Dall'Europa un altro anno di sanzioni contro il Venezuela



di Geraldina Colotti

Il padrone ordina e i sudditi scattano, dimenticando i malumori. Dopo le sanzioni di Trump dirette all'oro del Venezuela, arrivano prontamente anche quelle dell'Europa. Il Consiglio Ue ha deciso di rinnovare per un anno, fino al 14 novembre 2019, le restrizioni contro il paese bolivariano.


Misure che risalgono al 13 novembre 2017 e riguardano “un embargo sulle armi e sugli equipaggiamenti che possono essere usati a fini di repressione interna”, il divieto di viaggio e il blocco dei beni per 18 rappresentanti del governo bolivariano ritenuti “responsabili di violazioni dei diritti umani”.


Per via delle sanzioni, l'anno scorso era stato impedito alla presidente del CNE, Tibisay Lucena, di entrare in Europa per spiegare il funzionamento del sistema elettorale venezuelano.


E' anche arrivato in Italia anche il presidente del Paraguay, Mario Abdo Benítez che ha espresso “una grande preoccupazione per ciò che sta accadendo in Venezuela”. Benítez, dopo aver ricordato “i moltissimi venezuelani che fuggono verso il Paraguay”, e ha fatto sapere che “un gruppo di paesi latinoamericani non riconoscerà la legittimità del governo Maduro” il 10 gennaio, quando il presidente bolivariano assumerà l'incarico per un nuovo mandato.


E intanto, una ventina di ex governanti di Spagna e America Latina hanno inviato una lettera al presidente del Messico, Manuel Lopez Obrador e a quello del Brasile, Jair Bolsonaro, per chiedere di non invitare Maduro alla loro assunzione d'incarico.


Ma è stato in Italia anche il viceministro degli Esteri per l'Europa, il venezuelano Yván Gil, che ha denunciato “l'intenzione di rinnovare le sanzioni illegali contro il popolo venezuelano e contro i funzionari per il semplice fatto di rispettare e far rispettare le leggi venezuelane, la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela”.


Gil ha rilasciato queste dichiarazioni a margine del IV Forum delle Piccole e Medie Imprese, organizzato dall'Istituto Italo Latinoamericano (ILA) anche con la partecipazione del Venezuela. Si è detto dispiaciuto che “l'Unione Europea persista nel suo interesse o nella sua volontà di promuovere una soluzione non democratica in Venezuela, seguendo semplicemente gli ordini del governo Trump”, le cui sanzioni – per la stessa ammissione dell'amministrazione nordamericana - “fanno soffrire il nostro popolo limitandone l'accesso agli alimenti, alle medicine, e gli impongono una serie di misure che hanno come solo obiettivo quello di rovesciare il governo legittimo del presidente Nicolas Maduro”.


Il ministro ha invitato l'Europa a intraprendere la via del dialogo, sempre perseguita dal Venezuela attraverso l'esercizio della democrazia partecipativa e stabilita dalla Costituzione, “che definisce in modo chiaro quali siano le istanze giuridiche e costituzionali per esercitare detta democrazia”. Al primo posto – ha precisato Gil – c'è l'Assemblea Nazionale Costituente, eletta da oltre 8 milioni e 300.000 venezuelani un anno fa per riportare la pace nel paese e per creare un nuovo istituito: nonostante le minacce e le sanzioni dell'Unione Europea.


Il Venezuela – ha detto ancora il ministro – è un paese libero, che ha conquistato l'indipendenza oltre 200 anni fa proprio da un impero europeo, quello spagnolo, e che non si lascia ricattare. La via del dialogo, sempre perseguita, passa per il riconoscimento che il Venezuela deve risolvere i propri conflitti senza ingerenze esterne – ha proseguito il ministro, sottolineando come il paese “stia cercando la soluzione ai propri problemi economici attraverso un programma di recupero economico, crescita e prosperità, che incomincia a dare risultati”. Con buona pace di Trump e dei suoi servitori.

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