Venezuela. Le sanzioni di USA e UE mettono a rischio i trapianti di midollo osseo per 25 bambini in Italia



Faro di Roma

Il governo di Caracas, già dai tempi di Chavez, come integrazione sul contratto collettivo della compagnia petrolifera nazionale PDVSA, ha stipulato un accordo con l’Associazione italiana ATMO per l’assistenza sanitaria relativa al trapianto di midollo osseo. Il Venezuela, infatti, non dispone della tecnologia necessaria e ATMO, che ha sede anche nel Paese latinoamericano, organizza il trasferimento dei pazienti in Italia e il loro ricovero presso gli ospedali italiani.


Fino a 6 anni fa, alcuni comuni italiani partecipavano al sostenimento delle spese, ma ora Caracas si fa carico dell’intero costo. A novembre scorso l’ambasciata è stata avvertita di un debito da 10 milioni di euro con diverse strutture italiane. Debito che va pagato se si vuole proseguire con le attività previste dagli accordi.


Perciò, Caracas ha individuato i fondi da destinare al risanamento di tale debito all’interno di un trasferimento di 1.5 miliardi di euro alla portoghese Novo Banco già ordinato dalla PDVSA. La banca portoghese, tuttavia, è stata costretta a tenere il denaro bloccato, assecondando le imposizioni statunitensi, per non rischiare di perdere le relazioni con le altre banche del mondo.


Gli ospedali italiani che attualmente ospitano 25 pazienti venezuelani (tra bambini e adulti) in attesa del trapianto, nel frattempo, continuano a erogare i trattamenti (che si pagano perché destinati a pazienti extracomunitari che necessitano di trattamenti lunghi, fino a 6 mesi nel caso del trapianto di midollo). Ma, come ha spiegato l’ambasciatore venezuelano in Italia, Julián Isaías Rodríguez Díaz, oggi in conferenza stampa, “il problema non è relativo solo alle spese mediche, ma anche al vitto e alloggio dei familiari dei pazienti; se le sanzioni proseguiranno e ci verrà impedito di mobilizzare le nostre finanze, ai 25 pazienti attuali, sempre che questi saranno in grado di completare le cure, non faranno seguito altri e l’accordo con ATMO sarà destinato a terminare”.


“Questo è solo uno dei risvolti che il blocco economico voluto dagli USA ha sul popolo venezuelano, ad annoverarli tutti faremmo l’alba”, ha affermato l’ambasciatore ricordando il rapporto pubblicato dal CEPR (Center for Economic and Policy Research, con sede negli States) lo scorso 25 aprile, nel quale gli economisti Mark Weisbrot e Jeffrey Sachs stimano le morti in Venezuela provocate dalle sanzioni vicine alle 40mila e definiscono tali misure un “castigo contro il governo venezuelano” e destinate a determinare sofferenza collettiva.


“Il blocco economico e finanziario – si legge nel comunicato dell’ambasciata – ha causato grandi perdite per il governo di Caracas: 1 miliardo e 359 milioni di dollari vengono trattenuti dalla Bank of England per 31 tonnellate d’oro; 655 mila dollari per trasferimenti, richieste di pagamento e modifiche di trasferimento; 5 miliardi di dollari per blocco di fondi, depositi e altri attivi finanziari liquidi; 1 miliardo 543 milioni di euro nella banca portoghese Novo Banco. Le perdite generate dalla diminuzione del valore di mercato dei titoli emessi dal Venezuela e l’incapacità di mobilizzarli, ammontano poi a 1.5 miliardi di dollari. In totale, si stima che il danno per il Venezuela derivante da queste misure coercitive, arbitrarie e unilaterali ammonti a 30 miliardi di dollari”.


“Inoltre – ha proseguito l’ambasciatore – gli Stati Uniti controllano le rotte commerciali delle principali compagnie di navigazione e ciò rende difficile l’arrivo di beni essenziali per la nostra popolazione. Se a questo aggiungiamo il divieto di importare beni e servizi, materiali industriali e servizi finanziari necessari per l’attività economica, è indiscutibile che le restrizioni imposte dagli al Venezuela abbiano un impatto negativo sul godimento e sul pieno esercizio della carta dei diritti umani e, allo stesso modo, sull’adempimento dell’obbligo di proteggere e garantire tali diritti. Sanzionare un paese richiede più di un decreto unilaterale da parte un governo potente”.


“Gli Stati Uniti, vogliono far fallire la nostra economia. E sono andati oltre. Hanno instaurato un governo parallelo per svuotare il paese delle sue risorse finanziarie e petrolifere. Una retata globale, a livello finanziario, ha confiscato illegalmente i nostri asset energetici con la scusa che in Venezuela c’è un nuovo governo”, così ancora l’ambasciatore, che ha confermato come sia tutt’ora in via di compimento un’indagine su Juan Guaidò per la partecipazione in un tentativo di colpo di stato, anche se ufficialmente ancora nessuna decisione è stata presa. “Ci sono gli estremi per agire penalmente nei suoi confronti per la chiara presa di posizione nel golpe fallito, ma ci vuole prima una completa indagine”, ha detto.


Non poter mobilizzare le finanze nazionali, ha spiegato l’ambasciatore Rodríguez Díaz, comporta anche difficoltà nel pagare l’affitto del palazzo dove ha sede, da 25 anni, l’ambasciata venezuelana a Roma. Dopo 4 mesi di mancati pagamenti, infatti, è giunta sulla sua scrivania una notifica di sfratto, insieme alle dimissioni di 2 dipendenti italiani che, insieme ad altri 9 che “sono rimasti per solidarietà”, non hanno ricevuto stipendio per altrettanti mensilità.


L’ambasciatore ha concluso la conferenza stampa riservando un commento sul Vaticano che, secondo il diplomatico ed ex vice presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, “sta vivendo una situazione simile a quella del Venezuela: il Parlamento vaticano, la Curia, non è esattamente dalla parte del Papa”. Nel Paese latinoamericano – ha detto – “si fa fatica a capire se a fare più opposizione siano le fazioni politiche contrarie a Maduro o la stessa Conferenza Episcopale venezuelana”.

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