Venezuela, Maduro annuncia nuovo aumento salariale del 50% per difendere stipendi e pensioni dagli assalti della guerra economica



di Fabrizio Verde

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha annunciato un aumento del 50% del salario minimo, in vigore dal 1 luglio. Dunque il salario minimo mensile aumenta da 65.021 a 97.531 bolivares. L’aumento dei salari include - tra gli altri - lavoratori pubblici, insegnanti, medici, pompieri, agenti di polizia e personale militare. Il presidente ha anche annunciato di aver innalzato le scale salariali di altri lavoratori afferenti la pubblica amministrazione, oltre ad aver aumentato l indennità alimentari, cha passano da 15 a 17 unità fiscali.



Attraverso l'Assemblea Nazionale Costituente, il presidente proporrà anche una legge che consente la regolamentazione dei prezzi e l'applicazione di azioni legali contro gli speculatori, sottolineando l'importanza della lotta contro la speculazione e la necessità di una legislazione apposita per controllare i prezzi al fine di giungere alla vittoria nella guerra economica scatenata dalla destra contro il popolo venezuelano, con l’intento di rovesciare il legittimo governo socialista.

Questo appena decretato da Maduro è il 36° aumento salariale stabilito in 17 anni di Rivoluzione Bolivariana, mentre nei 40 anni precedenti l’ascesa al potere del chavismo gli aumenti furono appena 9, nonostante l’inflazione sfiorasse spesso le 3 cifre. Ciò avviene perché i governi guidati da Chavez prima e Maduro adesso, hanno come priorità della propria azione la protezione del popolo. Nei regimi neoliberisti, come avviene in Europa, i primi a cadere sotto la scure dei tagli indiscriminati sono proprio i salari e i servizi essenziali come la sanità pubblica.

Dall’opposizione sono giunte immediate le proteste con le solite accuse: un aumento salariale genera maggiore inflazione. Il deputato di Primero Justicia ed economista, Jose Guerra, ha dichiarato: «Un aumento salariale finanziato attraverso la stampa di denaro ha solo risultato. Più inflazione».

La classica accusa che risuona in ogni critica alle politiche economiche del governo bolivariano. Sarà davvero così? L’economista spagnolo Alfredo Serrano Mancilla nel suo articolo ‘Manuale di stupidaggini economiche sul Venezuela’, svela la reale dinamica che porta alla formazione dei prezzi in Venezuela, smontando l’interpretazione neoliberista della tematica.

«Nessuno nega che i prezzi in Venezuela siano un problema. Proprio per questo - spiega l’economista spagnolo direttore del Centro Strategico Latinoamericano di Geopolitica - la questione non può essere trattata con tanta leggerezza. La formazione dei prezzi è un problema infinitamente più complesso che una relazione univoca tra due variabili. I prezzi non cadono dal cielo, non sono determinati da nessun software matematico. La famosa mano invisibile non esiste. Ogni prezzo ha la sua ragione d’essere.

In Venezuela, da diversi decenni, l’inflazione di è costituita come componente strutturale dell’economia. L’inflazione media annua nel periodo 1989-1998 fu del 52,45%. Con l’arrivo del chavismo, questo valore si ridusse significativamente, con l’eccezione degli ultimi anni. Nel periodo 1999-2012, la crescita media annuale dei prezzi fu del 22%. A partire dal 2013 questa tendenza al ribasso scomparve. I prezzi tornarono a crescere con maggiore velocità. L’inflazione giunse al 56,2% nel 2013; 68,5% nel 2014; 180,9% nel 2015.

Per alcuni neoliberisti da manuale (monetaristi) tutto è dovuto al chavismo che utilizza troppo la macchina per stampare bolívares. Questo corrisponde a verità? È tutta colpa dell’emissione monetaria? No. Assolutamente no. Non tutto è dovuto all’aumento degli aggregati monetari. Numericamente è molto semplice dimostrarlo. Basta dare uno sguardo ad alcuni casi per renderci rapidamente conto che non vi è alcuna relazione diretta. È vero che nel 2015 l’inflazione fu elevata (180,9%) così come anche l’emissione monetaria (100,66%). Tuttavia, non è stato sempre così. Osserviamo l’anno 2006: con maggiore creazione di denaro (104,34%), l’inflazione fu relativamente bassa (17%). Oppure guardiamo l’anno 1996, prima dell’avvento del chavismo al potere, l’inflazione giunse al 103% con una crescita della massa monetaria del 55%. Comunque si guardi la questione, non vi è alcuna relazione semplicistica tra prezzi e denaro in circolazione».

L’obiettivo finale è quello di addossare la responsabilità del rialzo dell’inflazione alla classe lavoratrice: «L’altro grande mantra è incolpare direttamente i lavoratori. Sarà vero che l’incremento salariale causa inflazione come afferma il manuale di stupidaggini del neoliberismo? Assolutamente falso. Ancora meno nel caso venezuelano. Gli aumenti salariali decisi dalla Rivoluzione Bolivariana in quest’ultimo periodo di tempo sono andati dietro ai prezzi. Hanno rincorso l’inflazione per non causare una perdita del potere d’acquisto. Questa spirale ha una determinata sequenza: prima, l’incremento dei prezzi, successivamente, gli aumenti salariali. Affermare il contrario è assolutamente falso; sarebbe ingiusto colpevolizzare il lavoratore per l’aumento dei prezzi. Implicita è l’intenzione di applicare la ricetta neoliberista: riduzione dei salari per abbassare la domanda, e quindi, controllare l’inflazione».

Tornando a Maduro, il presidente dopo aver annunciato il sostanzioso aumento salariale, ha esortato il popolo a fare attenzione ai tentativi di golpe «perché oggi le condizioni sono molto differenti, in passato la Rivoluzione era sulla difensiva senza politiche sociali. Oggi è molto diverso perché il Comandante Hugo Chavez ha creato le Missioni, il popolo deve difenderle. Nel 2002 il popolo difese un sogno, ogni noi difendiamo una realtà: le Missioni sociali».

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