bloqueo in piena pandemia che colpiva il mondo intero, e abbiamo prodotto i vaccini. Uno schiaffo per l’imperialismo e un gran beneficio per il nostro popolo e non solo. Il Vertice dei Popoli ha mostrato quanta solidarietà continua a ricevere Cuba, che per molti è un faro nel mondo. È stato importante discutere, mettere a confronto tante idee. Si è deciso di costituire il Tribunale Internazionale contro il bloqueo a Cuba. Parlando del debito, Eric Toussaint ha ringraziato Fidel per le intuizioni avute già negli anni ’80. Questo ti dà la forza per continuare: sempre in piedi, mai in ginocchio.

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