La finanza internazionale sostiene l'Italicum di Renzi: arriva la fiducia (la sola) che il premier aspettava

Per Renzi arriva la fiducia, l'unica, che aspettava veramente sull'Italicum. Del Parlamento o del Presidente della Repubblica? No non servono più nel sistema post-democratico ormai in vigore. Il sostegno che il premier italiano attendeva è quella dei suoi reali punti di riferimento in termini di fiducia per il mantenimento del suo posto. In un rapporto pubblicato oggi, l'agenzia di rating Fitch si complimenta per l'approvazione della legge elettorale. Si legge: "Il passaggio della nuova legge elettorale in Italia rappresenta un progresso nel cammino delle riforme istituzionali e strutturali che se portato avanti porterebbe a un rafforzamento nel medio termine del profilo di credito sovrano riducendo il rischio politico che grava sulle decisioni di natura politica ed economica”. Lo riporta la Repubblica.
Gli analisti di Fitch poi arrivano a dire che la “riforma” - le chiamano sempre riforme anche se è la nuova legge elettorale, ma questo serve per confondere le idee - dovrebbe “indirettamente” permettere all'Italia di avere minori problemi di accesso al credito per la presenza di governi più stabili nell'attuare le riforme strutturali che verranno imposte dall'esterno di mese in mese. Il ragionamento è più o meno quello che gli Stati Uniti hanno fatto in Cile nella fase tra Allende e Pinochet, che garantì un governo stabile perfetto per i Chicago Boy.
E poi arriva l'endorsement dell'endorsement per il nostro premier da parte dell'agenzia di rating: "Il rischio di nuove tensioni politiche nel breve termine - prosegue il rapporto di Fitch - è stato tenuto sotto controllo da quando Matteo Renzi è diventato primo ministro nel febbraio del 2014". E ancora sul Jobs Act: “Il governo ha continuato a portare avanti il suo programma di riforme macroeconomiche strutturali, fra cui il Jobs Act che potrebbe aumentare la flessibilità del mercato occupazionale e aumentare il debole potenziale di crescita dell'italia".

Queste parole degli analisti di Fitch sono l'essenza più profonda del fallimento di Renzi come rappresentante delle istanze dei cittadini italiani e la testimonianza di come le sue “riforme” servano solo a servire gli interessi della grande finanza internazionale.

L'obiettivo di fondo di quest'ultima è chiara ed è distruggere l'impalcatura democratica e costituzionale sorta in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Lo hanno detto e scritto chiaramente se non ve ne siete accorti. JP Morgan lo aveva diffuso chiaramente in un documento di 16 pagine, in cui scriveva chiaramente come il problema non è semplicemente una questione di rigore fiscale e di promozione della competitività, ma che c’è anche un eccesso di democrazia che va ridimensionato in alcuni paesi europei. Esattamente questo: “Nei primi tempi della crisi si pensava che questi problemi nazionali ereditati fossero in larga misura economici: un eccesso di leva dei debiti sovrani, bancari e delle famiglie, disallineamenti dei cambi reali interni e rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che ci sono anche problemi nazionali ereditati di natura politica. Le costituzioni e le soluzioni politiche nella periferia meridionale, poste in essere dopo la caduta del fascismo, hanno una quantità di caratteristiche che appaiono inadatte a un’ulteriore integrazione nella regione. Quando i politici e decisori tedeschi parlano di un processo di aggiustamento decennale hanno probabilmente in mente la necessità di riforme sia economiche sia politiche”. Sì avete letto bene. Per gli autori le leggi e le costituzioni dell’Europa meridionale sono un po' troppo democratiche.
Ecco, in questo quadro, per JP Morgan, per Fitch e in generale per la finanza internazionale, Renzi è semplicemente l'uomo giusto al momento e al posto giusto per curare i loro interessi (fini). L'Italicum, il Jobs Act, la scuola buona sono solo tasselli di questa strategia...

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