La bolla finanziaria del gas di scisto pronta ad esplodere negli Stati Uniti. Jacques Sapir


(traduzione di Etienne Ruzic)
Lo sfruttamento del petrolio (e del gas) di scisto ha aperto considerevoli possibilità riguardo alla dimensione delle riserve disponibili. Questa operazione ha consentito agli Stati Uniti di raggiungere l’obiettivo d’indipendenza energetica, benché ad un prezzo enorme e non ancora pienamente valutato, nel campo dell’ambiente. Questo ha portato il 30 dicembre alla liberalizzazione della legislazione americana riguardo all’esportazione dei prodotti petroliferi. Lo sviluppo del petrolio e di gas di scisto spiega in buona parte (senza dubbio più del 50%) la crescita americana dal 2011, poiché lo sfruttamento delle riserve ha dato una vera spinta all’industria. Il costo ambientale ha del resto spinto diversi Stati ad introdurre norme sempre più rigide.[1]
Lo sfruttamento di scisto ha avuto anche importanti conseguenze geopolitiche. Si sostiene molto spesso che esso potrebbe ridare potere agli Stati Uniti di fronte ai Paesi dell’OPEC ma anche di fronte alla Russia. La questione è dunque di particolare importanza poiché si situa al crocevia tra l’ecologia, l’economia, la finanza e la geopolitica. La dimensione finanziaria di questa operazione è sicuramente quella che viene maggiormente ignorata. Eppure, come nel caso di TUTTE le industrie emergenti, l’industria dell’argillite petrolifera ha fatto ricorso alla finanza, ma ha anche creato una “bolla” speculativa importante intorno a sè. Questo è il risultato di una capitalizzazione iniziale molto bassa (situazione normale per un’industria emergente), ma anche della finanziarizzazione che regna oggi sull’economia americana. Questa “bolla” è dunque il risultato del passaggio da una “pseduo-validazione” dei valori pagati ad una “pre-validazione”secondo lo schema descritto nel libro di Cédric Durant, Le Capital Fictif (Il Capitale Fittizio).
Le ultime perforazioni sembrano essere redditizie solo sopra gli 80 $ a barile. Le trivellazioni più vecchie avevano inizialmente una soglia di redditività più bassa (sui 50- 60 $), ma l’esaurimento di queste perforazioni costringe le compagnie ad utilizzare tecniche che sono ormai più costose. Si dovrebbe pertanto esaminare attentamente la logica economica dell’olio di scisto.

Una base sana e un derivato speculativo
Lo sfruttamento dello scisto è basato sulla perforazione di un pozzo, prima verticale e poi orizzontale, e l’iniezione di composti chimici destinati a fratturare la roccia per far rilasciare l’olio con composti poveri in idrogeno. Ci vuole, in più, un apporto esterno di calore [2]. Questi composti sono generalmente mescolati con acqua ed uno dei primi problemi di questa industria è stato il consumo di acqua e l’inquinamento delle falde freatiche circostanti [3]. Il rendimento della trivellazione cala enormemente già a partire dal primo anno. Possiamo considerare che, tenendo conto dei costi che esse comportano, molte trivellazioni cessano di essere redditizie a partire dal quarto anno. Dobbiamo notare che la soglia di redditività, inizialmente calcolata intorno a 30 $ a barile [4], pende attualmente verso i 60/70 $ a barile, e questo solo per i costi diretti.
L’interesse è tuttavia che la produzione iniziale è forte e che i costi di investimento sono relativamente ridotti. Una piccola azienda può dunque acquistare una concessione (permesso di 5-10 anni) e mettere rapidamente questa licenza in operazione. Con prezzi del petrolio elevati, il rendimento iniziale è alto. Esso permette o di rimborsare i prestiti richiesti all’inizio o di rivendere la concessione ad un’ altra compagnia, che è meno esperta rispetto alla prima. Nel caso di un forte calo della produzione entro la fine del primo anno, si tratta di una vera e propria truffa. La prima azienda fa un grande profitto e la seconda deve arrangiarsi per ottenere rendimenti che crollano rapidamente. In effetti, ciò dà all’industria dell’olio di scisto una dimensione di “schema Ponzi”, termine utilizzato in finanza per descrivere le piramidi finanziarie in cui si paga il primo deposito con i soldi dei depositanti seguenti. In effetti, gli investimenti vengono fatti in gran parte a credito, talvolta fino al 100% della somma. La prima azienda deve poter rivendere la concessione velocemente se non vuole essere penalizzata dai tassi di interesse. Da qui la necessità di produrre il più velocemente possibile grandi quantità di olio, ma a scapito di rendimenti futuri, al fine di vendere una concessione in apparenza molto redditizia. Questo spiega anche il rapido aumento del volume di olio prodotto, che ha contribuito a disequilibrare il mercato.
La finanziarizzazione della produzione del gas di scisto
Abbiamo parlato dei prestiti. In realtà, è tutto il ciclo di produzione ad essere ampliamente finanziarizzato. Innanzi tutto, la concessione e il capitale iniziale sono coperti da un prestito, essendo che la società impegna in realtà ben poco capitale. Questo è facilmente comprensibile se si considera l’elevato rischio iniziale in questa attività. Tali prestiti vengono sottoscritti presso piccole banche locali americane. Esse però cartolarizzano rapidamente questi prestiti che si trovano in tutto il settore bancario americano. I tassi di interesse vengono allora ad aggiungersi alle spese di perforazione e ai costi operativi. A quanto pare, anche se mancano studi sistematici, questo mette la soglia di redditività al di là di 80 $ (alcuni sostengono addirittura che siano somme dell’ordine di 100$) a barile.
Le compagnie hanno anche sottoscritto delle assicurazioni (tecnicamente si chiama “copertura dei rischi”)in caso di caduta dei prezzi. Ancora una volta, non si sa in quale percentuale. Questi contratti assicurativi però hanno raramente più di 6 mesi - 1 anno di vita. Non sembra che siano stati stipulati dopo il settembre 2014, poiché, visto che i prezzi hanno cominciato a scendere drasticamente in quel periodo, le coperture tariffarie sono diventate esorbitanti. La maggior parte delle aziende che si sono assicurate lo sono dunque solo fino al mese di giugno 2015. Questi contratti assicurativi sono stati anche cartolarizzati sul modello del CDS (Credit Default Swap) che ha giocato un ruolo importante nella crisi dei subprime. La cartolarizzazione sia dei prestiti che delle assicurazioni è stata un importante fattore di sviluppo nella finanza americana. Questa cartolarizzazione però ha avuto l’esito di diffondere il rischio non appena l’industria dell’argillite petrolifera non sarà più redditizia, come è il caso oggi.
Con il fortissimo calo del prezzo del barile, è chiaro che l’industria sta perdendo soldi. Possiamo dire la stessa cosa per l’industria affine delle sabbie bituminose del Canada (Alberta). Non appena le assicurazioni cesseranno di coprire le perdite (per le aziende che si sono assicurate), diventerà inevitabile la chiusura di un grande numero di aziende. Il crollo della vendita delle concessioni e il rapido declino delle nuove produzioni è un segno molto chiaro che tutta l’industria dell’argillite petrolifera è già entrata in una crisi. Questo causerà un doppio problema alle autorità americane (e canadesi) :
1 . in primo luogo un problema industriale, poiché un gran numero di piccole aziende operanti concessioni andranno in bancarotta nei mesi a venire. Ciò porterà alla cessazione della produzione, e il volume di petrolio prodotto negli Stati Uniti precipiterà in modo spettacolare nel secondo semestre del 2015. Inoltre, il licenziamento massiccio degli impiegati si ripercuoterà nel settore dei servizi. Gli Stati Uniti dovranno affrontare pertanto una “crisi industriale”, certo localizzata, ma molto forte a partire dall’estate 2015.
2. Poi un problema finanziario, poiché questi fallimenti trasformeranno in “brutti debiti” gran parte dei mutui “cartolarizzati” nelle banche americane. Questo può essere l’equivalente di una nuova “crisi dei subprime” a partire dall’estate o dall’inizio dell’autunno 2015.
La geopolitica della crisi dell’industria del "gas non convenzionale”
Le conseguenze di questo saranno molto probabilmente non solo economiche (e finanziarie), ma anche geopolitiche. E’ chiaro che il governo americano si è appoggiato sull’industria di scisto nella speranza di ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di petrolio. E’ chiaro che inizialmente sfruttò il calo del prezzo del petrolio al fine di indebolire la posizione della Russia, ma anche quella del Venezuela. Se, però, i prezzi rimangono bassi oltre l’estate 2015, sarà a sua volta colpito duramente da una doppia crisi, sia industriale che finanziaria. Il “bebè” olio di scisto, su cui erano riposte tante speranze, si trasformerà in un bambino moccioso.
Sarebbe dunque logico che i prezzi salissero da qui a marzo 2015. I mercati, però, non si pilotano come aerei da guerra. Mentre è chiaro che i prezzi saliranno nel secondo semestre di quest’anno, nessuno può dire se questo basterà ad impedire la crisi, né a che livello. In effetti, la migliore strategia per la Russia sarebbe quella di ritardare questa salita. Se il movimento dei prezzi portasse alla rottura della doppia crisi indicata, avremmo :
(1) Un crollo brutale della produzione che potrebbe portare i prezzi al rialzo fino a 90 o addirittura 100 $ a barile (mentre se saliranno a partire dalla fine del primo trimestre 2015 i prezzi si stabilizzeranno sui 75 $ a barile).
(2) Un indebolimento della posizione americana, in virtù della crisi industriale e finanziaria, che già nell’autunno 2015 sarà notevole.
(3) L’indebolimento degli Stati Uniti si tradurrà in un relativo declino del Dollaro e un aumento correlativo dell’Euro, cosa che, insieme all’aumento del prezzo del petrolio, comprometterà la poca crescita sperata in Europa (e in particolare in Francia).
Si tratta dunque di sapere se la Russia e i Paesi dell’OPEP possono aspettare l’autunno 2015. Per la Russia sembra sicuro. Ma è molto meno sicuro per i Paesi dell’OPEP. Del resto, le grandi compagnie americane possono avere anch’esse un interesse per la crisi, che permetterebbe loro di riacquistare a basso prezzo centinaia di concessioni. Le speranze suscitate dall’olio di scisto rischiano dunque di trasformarsi nei prossimi 6 mesi in un incubo , particolarmente per le autorità americane.
[1] "Chapter 4. Effects of Oil Shale Technologies". Proposed Oil Shale and Tar Sands Resource Management PlanAmendments to Address Land Use Allocations in Colorado, Utah, and Wyoming and Final Programmatic Environmental Impact Statement (http://ostseis.anl.gov/documents/fpeis/vol1/OSTS_FPEIS_Vol1_Ch4.pdf ) Bureau of Land Management. Septembre 2008. pp. 4-3.
[2] Burnham, Alan K.; McConaghy, James R. (2006-10-16). "Comparison of the acceptability of various oil shale processes" (https://e-reports-ext.llnl.gov/pdf/341283.pdf ). 26th Oil shale symposium. Lawrence Livermore National Laboratory (Golden, Colorado): 2; 17. UCRL-CONF-226717. Smith, M.W.; Shadle, L.J.; Hill, D. (2007). "Oil Shale Development from the Perspective of NETL's Unconventional Oil Resource Repository" (http://www.osti.gov/scitech/biblio/915351 ). United States Department of Energy. DOE/NETL-IR-2007-022
[3] World Energy Outlook 2010. Paris: OECD. pp. 165–169. Tuvikene, Arvo; Huuskonen, Sirpa; Koponen, Kari; Ritola, Ossi; Mauer, Ülle; Lindström-Seppä, Pirjo (1999). "Oil Shale Processing as a Source of Aquatic Pollution : Monitoring of the Biologic Effects in Caged and Feral Freshwater Fish"(https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1566439 ). Environmental Health Perspectives (National Institute of Environmental Health Sciences) 107 (9) : 745–752.
[4] "Fact Sheet: U.S. Oil Shale Economics"(http://web.archive.org/web/20120108161835/http://www.evi.ee/lib/Security.pdf). DOE.Office Office of Petroleum Reserves.

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