E' tempo di uscire dal liberismo, il sistema in cui umanità e natura subiscono la prepotenza del capitale


Intervenendo mercoledì 3 febbraio a Roma per presentare il suo nuovo libro “Una rivoluzione ci salverà”, edito da Rizzoli, Naomi Klein ci ha ricordato come a New York è accaduto recentemente qualcosa di potenzialmente rivoluzionario per l'attivismo: 400 mila persone sono scese in piazza e “non erano Ong o gruppi ambientalisti, ma movimenti di giustizia”, in cui a marciare nelle prime file vi erano sia le popolazioni indigene sulla cui terra, ora inquinata, si sfruttano le risorse e sia le persone dei territori che dicevano no al fracking.

Mentre prima, ha sottlineato la Klein, i movimenti ambientalisti erano percepiti come un qualcosa della fascia medio-alta, borghese, stiamo registrando una trasformazione da questo punto di vista, dato che con il riscaldamento climatico oggi gli stati più colpiti sono le fasce più povere della popolazione. E il legame ora creatosi ha avuta piena dimostrazione il giorno successivo a questa manifestazione quando è andata in scena il “flood Wall Street”: “erano gli stessi che avevano organizzato Occupy Wall Street, solo che all'inizio era solo una lotta contro il capitalismo, ora si è integrata anche la battaglia al cambiamento climatico. E' un salto di qualità decisivo, perché è il capitalismo che sta portando avanti la guerra al clima. Ed è il problema principale”.

Su questi temi sviluppati dalla Klein, su Altra Economia, Roberto Manicini scrive correttamente come finché ci adattiamo alla mentalità liberista, “la cultura resta soffocata e lo spazio politico è occupato da partiti che sono la naturale espressione di tale mentalità, o che lo diventano, come organismi geneticamente modificati. Di quest’ultimo caso il Partito democratico di Renzi sta offrendo un esempio da manuale”. E quindi “si tratta, più concretamente, di sprigionare l’azione culturale di minoranze attrattive" per arrivare ad una svolta: “è tempo di passare dal liberismo al solidarismo. Il liberismo è il sistema in cui umanità e natura subiscono la prepotenza del capitale. Il solidarismo invece è l’ordine di convivenza in cui persone e istituzioni fanno in modo che nessuno sia oppresso.”

Dall'articolo di Roberto Mancini su Altraeconomia

Quali sono i soggetti e i luoghi sociali protagonisti di questa svolta?
Primo: le comunità civili sui territori. È il tessuto fatto di famiglie, scuole, enti locali, aziende responsabili, associazioni, tutti accomunati dall’impegno a trasformare una determinata città o regione in una comunità disposta a subordinare, nelle proprie scelte quotidiane, i criteri del capitalismo al criterio dei diritti umani.
Secondo: una rete di scuole e di università che si coordinano su scala nazionale per promuovere, nella normale didattica e nell’elaborazione di un nuovo pensiero, l’educazione alla democrazia e all’economia responsabile.
Terzo: un vasto gruppo di intellettuali associati e coordinati, tra i quali gli operatori dell’informazione, che lavorano per rendere familiare la visione solidarista della società.
Quarto: la rete dei movimenti che lottano per la democratizzazione dell’economia, per l’armonia con la natura, per la giustizia e la pace. A essi si devono affiancare sia gli organismi religiosi pronti ad agire in questa direzione (ad esempio i cattolici che desiderano tradurre in azione le indicazioni profetiche di papa Francesco), sia i partiti e i sindacati decisi a costruire una società alternativa. Partiti e sindacati, per quanto essenziali, li cito per ultimi perché essi non sapranno rigenerarsi se non alimentandosi dell’apporto delle altre soggettività. Un forte partito per la trasformazione del sistema e per la giustizia sociale, che ora in Italia non esiste, nascerà grazie a tale fermento.
È urgente che queste forme di soggettività approfondiscano la coscienza del loro ruolo attrattivo e canalizzino le energie per spostare in avanti la frontiera della vita solidale, riducendo sempre più gli spazi mentali e sociali colonizzati dal liberismo. L’abitudine di limitarsi alla diagnosi (di solito desolante) della situazione attuale non dà frutti: di sola analisi si muore. Bisogna arrivare ad agire, generando pensiero trasformativo e forme di vita democratiche. A questo scopo, in ognuno dei soggetti evidenziati, servono leaders di servizio, ossia guide che mostrino la direzione del cammino, infondano fiducia e siano un riferimento propulsivo per molti. Ciascuno di noi può contribuire in modo efficace alla nascita di una società decente, purché usciamo dalla rassegnazione e dall’isolamento. In particolare bisogna guarire dal settarismo narcisista tipico dei partiti della sinistra superstite, dall’assistenzialismo politicamente inerte diffuso nel mondo cattolico, dall’autoreferenzialità del “piccolo è bello” che a volte si trova anche nei gruppi dell’altreconomia. Il tempo è maturo per rialzare lo sguardo e mettersi insieme in viaggio verso un’altra società.

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