Quando Cuba accolse e curò i bambini di Chernobyl

29 Aprile 2021 00:41 Fabrizio Verde

È una delle vicende più note del nostro tempo: il 26 aprile 1986, il reattore n.4 della centrale nucleare di Chernobyl esplode nel corso di una prova di sicurezza mal eseguita, prodotto di una serie di operazioni insensate e di più di duecento violazioni del Regolamento di Sicurezza Nucleare dell’Unione Sovietica.

Su Chernobyl sono state raccontate molte menzogne. Così come tante sono stati gli aspetti occultati. Tra questi troviamo il generoso e tempestivo aiuto offerto da Cuba all’allora Unione Sovietici e a tutti quei cittadini colpiti da questa tragica sciagura.

Il 29 marzo 1990, come ricorda il quotidiano Granma, quando il governo cubano annunciava la volontà di accogliere non meno di di 10.000 bambini per fornire loro cure altamente specializzate, in pochi mesi il Campo dei Pionieri José Martí - con sede a Tarará - divenne un gigantesco sanatorio per il trattamento dei bambini vittime del disastro, principalmente da Ucraina, Bielorussia e Russia.

Il Granma inoltre evidenzia che questa parte della storia «essenzialmente, di profondo umanesimo e amore, non si riflette sempre nelle serie e nei libri stranieri che cercano di raccontare cosa accadde dopo quel fatidico 26 aprile 1986».

Il quotidiano cubano indica poi che «pochissime di queste produzioni narrano che, prima della richiesta di aiuto dell'allora Unione Sovietica, la risposta di Cuba non tardò, e il nostro Sistema Sanitario fu l'unico al mondo che progettò un programma completo e gratuito per le vittime di cui considera uno degli eventi più gravi sulla scala internazionale degli incidenti nucleari (INES, secondo il suo acronimo in inglese).

Né si dice che il numero dei pazienti sia cresciuto negli anni o che il programma non si sia fermato dopo la caduta del campo socialista, o negli anni più tesi del periodo speciale dell'isola. Al contrario, tra il 1990 e il 2016, sono state assistite più di 26.000 persone.

In un'altra epica lezione di altruismo e solidarietà con il mondo, Cuba ha poi condiviso la sua scienza e il suo pane, nonostante il colpo di scena con cui il blocco economico degli Stati Uniti, in quegli anni difficili, credeva di poter decretare la fine del socialismo nell'arcipelago. Che fiasco».

Anche in questo caso determinante fu la volontà umanistica di Fidel Castro: «Basta vedere Fidel, ai piedi delle scale dell'aereo IL-62, accogliere i primi 139 bambini colpiti dal mortale incidente nucleare di Chernobyl, per capire - o almeno intuire - che l'amore di Cuba si sarebbe moltiplicato, e avrebbe abbracciato, nella sua terra, coloro che avevano più bisogno di lui. Così è stato».

La visione e il profondo umanesimo di Fidel Castro hanno portato Cuba in ogni angolo del mondo. Medici e non bombe. E così i suoi medici sono stati in prima linea in ogni catastrofe, per assistere i più sfortunati in ogni condizione. I medici cubani li abbiamo visti arrivare anche nel cosiddetto primo mondo, in un’Italia sommersa dalla prima ondata dei contagi Covid-19. Hanno prestato il loro aiuto alle zone più colpite dalla pandemia e come ringraziamento l’Italia ha votato a favore delle sanzioni all’ONU.

Nella foga di lanciare un nuovo attacco al socialismo l’occidente ha molto ricamato sulla tragica vicenda di Chernobyl. Mistificando tante situazioni. Occultando diversi aspetti della vicenda, come l’aiuto cubano ai bambini vittima del disastro.

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