I sauditi nei Brics? Cosa significa per l'occidente aver perso il Golfo

Le Borse dei Paesi che non si sono intruppati senza riserve nello scontro contro la Russia per l’intervento in Ucraina stanno conoscendo rialzi ignoti a quelle occidentali, che anzi stanno vivendo una crisi di cui non si vede l’uscita. Lo indica un articolo del Sole 24Ore, che registra il picco della Turchia, con + 34%, e rialzi più moderati, ma significativi, in Sud America e soprattutto nella penisola arabica.

Un dato che appare indicativo di come il conflitto potrebbe ridisegnare l’economia globale. In tale quadro appare più che significativo il distacco dei Paesi del Golfo dalla tradizionale alleanza con gli Stati Uniti, che è diventato una vera e propria rottura dopo il diniego dell’Opec di aumentare la produzione petrolifera, che anzi è stata tagliata.

Biden ha giurato che il voltafaccia dei Paesi arabi avrà “conseguenze”, ma la decisione rischia di avere conseguenze più immediate per il suo partito, dal momento che i dem speravano nell’aumento della produzione dell’Opec per arrivare alle midterm con un Paese non ancora preda di una recessione galoppante, cosa che potrebbe alienargli l’elettorato.

Per ovviare all’increscioso oltraggio, la presidenza Biden ha deciso di aprire i rubinetti delle riserve petrolifere, nella speranza che ciò basti a lubrificare la macchina elettorale del suo partito (Politico).

I sauditi nei Brics e i rapporti tra Emirati e Russia

Per quanto riguarda le conseguenze sui Paesi arabi occorre aspettare, dal momento che per ora l’establishment Usa è concentrato sulle midterm, ma sui media americani sono iniziati ad apparire articoli contro l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Forse vedremo anche qui nascere rivolte contro il velo delle donne o cose simili.

In attesa, c’è da registrare un altro segnale di tale distacco: l’Arabia saudita ha manifestato il desiderio di entrare a far parte dei Brics, organismo economico internazionale che ha in Russia e Cina i suoi punti di riferimento. Lo ha dichiarato il presidente del Sud Africa Cyril Ramaphosa nel corso di una visita a Riad (InfoBrics).

Ma se i buoni rapporti tra l’Arabia saudita e la Russia erano noti da tempo, più recenti e sorprendenti appaiono quelli tra Mosca e gli Emirati arabi, altro Paese leader del Golfo persico, che si sono palesati con la visita di Mohammed bin Zayed in Russia dell’11 ottobre (vedi foto sopra).

Così M. K. Bhadrakumar su Indianpunchline descrive l’incontro tra il presidente degli Emirati e Putin: “C’è stato qualcosa di profondamente significativo nel fatto che il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, abbia intrapreso una visita in Russia nel mezzo della tempesta ucraina”.

“Consapevole del simbolismo, il presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto lo sceicco Mohammed martedì in una cornice grandiosa degna di un monarca, nello splendido Palazzo Konstantinovksy di San Pietroburgo, la cui eredità risale a Pietro il Grande, un simbolo della rinascita della Russia e della sua cultura ed eredità”.

Da segnalare, infine, che a differenza dell’Europa, subordinata ai diktat dei falchi americani, i Paesi del Golfo hanno deciso di sostenere lo sforzo della Turchia per avviare una mediazione tra russi e ucraini. Un piccolo passo, ma nella giusta direzione (altri, nella direzione opposta, stanno portando il mondo sull’orlo dell’abisso).

Il niet del Qatar e le milizie libiche

Per quanto riguarda i rapporti tra Occidente e mondo arabo si segnala anche il niet del Qatar all’Europa: Doha ha infatti dichiarato che non stornerà il gas diretto all’Asia frutto di contratti pre-esistenti per dirottarlo al Vecchio continente affamato di energia.

Evidentemente dall’Europa era arrivata questa proposta indecente, che dimostra come la difesa delle Regole invocata da tale parte del mondo ha applicazioni modulate…

Sotto questo profilo appare interessante quanto riferisce Rafaa Tabib, docente presso la Scuola superiore di guerra di Tunisi ed esperto di Libia, in un articolo pubblicato sul al Manar. Il professore spiega che uno degli hub energetici sul quale punta il Vecchio Continente per superare il freddo inverno alle porte è la Libia.

Purtroppo, però, l’oro nero libico condivide la situazione caotica prodotta nel Paese dall’intervento Nato contro Gheddafi. Uno stato non-stato dove, accanto alle istituzioni riconosciute a livello internazionale, prosperano milizie di ogni tipo che controllano ampie zone di territorio e spesso quelle petrolifere.

Comprando in questo mercato, spiega il professore, l’Europa fa prosperare tali milizie, tra le quali si contano anche fazioni e miliziani collegati al Terrore. Dopo il sangue che ha inondato l’Europa negli scorsi anni e le promesse solenni di perseguire le organizzazioni responsabili degli attentati, tale rivolgimento della storia appare una tragica ironia. Pagheremo caro, pagheremo tutto.

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