«Sì, sono chavista» la frase che ha scatenato la violenza terrorista contro il giovane dato alle fiamme in Venezuela



di Fabrizio Verde

In quel Venezuela dipinto da tutti i media come una sorta di lager caraibico a cielo aperto, basta dichiararsi apertamente chavista per rischiare lavata. Questo è quanto accaduto al giovane José Rafael Noguera, accoltellato e dato alle fiamme da gruppi violenti dell’opposizione per il solo fatto di essere stato riconosciuto come un sostenitore della Rivoluzione Bolivariana.

Per pura casualità, Noguera stesso, può raccontare la vicenda al quotidiano ‘Ciudad Caracas’. Il 27enne che vende uova ha riportato gravi ustioni sul 70% del proprio corpo.

Secondo quanto rivelato dal ragazzo, lo scorso giovedì si trovava in un autobus proveniente da Petare in compagnia della sorella Tairene Campos, quando un posto di blocco dell’opposizione nei pressi di Plaza Altamira - vero e proprio epicentro della controrivoluzione - li ha costretti a continuare il viaggio a piedi.

Una volta scesi dall’autobus e intrapreso il proprio cammino, una donna che manifestava alla vista della camicia rossa di Tairene Campos ha esclamato «questi sono chavisti». Pronta è stata la risposta: «Sì, sono chavista e quindi?». Di fatto, la risposta della sorella di Noguera è stata il detonatore per l’esplosione di violenza che ha portato il giovane a un passo dalla morte.

A quel punto un gruppo di manifestanti si è scagliato con violenza contro il giovane, colpendolo senza pietà con pietre, casi e finanche coltellate.

Noguera ricorda che un certo punto sente urlare «bruciamolo vivo!». Nessuno presta aiuto al giovane venditore di uova, nemmeno le forze della polizia municipale di Chacao presenti sul posto. José Rafael Noguera è costretto a entrare di forza nella pattuglia e ‘costringere’ gli agenti ad accompagnarlo presso il più vicino ospedale per ricevere le cure necessarie.

Per Tairene Campos, militante dell’Unità di Battaglia Bolívar Chávez, quanto accaduto al fratello è il prodotto dell’intolleranza promosso dai settori estremisti dell’opposizione di destra. «Pensare diversamente non è un buon motivo per l’aggressione. Mio fratello è una persona semplice, crediamo nel processo rivoluzionario».

Cronaca di una normale giornata di ordinaria follia da quel paese che viene descritto come una brutale dittatura dove le minoranze vengono schiacciate e ridotte al silenzio.

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