Ci sono prigionieri politici in Venezuela?



da actualidad.rt.com

A livello internazionale si definisce prigioniero politico, quella una persona imprigionata perché le sue idee rappresentano una minaccia per il sistema politico stabilito, di qualsiasi natura esso sia, indica l'analista politico Ali Rojas Olaya.

Nel caso venezuelano, il governo fa una distinzione quando si parla di ‘prigionieri politici’.

I partiti di opposizione, anche se non concordano nelle cifre, parlano dell'esistenza di almeno 70 prigionieri politici. Il caso più emblamatico risulta essere quello di Leopoldo López, grazie ad una campagna internazionale che chiede la sua libertà.

Il caso López

Il 10 settembre del 2015, Leopoldo López è stato condannato da un tribunale venezuelano a 13 anni, 9 mesi, 7 giorni e 12 ore di detenzione; indicato come responsabile dei reati di incendio doloso, istigazione a delinquere, danni alla proprietà pubblica e associazione a delinquere.

Poco più di un anno prima, il governo venezuelano, come reso noto dal presidente Nicolás Maduro, negoziò con la famiglia López, la consegna alla giustizia del leader del partito di estrema destra Voluntad Popular, dopo aver presentato le prove che settori della stessa opposizione pianificavano di assassinarlo a Caracas.

La giustizia venezuelana, attraverso i propri rappresentanti ha più volte affrontato questo tema. Interrogata sul caso di Leopoldo López, il Procuratore Generale della Repubblica, Luisa Ortega Díaz, ha dichiarato che lui e altri detenuti si sono resi colpevoli di ‘reati comuni’ stabiliti nel codice penale e per questo sono stati privati della libertà, non per le loro opinioni politiche.

La maledizione spezzata

L’avvocato costituzionalista Enrique Tineo è drastico quando gli viene chiesto conto dei prigionieri politici venezuelani, «in realtà non esistono».

Ha poi ricordato che il paese ha avuto una lunga tradizione di prigionieri politici ma «la maledizione è stata spezzata dall’ascesa al potere di Hugo Chávez Frías. Per la prima volta, un governo si rapporta con gli avversari politici senza cercare di schiacciarli o farli scomparire».

Tineo, inoltre spiega perché Leopoldo López riceva tanto appoggio, mentre gli altri cosiddetti ‘prigionieri politici’ non godono dello stesso trattamento: «Dobbiamo capire che si tratta di un progetto politico della classe imprenditoriale, che in Venezuela ha sempre avuto candidati alla presidenza, anche se questa strategia di collocare imprenditori come aspiranti presidenti non ha prodotto risultati».

Campagna internazionale

Queste accuse formano parte di una straordinaria campagna internazionale contro il paese, ha affermato Diosdado Cabello, deputato e primo vicepresidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV).

«Se qualcuno avesse fatto negli Stati Uniti quello che ha fatto Leopoldo López (in Venezuela) lo avrebbero incarcerato e condannato alla pena di morte, ma cercano di farci apparire come il male (...) ci hanno accusato senza alcuna prova di molte cose ( ...)».

Riferendosi ai prigionieri, difesi dall'opposizione, ha aggiunto: «Tutti coloro che sono in carcere per gli omicidi di 43 persone e più di 800 feriti, continueranno a essere reclusi, compreso Leopoldo Lopez».

Destra spagnola in soccorso

Come parte del sostegno internazionale che riceve Leopoldo López è arrivato in Venezuela, invitato dall’opposizione che detiene la maggioranza nell'Assemblea Nazionale, l’ex candidato alla presidenza del governo di Spagna e presidente del partito Ciudadanos, Albert Rivera.

Rivera si è detto preoccupato per la situazione di «crisi» che vive il Venezuela, ed ha fatto visita a Leopoldo López presso la prigione di Ramo Verde, ubicata 33 chilometri a sud ovest di Caracas.

Pablo Iglesias, leader del partito Podemos, ha dichiarato: «Ciudadanos dà l'impressione che investirà più denaro per il suo spot elettorale andando a girarlo a Caracas invece di parlare di Spagna e degli spagnoli», secondo quanto riportato dal quotidiano venezuelano El Nacional.

La visita di Rivera a Caracas causa sospetti anche nel cantante venezuelano Piky Figueroa, che ha osservato: «Strano che quest’uomo (Rivera) viene nel nostro paese a chiedere la libertà di López, mentre in Spagna vi sono finanche musicisti imprigionati per la loro musica e per aver fatto uso della propria libertà d’espressione», ha dichiarato riferendosi al caso del rapper Pablo Hásel.


(Traduzione dallo spagnolo per l'AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)


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