Ucraina: il FMI bloccherà una legge che farebbe risparmiare 5mld di dollari ai cittadini


di Eugenio Cipolla

«Sono sicuro che nel giro di cinque-sei anni l’Ucraina cambierà, soddisfacendo a pieno i criteri necessari per l’adesione all’Unione Europea». La strada, ormai segnata, l’ha tracciata stamattina Petro Poroshenko, subito dopo alcuni colloqui con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in visita a Kiev. Il presidente ucraino ha mostrato molto ottimismo circa il percorso che Kiev dovrà compiere per tagliare il traguardo del tanto agognato “sogno europeo”. Dopo l’accordo di associazione con l’Ue, firmato lo scorso giugno, Poroshenko ha presentato un pacchetto di riforme, “Strategia 2020”, che consentirà al paese di andare in contro alle linee guida indicata dai burocrati europei. Alcuni esperti, però, avvertono che il tempo necessario per un’ipotetica adesione dell’Ucraina all’Unione Europea sarà maggiore rispetto a quello preventivato.
 
Aspetto più che marginale per Poroshenko e la sua amministrazione, i quali, in cambio di “Strategia 2020”, che contiene riforme dure e dolorose, hanno ricevuto da Schulz una timida apertura sulla possibile applicazione di un regime senza visti per i cittadini ucraini, cosa che servirà in campagna elettorale alla maggioranza in vista delle elezioni locali di ottobre. A settembre la Commissione europea presenterà una relazione dove esprimerà il proprio parere e da lì si capirà se l’affare è destinato a concretizzarsi in tempi brevi oppure no. «Ci sono ancora alcune problematiche che devono essere affrontate – ha detto Martin Schulz – ma ho sensazioni positive sulla relazione che sarà presentata a settembre dalla Commissione. Sono abbastanza ottimista per il futuro e credo si possa trovare una soluzione per gli ultimi ostacoli che sono rimasti».
 
Gli sforzi di Poroshenko, però, rischiano di essere vani. Perché oltre alla precaria situazione economica e alla guerra in Donbass, ora il presidente filo-occidentale si trova a dover affrontare una situazione politica che definire “difficile” è puro eufemismo. Scandali, faide interne, accuse di sabotaggio e scontri in Parlamento, sono il riassunto dell’ultima settimana in Parlamento. Il governo guidato da Yatsenyuk è in difficoltà e le pressioni politiche stanno divorando la solida base parlamentare della maggioranza. Ieri la Rada ha ufficializzato la rimozione del ministro dell’Ecologia, Igor Savchenko, colpevole di aver accusato il premier di non agire nell’interesse del paese. A seguire è stata la volta di Alexandr Kvitashvili, a capo del ministero della Sanità, costretto alle dimissioni a causa dei sempre maggiori conflitti con Petro Poroshenko. Ma gli occhi di tutti sono puntati sulle amministrative di ottobre, che potrebbero stravolgere gli equilibri politici. Sono in molti ad essere convinti che un eventuale tracollo del Fronte Popolare di Yatsenyuk, abbastanza possibile secondo gli ultimi sondaggi, imporrebbe a Poroshenko un cambio alla guida del governo.
 
Il magnate dell’industria dolciaria deve fare i conti anche con le beghe all’interno del suo partito. L’ex ministro dell’interno, Yuri Lutsenko, oggi capogruppo del Blocco Poroshenko in Parlamento, si è dimesso dal suo incarico, non rendendo noti i motivi. La decisione è arrivata all’indomani dell’approvazione definitiva di una legge sulla ristrutturazione dei prestiti in valuta straniera (da riconvertire in grivne), che ha accolto le richieste degli esponenti del ‘Maidan finanziario’ e che sta facendo molto discutere. «Questa legge sarà una catastrofe per il Paese», ha detto Lutsenko, che in aula, a differenza di molti colleghi di partito (metà del gruppo parlamentare), aveva votato contro.
 
Il provvedimento consentirà ai cittadini che ne facciano richiesta di riconvertire in valuta locale, al vantaggioso tasso di 5 grvine per dollaro (oggi il tasso di cambio è venti a uno), tutti i prestiti al consumo e i mutui attraverso una semplice richiesta scritta e in maniera unilaterale. La svalutazione della grvina, infatti, ha raggiunto livelli disastrosi per larga parte della popolazione. Rispetto al 2008 la moneta ucraina ha perso il 400% del suo valore rispetto al dollaro e chi aveva stipulato un prestito o un mutuo in valuta estera prima di quella data, si è trovato a far fronte alla svalutazione e al blocco dell’indicizzazione di pensioni e salari. Con il risultato di dover pagare di più.
 
A Washington ovviamente è scattato l’allarme rosso. Il provvedimento produrrebbe enormi vantaggi per i cittadini ed altrettanti svantaggi per le banche ucraine, le quali dovrebbe affrontare così perdite per svariati miliardi di grivne. «Se tutti i prestiti concessi a persone fisiche in valuta estera fossero convertiti al tasso di 5,05 UAH/$ - ha scritto la Banca nazionale ucraina in un documento pubblicato sul proprio sito – il sistema bancario registrerebbe perdite per un importo superiore a 100 miliardi di grivne». Una cifra pari a 5 miliardi di dollari. E’ per questo che l’istituto diretto da Valeria Gontareva ha reso noto anche parte del memorandum d’intesa firmato nei mesi scorsi assieme al Fondo Monetario Internazionale, sottolineando che la legge approvata ieri andrebbe in netto contrasto con gli impegni presi per ottenere gli aiuti internazionali (circa 40 miliardi di dollari).
 
Insomma, gli uomini della Lagarde si stanno muovendo per vie traverse, cercando di mettere pressione sull’opinione pubblica, sul Parlamento e su Poroshenko affinché la legge venga subito abolita. Il Blocco Poroshenko, almeno quella parte che non ha votato il provvedimento, ha già iniziato una raccolta di firme tra i deputati per chiedere al presidente ucraino di porre il veto sulla legge. Ed effettivamente, al momento, questa sembra l’unica strada percorribile (ci vorrebbero almeno tre mesi per presentare, discutere e approvare una nuova legge). Dal palazzo presidenziale non è arrivato nessun commento ufficiale, ma le prime indiscrezioni che trapelano danno per scontato il veto di Poroshenko, che affosserebbe così una legge molto sgradita a Washington. Chissà che l’ordine non sia partito proprio da lì, come insinuano le gole profonde molto addentrate nell’amministrazione del presidente.  

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